tratto da www.comunisti-italiani.it 10 maggio 2005

Quando Negroponte era il Mullah Omar

di Dennis Hans*

Vi ricordate il Mullah Omar, il leader dei Talebani, quel movimento islamico che, tra il 1996 e il 2001, è stato al governo nello sciagurato stato dell’Afghanistan? Lui e i talebani sono stati gli anfitrioni di Osama bin Laden, trovando per lui e per la sua organizzazione, Al Qaeda, un luogo sicuro dove architettare gli attacchi terroristici e addestrare le reclute che venivano in Afghanistan da tutti gli angoli del mondo. Bene, risulta che il Mullah Omar abbia molte cose in comune – forse, nel passato, ha avuto una carriera analoga – con John Negroponte, il diplomatico eletto dal presidente George W. Bush a capo dei servizi segreti. Il capitolo più importante della carriera di Negroponte è avvenuto in Honduras.

 

Tra il 1981 e il 1985, Negroponte è stata la persone più potente di quella repubblica delle banane, così come il Mullah Omar è stato per quindici anni, in Afghanistan, “La Persona”. E mentre Omar dava asilo e proteggeva bin Laden e Al Qaeda, Negroponte faceva dell’Honduras il luogo del peggior gruppo terroristico di tutto l’emisfero occidentale: la Contra. Si, la Contra. Forse la ricordate: un insieme di organizzazioni che Ronald Reagan considerava “l’equivalente morale dei Padri Fondatori”. Leggetevi i voluminosi rapporti di Human Rights Watch e di Amnesty International e vedrete che è la mia, e non quella di Reagan, l’interpretazione corretta. Avere il conto esatto di tutti i morti è complicato, ma è molto probabile che la Contra abbia assassinato negli anni 80 più civili indifesi di quanto non abbia fatto Al Qaeda nei suoi dieci anni di terrore – anche se la Contra, al di là delle tante atrocità di Al Qaeda, invece di far saltare in aria, un giorno, a New York, 3000 persone, tagliava il collo a tutti, uno per uno. Negroponte fu mandato in Honduras nel 1981 per sostituire Jack Binns, l’ambasciatore statunitense che aveva provocato l’ira dell’amministrazione Reagan. Binns era considerata una mela marcia. Aveva pubblicamente espresso una grande preoccupazione perché le forze di sicurezza honduregne si davano alla tortura ed agli assassini, mentre la scelta politica degli americani era quella di coprire tutti i crimini. Ovviamente per i reaganiani, Binns non aveva i requisiti giusti per stare a capo di quella che sarebbe diventata l’ambasciata statunitense più grande dell’America Centrale e non li aveva neanche per un obiettivo di fondo dell’amministrazione, quello di trasformare grandi aree dell’Honduras in luoghi di addestramento per assassini a sangue freddo. Nel 1981 la politica, non dichiarata, della squadra di Reagan, era quella di provocare un “cambio di regime” in Nicaragua, anche se di fronte al Congresso ed ai media (si, anche allora facevano tutti e due i cani da guardia, proprio come oggi!) affermava che l’obiettivo era di fermare il flusso di “Armi di Distruzione Minima” (armi di piccolo calibro e simili) dal Nicaragua all’Honduras al Salvador, dove c’erano guerriglie marxiste così audaci da resistere ad un dittatura che stava al potere da 50 anni, che era appoggiata dagli Usa e che solo nel 1981-1982 aveva assassinato circa 20.000 civili. Ma quando Negroponte arrivò in Honduras, il flusso di armi era in gran misura fittizio (altro parallelismo coi giorni nostri). Reagan sosteneva che la missione della Contra era quella di far cessare il flusso di armi. Era una menzogna perché un Congresso addomesticato e sciocco accettasse di finanziare il progetto. Quello che interessava realmente i reaganiani era il cambio di regime. Avevano scelto per questo un strumento che sarebbe stato diretto da ex ufficiali della Guardia Nazionale nicaraguense – un altro organismo addestrato dagli Usa colpevole di aver assassinato, tra il 1977 e il 1979, dai 30 ai 40 mila civili nicaraguensi nel tentativo di mantenere al potere il dittatore Anastasio Somoza. Il nuovo organismo fu conosciuto con il nome “la Contra” – diminutivo di controrivoluzionari, visto che il regime che i reaganiani volevano cambiare era retto da rivoluzionari sandinisti di orientamento marxista che erano stati a capo della lotta armata contro Somoza. La Contra si dimostrò bravissima ad assassinare infermieri e insegnanti, a non pensarci due volte a fucilare, a decapitare, ad impiccare i combattenti catturati e disarmati – quelle esecuzioni erano la procedura abituale. Ma il pedigree somozista e le tattiche da tagliateste rivelarono la Contra per quel che era, il contrario dei veri guerriglieri, quelli che vivono tra la gente che stanno liberando e dipendono dal cibo, dall’alloggio e dalle informazioni che quel popolo gli dà. Non avendo l’appoggio dei nicaraguese, avevano bisogno di uno stato vicino, l’Honduras, diretto da ufficiali dell’esercito corrotti e brutali e da un autoritario ambasciatore statunitense, John Negroponte. Uno luogo senza il quale la Contra non sarebbe durata neanche un mese. Comunque terrorizzò la zona per dieci anni. Con le provviste alimentari Usa, i servizi segreti Usa, le armi ed i manuali Usa per imparare ad assassinare la gente, attaccava le zone contadine nicaraguensi e poi, quando aveva finito con le violenze, le torture e gli assassini, si ritirava in un luogo sicuro. In realtà commise questi crimini anche nelle campagne honduregne, anche se le vittime furono minori. Sfortunatamente, grazie alla cospirazione