DA DESTRA VERSO SINISTRA

 

L’ “ EFFETTO DOMINO “  

 

IN AMERICA LATINA

 

 

17.1.06 di Marzio Castagnedi

 

  

AMERICA LATINA. Solo sette anni fa, le alleanze, il controllo politico e il dominio economico degli Usa in America Latina ( che loro considerano “il cortile di casa”), era molto solido e quasi totale, con l’unica ovvia eccezione di Cuba. Oggi, inizio di 2006, non molto rimane di quella situazione. In sette anni cinque  nazioni  importanti si sono spostate da governi di destra o di centro-destra a governi di sinistra o centro-sinistra. Venezuela, 1999, Brasile, 2002, Argentina, 2003, Uruguay, 2004, Bolivia, 2005. Altri cambi, più moderati ma significativi, si sono verificati per esempio in Paesi come Panamà, mentre nelle molte elezioni politiche generali nel 2006 altri sostanziali cambiamenti sempre da destra a sinistra possono avvenire in Haiti, Perù, Ecuador, Nicaragua, Guatemala, Messico e nello stesso Cile dove la candidata socialista Michelle Bachelet (il cui padre fu assassinato da Pinochet) il 15 gennaio affronta il ballottaggio con l’esponente del centro-destra. Per questa serie di motivi, conseguenze, prospettive e cambiamenti, il continente latinoamericano (Caraibi, Centro e Sud America) é da considerarsi politicamente oggi il più interessante al mondo.

 

VENEZUELA. Hugo Chavez ha vinto le presidenziali del 1999 e ha poi sempre vinto (circa 60 a 40 %) ben otto successive elezioni tra politiche, amministrative e due referéndum. Ha rivoluzionato (democráticamente) il paese resistendo a un golpe nell’aprile 2002 -nel quale venne sequestrato per 72 ore- e a inizio 2003 a una micidiale serrata di tre mesi della Pedevesa, l’industria petrolifera di stato, operata dalla ristretta oligarchia dirigenziale e alto-sindacale con l’appoggio confindustriale. Con l’aiuto decisivo di Cuba, Chavez ha avviato  riforme sociali mai viste prima in Venezuela. Coi vari progetti “Barrio adentro“ e “Misión Robinson” due  milioni di persone sono state alfabetizzate e molti altri milioni hanno ricevuto cure e assistenza medica gratuita, forniture alimentari, attività culturali di base e anche di rilevo internazionale ( “ vado a Caracas perché oggi vi trovo 200 orchestre sinfoniche giovanili “, ha detto il maestro Claudio Abbado ). Tutto ciò col sostanziale apporto di 20mila medici cubani più altri 5mila maestri e professori  arrivati dalla ‘Mayor de las Antillas’,Cuba.. Con “PetroCaribe“ e “PetroSur” (estate 2005), Chavez ha anche distribuito a prezzo di costo petrolio a diciotto Paesi dei Caraibi , da Haiti alla Giamaica, e a diverse nazioni sudamericane. Hugo Chavez ha semplicemente posto fine al  pluridecennale saccheggio del quinto produttore mondiale di petrolio da parte delle ristrette oligarchie nazionali e circoli di soci nordamericani , investendo buona parte delle risorse del petrolio venezuelano a favore della maggioranza della popolazione, quasi l’80%, da sempre in gravi condizioni di povertà. Il confronto politico-commerciale-diplomatico con gli Usa é sempre aspro, inquietanti frizioni possono avvenire sul confine con la Colombia in cui gli Usa hanno più di un piede. Nella sua visita in Italia di autunno scorso, Chavez fu presentato da molta stampa come ‘golpista’ , cioé colpevole per aver tentato, con molti altri giovani ufficiali venezuelani nell’89, di reagire contro il governo dell’epoca che si macchiò col sangue  del “caracazo“, il massacro di 1500 persone a Caracas uccise da polizia e esercito ai primi marzo 1989 (Tutti sanno nel mondo dei fatti di Tien Anmen a Pechino, nessuno sa nulla dei fatti di Caracas di tre mesi prima). Chavez si fece quattro anni di prigione fino al ’94. Definito con spregio dai neo-con internazionali “mezzo indio”, nel suo breve discorso di Milano (20 ottobre ’05), il presidente venezuelano ha citato, e diffusamente, Simon Bolivar, Giuseppe Garibaldi, Antonio Gramsci ( “ l’ho letto in prigione” ha raccontato ), Jean Paul Sartre e i partigiani italiani del 1945. Non male per un “guairo”sudamericano. Personalmente ho visto per la prima volta Hugo Chavez a L’Avana nel novembre ’99 (Cumbre Ibero-Americana) ai suoi inizi. Oggi é molto cresciuto in autorevolezza, convinzione, cultura, leadership per una rinnovata e riannodata solidarietà, unità e indipendenza latinoamericana nel segno di quello che chiama il “ Nuovo Socialismo del XXI secolo”. L’economia venezuelana nel 2005 é cresciuta del 9%, ma Chavez, il Venezuela Bolivariano, la sostanza degli avvenimenti latinoamericani restano sostanzialmente sconosciuti per l’opinione pubblica italiana “ grazie “alla stampa e informazione ‘made in Italy’ quasi completamente latitante, risicata, inadeguata, superficiale.

