22 giugno 2006 - R.Es. www.ilmanifest.it

 

 

GUANTANAMO

L'ultima follia. Organi espiantati ai tre suicidi

 

 

L'ultima follia di Guantanamo avviene sul corpo dei tre detenuti che si sono suicidati dieci giorni fa, tre delle centinaia di nemici più o meno combattenti che sono transitati dietro le reti d'acciaio del carcere installato quattro anni fa sul frammento americano dell'isola di Cuba. Consegnati ai familiari, i cadaveri mostravano lividi sul collo - normali sul corpo di una persona che si è impiccata - e ecchimosi sulle braccia e sulla testa, segni di colpi che hanno fatto dire a padri e nipoti: «Dubitiamo della versione americana sul suicidio». Ma il particolare più macabro è un altro: i corpi sono stati consegnati ai familiari privi di organi interni come il cuore, il cervello, i polmoni. E' stata fatta l'autopsia, si giustificano le autorità statunitensi. Così sarà impossibile farne un'altra, accusano i familiari.
L'ex ministro della salute dello Yemen Naguib Ghanem ha detto al giornale arabo Al Sarq Al Aswat che il cadavere di suo figlio è stato rispedito nello Yemen senza alcuni organi interni. Talal Sahrani, padre di un'altro dei tre suicidi, Yassir, ha detto al giornale Al Watan di aver potuto vedere il corpo di suo figlio prima che venisse realizzata l'autopsia: aveva ematomi sulla testa, ha detto l'uomo, tanto grandi che i colpi avrebbero potuto causare la sua morte. Quando è stato portato a Guantanamo, Yassir Sahrani aveva 17 anni. E lo zio di un'altra delle vittime, Mohammed Oteibi, ha rivelato all'agenzia Deutsche presse che sul cadavere di suo figlio c'erano macchie nere sulle braccia e ecchimosi in diverse parti del corpo, cosa che potrebbe far pensare che l'uomo sia stato torturato.
La polemica sul duro trattamento riservato ai prigionieri sospettati di terrorismo rinchiusi a Guantanamo dura da quattro anni. Nel 2002 talebani e militanti di Al Qaeda catturati durante la guerra in Afghanistan furono trasferiti a decine nel centro di detenzione che ora divide Europa e Stati uniti. Cifre ufficiali non se ne sono fatte per anni finché, recentemente, il Pentagono ha dovuto soccombere a una sentenza e rivelare ciò che finalmente oggi si sa: a Guantanamo si trovano 460 prigionieri, provenienti da 35 paesi. Niente convenzione di Ginevra: non sono «nemici combattenti». E nessuna accusa formale: su centinaia di prigionieri nel corso degli anni, solo a dieci di loro è stata formulata un'accusa formale di terrorismo. Dall'inizio di giugno sono stati 41 i tentativi di suicidio. In tre, il 10 giugno scorso, sono riusciti nel tentativo.

 

 

20 giugno 2006 - www.granma.cu

 

 

GUANTANAMO

I familiari dei prigionieri morti affermano che i loro cari sono stati percossi

 

 

 

I cadaveri dei tre prigionieri morti nel carcere statunitense di Guantánamo presentano segni di percosse, hanno denunciato lunedì diversi loro familiari.

 

I nordamericani hanno inoltre asportato organi importanti durante le autopsie, rendendo molto difficile stabilire adesso la causa della morte, hanno aggiunto secondo la DPA.

 

Mohammed al Oteibi, zio di uno dei tre uomini, ha detto lunedì alla DPA di Ryad di aver scoperto nel cadavere di suo nipote Manea al Oteibi “macchie nere sulle braccia” ed ematomi in diverse parti del corpo, cosa che potrebbe significare che era stato torturato.

 

Anche Talal al Sahrani, padre del recluso Yasser al Sahrani ha dichiarato al quotidiano saudita Al Watan di aver visto il cadavere di suo figlio prima che venisse effettuata l’autopsia a Ryad e di aver scoperto ematomi sulla sua testa. I colpi potrebbero averne provocato la morte.

 

L’esercito statunitense ha dichiarato che i due detenuti sauditi e quello yemenita si sono suicidati il 10 giugno impiccandosi a Guantánamo. Le loro spoglie sono state rimpatriate questo fine settimana e sottoposte a nuove analisi.

 

Al Oteibi ha assicurato che durante l’autopsia di suo nipote i forensi nordamericani gli hanno estratto il cuore, il cervello ed altri organi “affinchè nessuno possa accertare la vera causa della morte”.

 

L’uomo, che era anche tutore legale del prigioniero morto, ha preteso dalle autorità saudite l’effettuazione di un’autopsia indipendente per verificare la causa della morte. Ha riconosciuto di aver visto segni attorno al collo di Mane, ma non crede che suo nipote abbia potuto togliersi la vita. “Respingiamo il rapporto statunitense”, ha affermato.

Al Sahrani ha segnalato che, per una questione di principio, non può accettare il risultato dell’autopsia dei nordamericani, in quanto un accusato non può effettuare un’indagine indipendente. Suo figlio era stato rinchiuso a Guantánamo all’età di 17 anni.

 

Anche Naguib Ghanem, ex ministro della Salute dello Yemen e membro del partito islamista Islah, padre dello yemenita, ha dichiarato al quotidiano Al Sarq al Awsat che il corpo di suo figlio, già arrivato nel paese natale, non è completo dopo l’autopsia effettuata negli USA e che quindi sarà difficile dimostrare il motivo della sua morte mediante una nuova necropsia.

 

Il suicidio è contrario ai principi dell’Islam, cosa che secondo i familiari dei detenuti morti costituisce un motivo sufficiente per dubitare che i tre uomini si siano tolti la vita.

 

Tuttavia, l’Unione Americana per le Libertà Civili (ACLU) ha pubblicato documenti del Pentagono che proverebbero l’ampia diffusione da diverso tempo tra i detenuti di Guantánamo di pensieri suicidi.

 

Le carte sono la prova più recente dello stato di disperazione che attanaglia i reclusi di questo campo di prigionia, alcuni dei quali vi si trovano da circa quattro anni senza che sia iniziato un processo nei loro confronti, ha sostenuto il direttore della ACLU, Anthony Romero, in un comunicato. Le “ingiustizie” di Guantánamo devono cessare prima che si portino via altre vite, ha sentenziato.

 

Un detenuto aveva ammesso a suo tempo in un’intervista che un numero compreso tra 40 e 50 di suoi compagni avevano progettato di togliersi la vita alla fine del mese di digiuno musulmano del Ramadan, a causa della mancanza di speranze di venire liberati e degli abusi commessi dalle guardie. (DPA)