GUANTANAMO

 

 

Camp delta, «Stroncata la rivolta»


Alimentazione forzata, sevizie e 25 sedie-cella per far cessare lo sciopero della fame dei prigionieri di Guantanamo. Gli Usa cantano vittoria, i detenuti accusano

 


M.Cocco 10 febbraio 2006

 


Il signor Tom Hogan, produttore delle emergency restraint chairs, negli ultimi giorni ha spedito nel carcere di Guantanamo 25 delle sue sedie che, come dice la pubblicità sul sito internet della sua società, sono «come celle imbottite che camminano su rotelle». Per la E.R.C. Inc., la ditta di Hogan che prende il nome dall'acronimo degli strumenti blocca-prigionieri, il guadagno è stato di circa 1.150 dollari per ogni pezzo venduto. È grazie alle poltrone-gabbia di Hogan che le autorità militari statunitensi che gestiscono il penitenziario di Camp delta sono riuscite, almeno per ora, a stroncare lo sciopero della fame che decine tra i 500 sospetti «terroristi» tenuti segregati nell'isola di Cuba portavano avanti da mesi per protestare contro le condizioni di detenzione. Fonti militari statunitensi hanno raccontato al New York times che negli ultimi giorni, con la protesta dei reclusi che, accompagnata da un coro di denunce da parte delle organizzazioni per la difesa dei diritti umani, si faceva sempre più determinata, l'esercito ha deciso di utilizzare un approccio più duro nei confronti degli irriducibili. Legati alle sedie, sono stati sottoposti ad alimentazione forzata, con il cibo introdotto attraverso tubi infilati nell'esofago. La tecnica, che nelle scorse settimane era stata resa inefficace dalla determinazione dei prigionieri che si procuravano il vomito subito dopo essere stati «intubati», questa volta ha avuto successo grazie alle E.R.C.. Alcuni funzionari militari hanno detto al quotidiano newyorchese che la decisione di fronteggiare lo sciopero con le maniere forti è stata dettata dal timore che la protesta divenisse incontrollabile e che l'eventuale morte di qualche detenuto potesse scatenare reazioni internazionali negative. Il colonnello Jeremy M. Martin, portavoce di Guantanamo, parla addirittura di soli quattro detenuti rimasti in agitazione (precedentemente, secondo il Pentagono, erano 84). Fawzi Al Odah, un prigioniero kuwaitiano, ha fatto sapere attraverso i suoi avvocati che, nell'estremo tentativo di bloccare la rivolta, i carcerieri hanno utilizzato tubi più grossi di quelli adottati in precedenza, che ai reclusi non sono state più somministrate le pillole antidolorifiche che venivano date dopo l'alimentazione forzata, e che sono state sottratte loro scarpe, lenzuola e coperte. «Sono coraggioso ma non stupido - ha riferito Al Odah al suo legale -. Sulla sedia sono bloccato e incapace di resistere e loro sono determinati a torturarmi». Ma le critiche su quello che Amnesty international definisce uno «scandalo per i diritti umani» non accennano a placarsi. Vincent Lusser, portavoce del Comitato internazionale della Croce rossa, si è limitato a dichiarare che «quando visitiamo un luogo di detenzione e costatiamo casi di alimentazione forzata, ne parliamo con le autorità e facciamo conoscere la nostra posizione che è chiaramente contraria». «È chiaro che il governo ha fatto cessare lo sciopero della fame con l'uso della forza e il più brutale e inumano dei trattamenti», ha detto Thomas B. Wilner, avvocato della Shearman & Sterling.

Le autorità afghane ieri hanno rilasciato sette uomini che erano stati tenuti a Camp delata e in seguito consegnati a Kabul. «Non so perché mi avessero catturato, ma sono felice di essere stato liberato dalla prigione degli infedeli» ha dichiarato Khodaidad, uno dei sette rilasciati. Sibghatullah Mojadeddi, a capo della commissione per la riconciliazione afgana, ha dato agli ormai ex-prigionieri qualche spicciolo per fare ritorno finalmente alle loro case. Secondo uno studio recente effettuato dagli avvocati dei prigionieri su documenti del Pentagono, solo il 45% dei detenuti di Guantanamo avrebbe commesso qualche atto d'ostilità contro gli Usa e solo l'8% sarebbe appartenuto ad al Qaeda. Recentemente il Financial times ha rivelato un piano dell'Amministrazione Bush per trasferire in Afghanistan (località d'origine di gran parte dei dannati di Guantanamo) quasi tutti i prigionieri e processare negli Usa solo quelli che abbiano avuto un legame con al Qaeda.