 

BRASILE. Ignacio Lula Da Silva, primo presidente della storia “carioca” metalmeccanico  del poverissimo nord-est brasiliano, a fine anno dovra’ affrontare elezioni generali e rischia forse più di qualcosa per la riconferma. A causa di vari episodi di corruzione emersi nella sua compagine governativa e per qualche presunta ‘delusione' da sinistra. Certo il compito non é facile per nessuno per mantenere certi equilibri in quella che é la decima economia mondiale, per riuscire a concretare l’ambizioso programma “fame zero“ in un paese da 175 milioni di abitanti in notevole maggioranza molto poveri e in un clima di perdurante violenza sociale (10mila omicidi nella pur vasta Sao Paulo da 16 milioni di cittadini e spradroneggiamento quasi impune delle milizie private dei ricchi “terratenientes” dell’Amazzonia dove fanno la pelle non solo a diversi sindacalisti scomodi ma anche agli ispettori e agenti inviati dal governo centrale). Il Brasile di Lula segue comunque saldamente il Venezuela come il secondo elemento del “ Nuovo Asse latinoamericano”.

 

ARGENTINA. Nestor Kirshner é giunto alla presidenza argentina dopo i tentativi-tampone dei falliti Duhalde e De La Rua seguiti alla catastrofe economico-sociale causata al paese dai due mandati dell’incredibile “promettitore-mentitore” Carlos Menem che col suo fido economista Domingo Cavallo ha operato il saccheggio della ex florida Argentina (vedi i recenti e straordinari film-documentari del maestro Fernando Solanas “Memoria del saqueo” e “La dignidad de los nadies“). Interamente privatizzata dall’economia neoliberista più selvaggia voluta da Menem e dai suoi soci globali made in Usa, l’Argentina ha fatto un fallimentare crack nel 2001 gettando in  povertà oltre metà della popolazione, compresa una buona fetta della classe media. Le immagini dei milioni di disoccupati trasformati in ‘cartoneros notturni’ e quelle delle molte migliaia di bambini morti per denutrizione giunsero sulle reti tv internazionali, e i 40 morti del 21 dicembre 2001 a Buenos Aires posero fine al dramma argentino. Col governo Kirshner, il paese si sta faticosamente recuperando, sta pagando l’enorme debito estero pubblico (e anche quello privato) ereditato dal micidiale Menem e nel 2005 l’economia é cresciuta dell’8%. Ora anche l’Argentina diffida e si tiene a distanza dell’Alca statunitense (Accordo di libero commercio) e ha stretto i rapporti  con Brasile e Venezuela. Anche Fidel Castro ha fatto un trionfale viaggio a Buenos Aires dopo 34 anni dal precedente.

 

URUGUAY. La “cura da cavallo” di economia folle neoliberista globalizzata (in aggiunta alla corruzione di sempre), ha travolto anche un piccolo paese come l’Uruguay stretto tra Argentina e Brasile. Anche a Montevideo e tra i  tre milioni e mezzo di abitanti uruguagi, la crisi economica e sociale ha colpito come sempre il proletariato ma ha  travolto in buona parte anche la classe media. Per questo é stato eletto al governo nel 2004 un presidente socialista, Tabaré Vasquez, evento davvero  eccezionale se si considera che in ben 135 anni il governo dell’Uruguay non é mai uscito dal dominio dei partiti di destra “Blanco” e “Colorado” e con qualche parentesi di pesante dittatura militare. Si pensi che il nuovo ministro dell’agricoltura, José Muijca, negli anni ’70 militava addirittura nei guerriglieri Tupamaros! Ora, non é che i Tupamaros sono resuscitati in Uruguay, non scherziamo, ma certo il governo di Tabaré Vasquez ha voltato le spalle agli accordi  economici dell’Alca (il già citato accordo commerciale privilegiato, per gli Usa) che tanti danni hanno fatto, e si é legato anch’esso all’asse dell’ ”Alba” (alternativa bolivariana per le americhe) di Venezuela-Brasile-Argentina. Il fatto nuovo é che con questi nuovi governi orientati a sinistra e definiti dalle destre internazionali “demagogico-populisti”, le economie socializzate stanno funzionando meglio di quelle “privatistiche globalizzate”di ispirazione e direzione made in Usa.

