Si terrà a luglio. "Riconoscimento dei nostri diritti"

 

Gay e lesbiche a congresso
Dove? Nella Cuba di Fidel

 

 

Vladimir Luxuria

tratto da Liberazione del 5 maggio 2005


Esiste a Cuba una realtà (più o meno clandestina) che si chiama "Movimento per gli uguali diritti della comunità lesbica e gay" il cui portavoce è Yacel Benétez Caballero. Non senza una dose cavallina di coraggio e determinazione tale "Movimento" ha organizzato due giorni di congresso, il 16 e 17 luglio prossimi, sul tema "La lotta per il pieno riconoscimento sociale dei nostri diritti" che si terrà nella città di Camaguey, al centro dell'isola. Sulla condizione di gay, lesbiche e transessuali nella comunista Cuba si è parlato (molto, poco?), a volte con pareri contrastanti: c'è chi, per simpatie castriste tende a censurare o "alleggerire" la repressione cubana; chi denuncia la verità e chi, per anticastrismo, tende a strumentalizzare ed esagerare la cattiva condizione di gay, lesbiche e trans dell'Avana, come, ad esempio, la comunità gay fuggita a Miami usata spesso dalla stampa Usa per denunciare il "regime". Però, diciamolo pure, nella "democratica e gayfriendly America", patria del primo Gay Pride, poche voci di protesta si sono levate contro le torture nelle carceri irakene, dove si costringevano i detenuti a subire rapporti omosessuali con biancheria femminile addosso, come se un rapporto omosessuale fosse il massimo della umiliazione e degrado di un essere umano (il tutto rimasto impunito, secondo il copione carcere irakeno-Cermis-Calipari). Un bel film nel 1992 è stato Fragola e cioccolato di Tomàs Gutierrez Alea, un documentario senza peli sulla lingua sui problemi di chi scopre la propria omosessualità e vive a Cuba. La persecuzione dei gay nella Cuba comunista inizia negli anni Sessanta. Fidel Castro allora dichiarava: «Una deviazione di questa natura si scontra con il concetto che noi abbiamo di come deve essere un militante comunista».

Sull'applicazione dell'articolo 303 del codice penale che condannava come controrivoluzionaria la "pubblica manifestazione dell'omosessualità" non esistono dati precisi; Rosalba Carena, portavoce nazionale di "Pasolini", lo scorso 20 luglio in un incontro all'Ambasciata di Cuba a Roma, affermò che è stato chiarito «che a Cuba non esiste nessuna legge che discrimina i gay. In realtà il Codice Penale (consultabile all'indirizzo www. gacetaoficial. cu) all'art. 299 stabilisce punizioni severe per l'omosessualità quando esercitata con violenza e/o intimidazione, o quando la vittima sia persona privata della ragione ed incapace di resistere. Posizione riconfermata dall'art. 300, che punisce l'abuso lascivo di una persona del proprio o dell'altro sesso quando ricorre la circostanza prevista dal comma 1 dell'art. 298, che sancisce pesantemente i rapporti con i minori.» Io credo che non si possa minimizzare la discriminazione vera vissuta sulla pelle di tanti gay e lesbiche a Cuba, né è "propaganda contro Cuba" l'appello fatto dall'Arcigay sulle pagine tragiche della persecuzione antigay, su quella difesa del machismo che ha obbligato molti omosessuali (spesso denunciati dai vicini di casa) ad un addestramento militare durissimo e alla privazione della libertà, o di finire internati nelle Umaps, (Unidades Militares de Ayuda a la Produciòn).

Ma quanti sanno che già dagli anni Ottanta non esistono più leggi mirate anti-gay? L'anno scorso una delegazione di Arcigay e Ilga (International gay and lesbian association) ha incontrato a Cuba il Ministro dell'Educazione Abel Parieto che «ha ribadito il suo impegno a promuovere in modo attivo i diritti di omo e transessuali». Sergio Lo Giudice, presidente dell'Arcigay e presente all'incontro (nonché invitato al "Congresso internazionale della Cultura" a giugno di quest'anno dal Ministro), ha affermato che «tante cose stanno cambiando (...) Sul piano legislativo l'omosessualità è stata depenalizzata da tempo. Qualcuno (è il caso di Rafael Hernandez, direttore della rivista Temas) sta iniziando a proporre la discussione di una riforma del diritto di famiglia che riconosca le coppie dello stesso sesso.» Oddio... pensate che smacco per l'Italia se le unioni civili le riconosce prima Cuba di noi. Sul piano culturale molti artisti gay dichiarati (Reynaldo Gonzales, Miguel Barnet, Jorge Angel Perez) sono riconosciuti e premiati istituzionalmente, il Centro Nazionale di Educazione Sessuale (Cenesex) diretto da Mariela Castro accompagna le persone transessuali all'acquisizione della loro nuova identità, ci sono operatori di strada gay che fanno prevenzione Aids, distribuendo preservativi, lubrificanti e pieghevoli. «Certo - dichiara Lo Giudice - resta quell'omofobia diffusa che però è comune in molte parti del mondo, Italia compresa, e una certa discrezionalità dei singoli poliziotti, a volte violenti soprattutto nei confronti delle transessuali.»
Pur non sapendo la reale investitura ufficiale e istituzionale del prossimo congresso, resta un ottimo segnale anche questo, ancora più significativo in una realtà povera e penalizzata dall'embargo: quando si ha fame il problema dei diritti dei gay passa inesorabilmente sempre in secondo piano.

 

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