Venezuela sottotiro

 

 

| Lunedi 28 Novembre 2005 - 14:23 | Cristiano Tinazzi |

 


Il presidente della Repubblica venezuelano Hugo Chávez e il ministro degli esteri messicano Luis Ernesto Derbez si incontreranno (ma la data è ancora da confermare) a Montevideo l’8 e 9 dicembre prossimi, in occasione del vertice del Mercosur che si svolgerà a Montevideo, in Uruguay.
La notizia è giunta da Città del Messico e, sebbene non confermata ancora da Caracas, sembra posta in modo tale da non poter essere respinta dal Venezuela.
“Se il governo venezuelano lo considera pertinente, incontreremmo il presidente con molto piacere; io al momento non ho programmato alcuna riunione con il mio collega ministro degli Esteri venezuelano, Alí Rodríguez, ma non c’è dubbio che si tratterebbe di una opportunità, dato che saremo lì tutti per la stessa riunione” ha detto Derbez. Le relazioni tra Messico e Venezuela stanno vivendo una seria ‘empasse’ dallo scorso 14 novembre, da quando i due governi hanno ritirato i rispettivi ambasciatori e mantenuto solo freddi contatti tecnici attraverso gli incaricati d’affari. La crisi tra i due Paesi è esplosa all’inizio del mese, in occasione del Vertice delle Americhe di Mar del Plata del 4 e 5 novembre scorsi, in Argentina, allorché il presidente messicano Vicente Fox difese a spada tratta l’Accordo di libero commercio delle Americhe (Alca), prepotentemente voluto dall’‘amico’ statunitense George W. Bush; Chávez attaccò duramente Fox la domenica successiva, nel corso del suo appuntamento radio-televisivo settimanale, definendo il collega “un rampollo dell’impero” nordamericano, scatenandone la reazione.
La polemica tra i due capi di Stato ha raggiunto in poche ore le sembianze di un incidente diplomatico ad alto livello.
Da allora nessuno dei due governi ha accettato di scusarsi per primo. “Non vorrei che volessero sedersi a Montevideo per scuse che non potranno mai avere” ha commentato l’apertura messicana il vice-presidente venezuelano José Vicente Rangel.
“Il Venezuela non accetta imposizioni da nessuno”, ha aggiunto ad un giornalista Rangel.
Ma se un ‘fronte’ diplomatico forse verrà chiuso, subito se ne sta aprendo un altro: qualche tempo addietro venne data la notizia che gli Stati Uniti avevano fatto desistere Israele dal servire forniture ed assistenza militare al Venezuela. Prontamente il governo di Caracas si è rivolto ad altri ‘fornitori’, ovvero ad una industria di armamenti europea, la EADS CASA (European Aeronautic Defence and Space Company), nata nel 2000 dalla fusione di tre industrie militari: la tedesca Deutsche Aerospace Agentur (DASA), la francese Aerospatiale Matra e la spagnola Construcciones Aeronauticas (CASA) Gli aerei in questione sono aerei da trasporto C-295 simili per fattezze e funzioni agli Hercules americani, ma di costi notevolmente ridotti.
In una nota ufficiale l’ambasciatore statunitense in Spagna, Eduardo Aguirre, ha espresso il rincrescimento del governo di Washington per la decisione di Madrid di firmare il prossimo 28 novembre il contratto di vendita dei mezzi bellici a Caracas, nonostante le pressioni Usa.
La protesta di Washington nasce dalla constatazione che le navi e gli aerei che la Spagna ha deciso di vendere al Venezuela “includono tecnologia nordamericana”, ragion per cui l’affare potrebbe andare un porto solo previa concessione di un’autorizzazione Usa. Madrid ha reagito con forza alla nota, affermando con il ministro della Difesa José Bono – che sta per partire per Caracas proprio per firmare il contratto – che “la Spagna dice ‘no’ alla pretesa di Washington”, e aggiungendo con il ministro degli Esteri Miguel Angel Moratinos che “si tratta solo di una questione tra aziende”.
Per Madrid, d’altronde, quella in gioco è la più grande commessa bellica della sua storia: un affare da circa 1,7 miliardi di euro, che il governo di Hugo Chávez pagherà a rate tra il 2008 e il 2012 (1,2 miliardi per le navi e 500 milioni per gli aerei). Ora si aspettano le reazioni americane, che, in teoria, potrebbero penalizzare l’azienda europea inserendola in una lista di imprese ‘cattive’, e vietando l’ingresso negli Stati Uniti ai dirigenti di quell’azienda.