L'odio non rimase

mascherato

5 settembre 2006 – M.Taset e J. Mayor www.granma.cu

 

Nonostante i numerosi anni dedicati ad investigazioni su ogni tipo di crimine,  il tenente colonnello Homero Fondes  non ha operato in un ancora su un altro caso eclatante come il crimine delle Barbados. In quell'occasione l'odio non si rifletté sulla quantità di vittime.

"Avevamo già investigato su altri casi simili, di attività terroristiche contro il nostro paese. Questo però ci colpì. Ho lavorato su altri incidenti aerei. Ho visto morti, ma sono cadaveri che uno può riconoscere. In questo caso risultò difficile.

"Stabilimmo due commissioni di lavoro: una dedicata ad analizzare i resti dei corpi ed identificarli; l'altra, si incaricò delle questioni tecniche, di determinare le cause della catastrofe".

Verso le Barbados partirono Enrique Herrer, specialista in Trazología ed Identificazione, e Julio Lara, esperto in incidenti dell'aviazione. A Cuba si studiava le informazioni inviate.

"Paragoniamo le immagini ricevute con l'altro D.C.-8 in possesso del paese, al fine di ubicare dentro questo gli elementi che presentava ogni parte fotografata. La prova più evidente fu il gancio di una delle porte, conficcato nella paratia del bagno, che, si notava, essere stato lanciato dall'interno.

"Ricostruiamo quanto successo con la paratia e la posizione in cui rimase una vite rivelò il possibile posto dove fu ubicata la fatale bomba, in un piano inferiore e dentro il bagno.

"Secondo le registrazioni raccolte dalla torre di controllo dell'aeroporto, il pilota dice: 'Questo è peggio, Fello, attaccati all'acqua' che individua il momento in cui l'aeroplano sale prima di cadere in picchiata. E prima, quando grida: 'Chiudete la porta...', l'ordine conferma che era successo qualcosa di percettibile dal pilota, dalla sua posizione, e che quindi succedeva nella parte estrema sinistra dell'aero.

"Inoltre, per il giro di 180 gradi che riuscì a compiere l'aeroplano per riprendere la rotta, evidentemente i controlli non avevano nessun sintomo di difetto. È la seconda esplosione quella che li danneggia".

Il successivo problema consisteva nel determinare il detonante utilizzato. Era il più complesso.

"Dimostrare che non si usò dinamite, smentiva l'ipotesi che chiunque avesse potuto essere l'assassino, perché in diversi posti del mondo si commercializza per determinate esplosioni.

"Le analisi provarono l'imp
iego di esplosivo plastico ad alto potere, come quelli utilizzati dalla CIA. Questa sostanza la scoprimmo in un pezzo di sedile e nell'ultimo dei cadaveri trovati, trovammo anche un'asola profondamente conficcata".

La relazione sul caso si presentò il 25 ottobre 1976. In essa appaiono, in dettaglio, tutte le manovre del pilota prima che l'aeroplano precipitasse.

Secondo Fondes tali manovre "si svilupparono in un ambiente difficile, dovuto al fumo nella cabina e alla cortina di pioggia che diminuivano considerevolmente la visibilità. Unito a ciò, la terribile situazione dei passeggeri che stavano bruciando nel resto dell'aereo.

"Fu un momento terribile per le persone intrappolate, a causa del terrificante lasso tra la prima e la seconda esplosione. Li assediava il fuoco, il monossido di carbonio li asfissiava e la certezza che stavano precipitando senza possibilità di salvezza".

Quando trasportarono i resti a Cuba, procedettero ad identificarli ed a cercare elementi che provassero la presenza di sostanze esplosive e come era successa tale catastrofe.

"Comprovammo che non era successa un'esplosione fisica (dove non c'è trasformazione di sostanza) bensì chimica e concentrata, perché lasciò un cratere dovuto all'onda d'urto, utile per l'investigazione. Questo tipo di esplosione trascina quanto trova sul suo passaggio, che ci permise ubicare il posto esatto della carica.

"È possibile che il primo esplosivo, posizionato in una macchina fotografica dentro un bagaglio a mano, abbia avuto come fine creare il panico, con perfidia verso gli sportivi cubani, perché all'interno di un oggetto come quello la carica doveva essere ridotta. Invece, con la seconda si cercava di far precipitare l'apparecchio".

In entrambi i paesi caraibici proseguono le indagini. Non solo i periti indagarono. Il popolo voleva sapere. Entrambe le commissioni interscambiarono informazioni, criteri, esperienze.

"Si diceva che certi controrivoluzionari volessero attentare alla delegazione cubana che custodiva i cadaveri, prima di inviarli a Cuba. Lara ed Enrique ci comunicarono che fuori della camera ardente si formò un gruppo di individui che richiamò la loro attenzione.

"Allora, davanti al sospetto di un possibile incidente, introdussero la mano nella tasca delle borse e simularono il possesso di armi. Dentro manipolavano le loro pipe a mò di pistole. Quindi si fermarono ad entrambi i lati della porta... e tali individui abbandonarono il posto".

L'ufficiale ricorda che "quando ricevemmo i primi resti ci colpirono. Benché si sa che quando un aeroplano cade i corpi si frammentano, questi cadaveri erano tanto mal ridotti e bruciati che c'obbligarono a lavorare con più impegno per dimostrare quanto era realmente successo.

"Non poteva essere un incidente. Col giro che l'aero fece era improbabile che avesse un'avaria. Fino al momento della detonazione volava normalmente, perfino non perse il controllo neppure dopo primo scoppio".