 

BOLIVIA. Dopo tre anni di tensioni, incidenti, scontri (oltre 90 morti a La Paz nel novembre 2004 ) e dopo le fallimentari presidenze di Gonzalo de Losada e Carlos Mesa, ora é stato eletto con ampio margine di voti alle recentissime presidenziali il sindacalista indio Evo Morales di etnia Aymara originario di Cochabamba. Anche questa é una sensazionale “ prima volta“ in uno dei più endemicamente poveri paesi del Cono Sud ma potenzialmente molto ricco in petrolio e sopratutto in gas naturale. E lo scontro economico e sociale é avvenuto proprio su questo terreno. I precedenti governi boliviani per decenni hanno sempre favorito, con le buone o le cattive, due sole cose: la  propria ristretta classe dirigente oligarchica e le multinazionali straniere in buona parte statunitensi. La maggioranza della popolazione, india, andina, contadina, operaia, povera, da sempre esclusa ha detto basta. Ha detto che le risorse naturali boliviane appartengono alla Bolivia e al popolo boliviano, non alle multinazionali. é su questo principio basilare che la lotta di Evo Morales ha alla fine inevitabilmente  prevalso. In quello che é stato per molti decenni un paese della destra estrema e di feroci dittature militari, in quello che fu il paese dell’assassinio e della morte del Che Guevara 39 anni fa, si é voltata decisamente pagina. Guarda caso, il primo viaggio di Evo Morales, il 45enne indio neopresidente boliviano é stato a Cuba e il secondo in Venezuela. Forse la persona più felice oggi in Bolivia é il regista Jorge Sanjines, uno dei maggiori cineasti latinoamericani. Instancabilmente, Sanjines ha cantato per anni nei suoi film le popolazioni andine, la loro cultura, la loro sofferenza . In opere come “Sangue di Condor”, 1968, “El enemigo principal“, 1972, “El coraje  del pueblo“, 1975. La Bolivia si aggiunge dunque a quello che Hugo Chavez chiama “l’Asse del bene” del “ nuovo socialismo del ventunesimo secolo”.

 

CILE. Domenica 15 gennaio in Cile c’é il ballottaggio per le presidenziali e la candidata socialista Michelle Bachelet  potrebbe vincere se il centro e la destra non convergeranno. Anche qui si potrebbe avere una notevole novità: il primo presidente donna  in Cile. E una donna socialista che ebbe il padre assassinato e che con sua madre fu torturata dagli sbirri di Pinochet.

 