honduregna controllata e mantenuta dagli Usa, il governo nicaraguense non riuscì a battere la Contra. Forse fu la cosa migliore, perché se i sandinisti ce l’avessero fatta, i reaganiani avrebbero distrutto il Nicaragua ed i media statunitensi avrebbe applaudito. Solo gli Usa hanno il diritto di attaccare un paese dove ci sono terroristi che hanno assassinato migliaia di cittadini. Apparentemente il lavoro di Negroponte in Honduras consisteva nel mettere in atto la politica statunitense di promozione della democrazia (vi torna?), ma in realtà quel che faceva era evitare come la peste qualsiasi forma democratica e fare in modo che le decisioni chiave in politica estera non si prendessero a livello nazionale, ma restassero nelle sue mani, terribilmente concrete e decise, e del capo delle forze armate, il generale Gustavo Álvarez. In nome della “democrazia”, Negroponte e i reaganiani non solo appoggiarono il governo militare, ma cancellarono qualsiasi pratica democratica dentro lo stesso esercito! Le idee estremiste e le politiche repressive di Álvarez non avevano il consenso dell’esercito. Molti ufficiali dicevano che Álvarez aveva prostituito il paese, vendendo corpo ed anima allo zio Sam. E c’erano molti malumori per la crescita delle torture e degli assassini da parte di un’unità dell’esercito appoggiata dagli Usa, il Battaglione 316. Nel 1984 un gruppo di ufficiali rovesciò Álvarez. Negli Stati Uniti l’atto fu chiamato “cambio di governo” – e non si sbagliarono. Ma nelle democrazia, i “governi” non “cambiano” quando gli ufficiali dell’esercito cacciano il capo, perché, nelle democrazie, il capo dell’esercito non è “il governo”. Se Negroponte e i reaganiani si fossero ingoiati un po’ della loro retorica sulla democrazia honduregna, la cacciata di Álvarez non avrebbe avuto grande importanza, perché l’Honduras avrebbe continuato ad avere lo stesso presidente e lo stesso potere legislativo. Invece si, ebbe molta importanza. Moltissima. Negroponte e la CIA entrarono in azione, sicuri di riuscire ad emarginare gli ufficiale riformisti dell’esercito che avevano appoggiato la cacciata di Álvarez e che volevano un nuovo capo che riducesse la repressione e recuperasse la sovranità honduregna. Utilizzando tattiche di stimolo della democrazia e di rispetto per la sovranità tanto abituali come l’elargizione e la violenza, la squadra statunitense evitò la crisi. Fu un processo lento, ma alla fine del 1985 (quando Negroponte non c’era più), i riformisti furono isolati e il potere dell’esercito rimase nelle mani di un gruppo di ufficiali di destra reclutati dalla CIA. Ma la squadra di Negroponte finì anche per allontanare individui e gruppi vicini alla Contra. Edgar Chamorro, un ufficiale che teneva le relazioni pubbliche della Contra, i cui compiti includevano il pagamento di giornalisti honduregni, fu elogiato dai capi della CIA quando mentì ai giornalisti statunitensi sugli obiettivi della Contra. Ma nelle poche occasioni in cui gli scappò la verità, sia sugli obiettivi che sulla natura abituale delle atrocità della Contra, gli pagarono il conto. Disgustato dalle atrocità e stanco di essere un bugiardo al soldo degli Usa, Chamorro si dimise e raccontò la sua storia in una dichiarazione giurata presentata al Tribunale Internazionale nel 1985. In una lettera pubblicata il 9 gennaio del 1986 dal New York Times, Chamorro descrisse i risultati di una serie di scelte politiche concrete approvate dal gruppo Reagan-CIA-Negroponte: “Durante i quattro anni in cui sono stato direttore della Contra, terrorizzare i civili non combattenti per evitare che cooperassero col governo (sandinista) era una scelta politica premeditata. Seguendo questa politica sono stati commessi migliaia di assassini, torture e violenze sui civili dei quali i dirigenti della Contra ed i loro superiori della CIA erano pienamente al corrente”. James LeMoyne raccontò al  New York Times del 7 giugno dell’“appoggio” degli Usa alla fazione Miskito della Contra: “Dirigenti e diplomatici indios di alto rango di Tegucigalpa (la capitale honduregna) dicono che negli ultimi cinque anni la CIA ha pagato, minacciato ed esiliato ufficiali indios per evitare che eleggessero propri dirigenti, perché hanno paura di perdere il controllo dei Miskitos e perché hanno paura che decidano di non lottare”. E’ questa la realtà che si nasconde dietro la retorica della “promozione della democrazia” alla Reagan: tattiche ignobili per evitare che la gente elegga liberamente i leader di un governo indipendente. Immagino che quando il giovane Negroponte decise di fare carriera come diplomatico, non pensò che sarebbe stato incaricato di distruggere le istituzioni di un paese povero per un esercito corrotto e brutale, che consegnava il paese a dei terroristi armati, addestrati e diretti dallo zio Sam. Ma l’incarico arrivò e Negroponte lo portò a termine. Evidentemente è una persona brillante e capace, ma anche amorale, se non immorale. Viene il sospetto che proprio la mancanza di etica ed il talento nelle cose pratiche lo abbiano fatto diventare il candidato naturale per il nuovo incarico. Negroponte sarà un leale servitore del presidente Bush come direttore dei servizi segreti, e se questo significherà aiutare Bush a mentire per avere l’appoggio della popolazione e per continuare ad intervenire e cospirare in altri paesi, la storia ci dice che Negroponte non fallirà.

*Dennis Hans è uno scrittore freelance