EDITORIALE

 


Nessun dolore umano

ci è estraneo

 

17 marzo 2005 -GI-

 

Quando, in questa parte del mondo, l’intera Cuba stava gridando e si stava abbracciando emozionata per la sua vittoria e per la commovente dignità degli sconfitti; quando le lacrime scorrevano solo perchè avremmo voluto Porto Rico (che ha dato battaglia perchè fossimo presenti nella competizione) con noi nelle prossime e dure giornate del Classico, quando pareva che esistessero soltanto motivi per celebrare perchè la fraternità degli uomini aveva dimostrato di essere più potente della rivalità sportiva... In quelle stesse ore, dall’altra parte del mondo, altri uomini, estranei a qualsiasi sentimento di convivenza solidale, disumanizzati da una guerra annunciata come fulminea e risultata infinita, stavano compiendo contro regioni scelte dell’Iraq e dell’Afghanistan i più duri bombardamenti dei quali si abbia notizia dopo l’invasione, che dura ormai da tre anni. Telesur ha mostrato le vittime: dove i nordamericani dicevano di star cacciando terroristi c’erano bambini centrati alla testa dai proiettili. Anche la CNN ha dato notizia dei fatti, ma ha mostrato soltanto gli elicotteri a distanza, lontani dal dolore, come tante altre volte, come nei film.

 

Tutto ciò è avvenuto alcune ore dopo la cinica performance di John Bolton e dei ridicoli reggicoda di Washington alle Nazioni Unite, che hanno votato contro l’installazione di un Consiglio dei Diritti Umani fatto su misura degli interessi dell’impero.

 

Il nuovo organo, come ha denunciato il nostro ambasciatore all’ONU Rodrigo Malmierca, è stato "concepito e negoziato dietro le quinte per accogliere le principali esigenze degli USA, sacrificando interessi vitali dei paesi del Sud". Il numero dei paesi membri è stato ridotto da 53 a 47, come preteso dal falco dell’impero ed è stata imposta la clausola di sospensione affinché non esistano più limiti per la nociva e frequentemente utilizzata "pratica di imporre risoluzioni politicamente motivate contro i paesi del Sud, senza soggezione o rispetto per principio alcuno". Nello stesso tempo, "il diritto allo sviluppo, una delle principali rivendicazioni della grande maggioranza degli abitanti del mondo, è rimasto relegato in un angolo ed è stata evitata con negligenza la questione della lotta contro il razzismo, la discriminazione razziale, la xenofobia e le forme connesse d’intolleranza".

 

Perchè allora la protesta altisonante ed il voto negativo (anche se isolato) di Washington, di Israele e delle colonie imperiali?

 

Perchè, nonostante le tante concessioni fatte alle loro pretese, non sono riusciti a garantirsi l’esclusione automatica dal Consiglio di nazioni dotate dell’autorità morale e dell’indipendenza sovrana di cui dispone Cuba. In altre parole, non sono riusciti ad imporre il loro principale obiettivo: far tacere coloro che si azzardano a sfidare la censura imperiale, impedire la coraggiosa denuncia contro i soprusi, gli abusi, le violazioni flagranti e massicce dei diritti umani che contraddistinguono la politica internazionale di Washington, cosa fatta scandalosamente passare sotto silenzio dalla complicità europea, fino a quando la voce serena e accusatrice di Cuba si è innalzata per esigere che venisse discussa.

 

Gli Stati Uniti vogliono un Consiglio tutto loro, dove quelli del Sud siano solo disciplinati alunni di ipocrite lezioni di democrazia e vittime silenziose di abusi e soprusi, ai quali vengono riservate inquisitorie condanne nel caso si azzardino a lamentarsi.

 

Cuba non si sbaglia. Il fatto che l’Unione Europea si sia infine pronunciata a favore di ciò che gli USA hanno rifiutato, è un fatto più formale che sostanziale. I loro rappresentanti lo hanno chiarito nella dichiarazione di voto: considerano validi gli argomenti di Bolton e sosterranno gli Stati Uniti nel loro piano di impedire che possano essere membri del Consiglio quei paesi che non si adeguano al "laissez faire" praticato dall’Europa nei confronti di Washington con una buona dose d’ipocrisia.

 

E tutto ciò nel nome della democrazia, della quale si autodefiniscono leader i più brutali e abituali violatori dei diritti di tutti gli esseri umani nel mondo.

 

I feroci bombardamenti sulle nazioni invase ed ipoteticamente salvate "per la democrazia" dall’Amministrazione Bush costituiscono un avvertimento ed una rinnovata minaccia rispetto alle ragioni che gli USA hanno per volere un consiglio assolutamente assoggettato alla loro volontà. I paesi scomodi fanno parte di tutte le liste possibili e, riferendosi a questi, il Presidente ha detto: "se è necessario, in base al principio dell’autodifesa, non scartiamo l’uso della forza prima che avvengano gli attacchi".

 

Con questa premessa, chi si azzarderà a dire agli Stati Uniti che la loro guerra riporta l’umanità alle ore più oscure del periodo nazi? Chi oserà ricordagli che i loro bombardamenti di villaggi, città, famiglie, le loro carceri segrete, le loro torture ed umiliazioni, il sequestro di esseri umani in voli illegali, sono crimini troppo simili a quelli che l’umanità giudicò a Norimberga? Di sicuro non saranno quegli Stati che hanno taciuto per nascondere la loro complicità nei fatti, dimenticando che anche in quel caso iniziarono come complici e finirono con l’essere vittime.

 

Gli unici a non rimanere in silenzio saranno i paesi disposti a pagare il prezzo che comporta il fermare a colpi di denunce tanto il crimine come il "laissez faire". L’allegria di questi giorni, nei quali gli uomini si stanno abbracciando per una causa bella e civile come lo sport, non ci esime dal dovere umano di avvertire tutti che le bombe che stanno cadendo nell’altra parte del mondo hanno anche lo scopo di uccidere questo abbraccio che ci scambiamo, emozionati per una semplice vittoria nel baseball. Se vogliamo essere veri esseri umani, nessun dolore umano può esserci estraneo.