HAITI, ECUADOR, PANAMA’, NICARAGUA, GUATEMALA, PERU’, MESSICO. Anche in questi paesi ci sono elezioni presidenziali nel 2006. Nella martoriata Haiti sono gia avvenuti quattro rinvii, forse si va al voto tra un mese. Segnato da oltre trent’anni di sanguinaria dittatura dei Duvalier, Papa’ Doc e poi suo figlio Baby Doc, Haiti é paese più povero di tutta l’America Latina, con una media di vita di 55 anni. Quando due anni e mezzo fa venne eletto presidente il cattolico Aristid un oscuro mezzo golpe lo esiliò in Sud Africa (Aristid era inviso al governo Usa). Dopo il solito sbarco di marines e con l’attuale presidio dei caschi blu dell’Onu (il cui capo, un generale brasiliano si é ucciso o é stato ucciso nei giorni scorsi), in Haiti perdurano una gravissima crisi economica, condizioni di vita “centro-africane”, alta violenza e estrema instabilità. Si vedrà se “l’Imperio” ha altre carte truccate coperte. L’Ecuador é allo stremo dopo la dollarizzazione dell’economia del 2000 quando venne abolita la moneta nazionale. In pochi anni quasi un milione di ecuadoriani ha lasciato con ogni mezzo il piccolo paese. Anche qui prossime elezioni possono spostare decisamente a sinistra l’ago governativo. In Panamà c’é gia stato un sostanziale cambiamento politico. Finita l’epoca di Mireya Moscoso, ossequiente paladina statunitense (fu lei due anni fa a indultare e a liberare il terrorista anticubano Posada Carriles), ora governa il presidente Torrijos che ha avviato, tra l’altro, ottimi rapporti con L’Avana ( dove ha inviato migliaia di panamensi poveri a farsi curare gratis le malattie degli occhi).  In Nicaragua si ripresenta il Fronte Sandinista di Daniel Ortega che governò brevemente negli anni ’80 poi eliminato dalla guerra dei “Contras” pagati e organizzati dalla Cia. Il Fronte ha concrete possibilità di vincere di nuovo.  In Guatemala c’é crisi economica e emergenza criminalità permanente, 4000 morti ammazzati nel 2005, e anche qui le sofferenze della stragrande maggioranza della popolazione possono spingere al cambiamento verso sinistra. In Perù il presidente Toledo traballa da tempo e un tipo impresentabile come il nippo-peruviano Alberto Fujimori, che fu presidente nei primi anni ’90, tenta addirittura di rifarsi sotto. é attualmente in carcere in Cile, per reati precedenti di forti corruzioni e mandante di gravi violenze, dopo essere fuggito qualche anno fa nell’originario Giappone. In Messico anche Vicente Fox rischia di andarsene dopo un mandato molto più che deludente. Lo può battere Lopez Obrador sindaco di Città del Messico. Fox ha deluso molto, con una politica letteralmente ‘ sdraiata’ agli interessi Usa e in mezzo a polemiche e  proteste come quelle delle centinaia di “ donne in nero” di Ciudad Juarez (madri e sorelle di centinaia di donne uccise in quella città senza  indagini serie della polizia), e al dramma dei migranti clandestini, circa 800 morti l’anno, metà messicani  che periscono sul muro che gli Usa hanno eretto al confine messicano. Ultimo episodio a inizio gennaio: un ventenne messicano che tornava vero il confine messicano sparato alle spalle da una guardia yankee.

 

Pare dunque che gli ultimi e unici fedelissimi degli Usa in latino america rimangano  COLOMBIA e EL SALVADOR (l’unico paese del continente che non ha relazioni diplomatiche con Cuba). La piccola nazione centroamericana soffre non solo i cronici problemi di povertà estrema, ma anche una gravissima emergenza criminalità con centinaia di bande organizzate e decine di migliaia di pericolosi  delinquenti assassini. Quanto alla Colombia, un serio competitore del presidente Alvaro Uribe potrebbe risultare il sindaco progressista di Bogotà, Garzon. Ma la Colombia appare “blindata” con presenza di consiglieri militari Usa. A proposito. Gli Stati Uniti in America  Latina permangono padroni di una dozzina di importanti e munite basi militari sparse nel continente.

 

CUBA. L’isola caraibica ribelle sotto blocco economico Usa da 45 anni, resiste e rilancia. Un dato innanzitutto, rintracciabile in una pagina del ‘Corriere della Sera’ di metà ottobre scorso dedicata alla longevità nel mondo. Gli undici milioni di cubani con i 77 anni di vita media in Cuba, sono i più longevi tra il quasi mezzo miliardo di persone che abitano in Latinoamerica. La durata della vita media pone Cuba  tra le prime 23 nazioni del mondo (alla pari con gli Usa) e i cubani vivono 10-12 anni piu dei loro vicini messicani o dominicani. Benché le autorità cubane siano le prime a definire l’isola “ un piccolo e povero paese del Terzo mondo”, Il Pil cubano é dato ,secondo fonti governative, al super-record dell’11% nel 2005. Non disponiamo di strumenti per analisi macroeconomiche, vediamo solo alcune cose nelle città e nella vita spicciola.

All’Avana il traffico automobilistico é in  continuo e ora anche fastidioso aumento, le crisi energetiche sembrano superate (da un paio di mesi ‘los apagones’ sono scomparsi), si stanno sostituendo, gratis, in tutte le case cubane milioni di vecchie lampadine incandescenti con le nuove a basso consumo. Ci sono centinaia di piccole scuole rurali di montagna in cui funzionano le tv, i videoregistratori e i computer in dotazione, con batterie a pannelli solari. Il 2006 é stato intitolato “anno delle rivoluzione energetica”.

