Giustizia, quando ti

lasceranno funzionare?

 

10 genn. L. Perez Navarro

 

 

 

Sono già trascorsi altri 12 mesi. Sette lunghi anni sono passati e stanno continuando ad aggiungersi prove che dimostrano la vera essenza del processo contro i nostri Cinque compatrioti: proteggere i terroristi cubano-americani di Miami.

 

Migliaia di documenti del voluminoso fascicolo giudiziario provano l’innocenza di René, Gerardo, Fernando, Ramón e Antonio. Essi non cercavano informazioni segrete che mettessero in pericolo la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, ma pretendevano soltanto di conoscere i piani della mafia anticubana.

 

Le ragioni le esposero essi stessi nei loro interventi difensivi. “Prevenire un conflitto che avrebbe seminato dolore nei nostri popoli. Questo è stato l’oggetto dei miei atti e la ragione del mio dovere, come lo è stato per i miei compagni”, affermò Antonio Guerrero il 27 dicembre 2001, quattro anni fa.

 

“Non abbiamo agito né per denaro né per rancore. Nessuno di noi ha avuto l’idea di arrecare danno al nobile e laborioso popolo americano. Non abbiamo danneggiato la sicurezza nazionale di questo paese.

 

“Cuba, il mio piccolo paese, è stato attaccato, aggredito e calunniato per decenni da una politica crudele, inumana e assurda” affermò.

 

Tony sottolineò l’indiscutibile “diritto della mia patria – come di qualsiasi altro paese – a difendersi da coloro che cercano di arrecare danno al suo popolo. Il compito di bloccare questi atti terroristici è stato complesso e difficile, a causa della complicità o dell’indolente tolleranza delle autorità” con i loro autori.

 

Sottolineò gli sforzi compiuti dall’Isola per avvertire il Governo statunitense dei pericoli che queste azioni comportano utilizzando canali ufficiali, discreti o pubblici. Ma non si è mai concretizzata una cooperazione reciproca.

 

“Non è rimasta altra alternativa”, sostenne, “che contare su uomini che – per amore nei confronti di una causa giusta, per amore nei confronti della loro Patria e del loro popolo, della pace e della vita – fossero disposti a compiere, volontariamente, questa onorevole missione contro il terrorismo. Mettere in allerta rispetto al pericolo d’aggressione.

 

 

RAGIONI PER STARE ALLERTA

 

 

Cinque voci denunciarono di fronte alla Corte di Miami, in giorni diversi del dicembre 2001, come da più di quarant’anni agiscano liberamente e apertamente in questa città, senza che succeda nulla, diverse organizzazioni che hanno l’obiettivo di rovesciare la Rivoluzione cubana.

 

Facciamo un esempio. Il 22 agosto 2001 ‘The Miami Herald’ pubblicò un annuncio a tutta pagina nel quale il cosiddetto Forum Patriottico Cubano stabiliva tra i suoi principi il riconoscimento e il sostegno di qualsiasi metodo nella lotta contro Cuba. Uno dei firmatari di questa dichiarazione era Orlando Bosch.

 

Un altro criminale matricolato, Luis Posada Carriles, principale autore della provocata esplosione in pieno volo dell’aereo della ‘Cubana de Aviación’ nel quale morirono 73 persone riconobbe, intervistato da ‘The New York Times’ e pubblicato negli articoli del 12 e 13 luglio 1998, la sua responsabilità nell’esecuzione di questi attentati ed il loro finanziamento da parte della Fondazione Nazionale Cubano Americana.

 

Ammise tacitamente di operare come braccio armato di quest’organizzazione; spiegò che le autorità statunitensi non hanno compiuto nessuno sforzo per interrogarlo sugli attentati terroristici contro alberghi a Cuba, fatto da lui attribuito alle sue lunghe relazioni con queste.