Qualche giorno fa un super cargo con bandiera cubana ha scaricato nel porto della capitale 7 grandi e moderni locomotori ferroviari e 90 pullman nuovi di pacca di una commessa di ben mille autobus. Tutta merce proveniente dalla Cina. Cuba non é certo un paese ricco, ma i centri commerciali e i mercati sono pieni, nonostante i prezzi piuttosto alti e non é solo la solita e abusata battuta. Davanti ai negozi di Cubacell c’é lunga coda permanente, ma  per avere una linea di telefono cellulare che costa “solo” 50 euro.

Svariate disfunzioni, ritardi e anche fenomeni di corruzione vengono denunciati e discussi pubblicamente da governo e mezzi stampa, ma la ripresa prosegue e si vede.

Il turismo, che gia nel 2004 aveva superato la barriera dei due milioni di visitanti, nel 2005 ha sfiorato i due milioni e mezzo di presenze. L’industria turistica in Cuba in 15 anni, dal ’90, é cresciuta qualcosa come sei volte.

La sanità cubana é talmente ampia che non solo può realizzare la Operacion Milagro (decine di migliaia di latinoamericani operati gratis di cataratta e malattie degli occhi) ma  si esporta con migliaia di missioni mediche che operano gratuitamente nel mondo, in America latina, Africa, Asia, dal Guatemala, all’Angola, al Pakistan terremotato. Fidel Castro ha prospettato addirittura la costituzione di un “Ministero cubano della salute per l’estero!”.

Quanto ai tanto discussi Diritti umani, vi sono nazioni “democratiche” in America latina (come Colombia, Perù Guatemala, Salvador, Messico) in cui sono violati per lo meno dieci volte più che in Cuba. Quanto alla ossessione della Stampa italiana, i dissidenti, si tratta in Cuba di non più di 250-300 persone, tutte regolarmente a libro-paga nel palazzo di 7 piani della rappresentanza Usa all’Avana. Stipendio individuale di 200 dollari mensili, più migliaia di dollari per le minuscole attività di poeti, scrittori, bibliotecari “indipendenti” ecc. Più telefonini, computer, fax, radio in regalo. Queste affermazioni possono sembrare “eresie” in Europa e in Italia, ma qui queste cose le sanno anche i bambini delle elementari. Ci sono prove esibite, testimonianze pubbliche, libri, video originali, documenti, ricevute timbrate e firmate, foto scattate nelle riunioni all’interno degli uffici nordamericani. Tutta roba su cui l’opinione pubblica italiana non é mai stata informata.

Nella famosa riunione aperta dei 150 dissidenti del 20 maggio 2005 all’Avana, Marta Beatriz Roque insieme al plenipotenziario statunitense James Cason ha mostrato in video un messaggio e un saluto speciale di Bush. A proposito di Cason (ancora chiamato erroneamente ”Jan Casey“ in un articolo di un prestigioso quotidiano della sinistra italiana a metà ottobre) comunichiamo che dopo tre anni a Cuba é gia partito da mesi per altri lidi (forse il Nicaragua). Il suo sostituto si chiama Mickael Parmly (se lo annoti chi vorrà eventualmente scriverne senza sbagliarne di nuovo a lungo il nome) e sta rifacendo il lavoro del Cabo Cason. Cioé raccoglie nei suoi uffici e nelle sua villa per feste, cene, riunioni, organizzazioni varie i suddetti pochi dissidenti di professione. Incredibili e straordinari questi superfunzionari Usa a Cuba. Sono tutti uguali: nasini dritti, ciuffi argentati, occhi di ghiaccio; sembrano tutti cloni malriusciti di Clint Eastwood (che é  artista sensibile e persona corretta).

 

Il problema di fondo in Italia é che su Cuba non arriva informazione corretta, tempestiva, accettabile. Quasi tutte le fonti sono di agenzia o ricicli di internet. I giornali italiani non tengono  corrispondenti a Cuba, mandano solo ogni tanto, ogni due anni,  per tre giorni cronisti “da corsa”. Per sapere qualcosa di corretto su Cuba ,in Italia, bisogna leggere “El Pais”, il grande quotidiano di Madrid che ha corrispondenti fissi in Latinoamerica e quindi da anni a L’Avana il corrispondente Mauricio Vicent che scrive in media ogni otto giorni notizie e cose vere, reali, effettive e oneste anche nelle immancabili critiche. A qualcuno sembrerà  paradossale ma é la realtà. Non ci si meravigli. Anche questo, quella della disinformazione su Cuba, é uno dei tanti Paradossi Italiani. Intanto va avanti nel continente Latinoamericano l’ ”Effetto Domino”. E va  a sinistra. Per vere e serie motivazioni di miglioramenti economici e di giustizia sociale.