 

Anche Angelo Berlingueri, agente del FBI che partecipò all’arresto di Fernando González, otto anni prima di quest’azione (il 26 ottobre 1990) comparve in un programma radiofonico trasmesso dall’emittente WAQI Radio Mambí (normalmente utilizzata per raccogliere fondi per le attività contro Cuba) e riconobbe come un fatto naturale che da Miami vengano eseguiti attentati ed altre azioni contro l’Isola e che l’obiettivo del Governo cubano (mantenendo agenti negli USA) è quello di mantenersi informato su questi piani.

 

Queste affermazioni esprimono con chiarezza qual è l’agenda politica del FBI nel sud della Florida. Fatte da uno dei suoi membri e dai microfoni di una radio con le caratteristiche menzionate, possono avere soltanto l’effetto di stimolare gli organizzatori dei movimenti terroristici contro Cuba e dare loro la sicurezza che non verranno perseguiti per le loro azioni.

 

Il terrorista Tony Bryant dimostrò questa sicurezza – secondo quanto pubblicato da ‘The Miami Herald’ il 23 luglio 1998 – quando rise del fatto che gli ufficiali del FBI lo avevano interrogato dopo che il suo motoscafo pieno di esplosivi era apparso vicino a L’Avana. Promise che non lo avrebbe fatto più e lo lasciarono andare, riferì Bryant al quotidiano.

 

José Basulto, capo dell’organizzazione ‘Hermanos al Rescate’, pretende che sia “liquidato” il processo in corso in questi giorni contro due noti terroristi, Santiago Álvarez Fernández-Magriñat – padrino di Posada Carriles – e Osvaldo Mitat, per la detenzione illegale d’armi ed esplosivi.

 

Non gli mancano i precedenti. Basulto ha ammesso nel programma “A mano limpia”, trasmesso dall’emittente televisiva canale 41 di Miami, che i terroristi di questa città hanno sempre potuto beneficiare della tolleranza del FBI e delle autorità giudiziarie, aggiungendo:  “conosco molti casi simili che si sono risolti in maniera amichevole, nei quali le armi sono state confiscate o qualcosa del genere, la persona in questione è stata ammonita e tutto è finito lì”.

 

Lo ha affermato anche per esperienza personale. Nella stessa intervista si è vantato di aver sparato con un cannone da 22 millimetri (collocato su un motoscafo veloce) contro un hotel de L’Avana, senza che “finora” il FBI gli abbia fatto nessuna domanda.

 

Terroristi matricolati passeggiano in totale libertà per le vie di Miami, “accumulando” ed eseguendo piani d’aggressione in qualsiasi modo contro Cuba, incitati ed appoggiati dall’Amministrazione Bush che pretende inoltre di rafforzare nel 2006 il suo progetto di annetterci agli USA come uno stato in più . Sarebbe bene che il Presidente statunitense ricordasse le sue stesse parole: “Coloro che accolgono un terrorista sono colpevoli come lui”.

 

Se gli USA, come strombazzano in tutto il mondo, fossero veramente impegnati nella lotta contro il terrorismo, la risposta al processo contro i nostri Cinque compatrioti – uno dei più prolungati del suo genere nella storia – non sarebbe altro che dichiararli innocenti e liberarli immediatamente.

 

Questo è quanto esigono il Gruppo Speciale di Lavoro sulle Detenzioni Arbitrarie della Commissione dei Diritti Umani delle Nazioni Unite, la sentenza di tre magistrati della Corte d’Appello dell’Undicesimo Circuito di Atlanta, i membri dei 247 comitati di solidarietà con la causa dei Cinque, nonché le migliaia di intellettuali, tra i quali vari premi Nobel, firmatari di una Lettera Aperta al Procuratore Generale degli Stati Uniti. Lo esige il popolo cubano, vittima per più di 40 anni di atti terroristici pianificati a Miami.

 

“Tutta questa questione degli agenti di Cuba”, affermò René González nel suo intervento difensivo, “è facilmente risolvibile: lascino Cuba tranquilla. Facciano il loro lavoro. Rispettino la sovranità del popolo cubano... Noi abbiamo cose migliori da fare lì, tutte più costruttive che vigilare i criminali che passeggiano impunemente a Miami”.