5 novembre 2007 -  V.Strampelli www.aprileonline.it

 

L'embargo infinito di Cuba

• Una pesante sconfitta diplomatica per gli USA

 

 
 

Con 184 voti a favore e appena quattro voti contrari, l'Assemblea generale ONU ha approvato una nuova risoluzione contro il blocco Usa nei confronti dell'Isola di Castro. È il sedicesimo anno consecutivo che il Palazzo di Vetro ne chiede la fine. Ma anche questa volta, gli Stati Uniti faranno orecchie da mercante.

Persino la Micronesia ha ritenuto fosse eccessivo votare di nuovo con gli Stati Uniti e così, con 184 voti a favore, quattro contrari e un astenuto, la Micronesia, appunto, l'Assemblea Generale dell'ONU ha approvato una nuova risoluzione presentata da Cuba contro il blocco statunitense che affligge l'isola da oltre quarantacinque anni. Dal 1992, è il sedicesimo anno consecutivo che l'Assemblea generale delle Nazioni Unite vota, a larga maggioranza, per chiedere la fine del bloqueo che imperversa sull'isola di Castro dal 1962. Ma, anche questa volta, si tratta di una risoluzione non vincolante che quindi, come in passato, si appresta ad essere totalmente ignorata dagli Stati Uniti.

 

Già lo scorso anno, infatti, il presidente americano George W. Bush aveva ribadito di non essere intenzionato a rimuovere alcuna delle sanzioni imposte a Cuba prima di una completa transizione alla democrazia. E a settembre, nel suo primo discorso su Cuba (che ha definito "gulag dei Caraibi") da quando, nel luglio del 2006, il potere è passato nelle mani di Raul Castro, fratello di Fidel, Bush aveva definito il governo dell'Avana "il lungo regno di un crudele dittatore ormai alla fine".

 

Tuttavia, sebbene la votazione all'ONU non abbia alcun valore legale, il valore simbolico che riveste è comunque grande e segna una pesante sconfitta diplomatica per gli Usa - appoggiati soltanto da Israele, e dalle Isole Marshall e Palau, non proprio giganti del diritto internazionale o modelli di riferimento dei sistemi socio- politici su scala planetaria, nella loro politica anticastrista, di fronte al consenso pressoché unanime del Palazzo di Vetro nel condannare "una misura avanzata dal vecchio modello della Guerra Fredda" come il blocco cubano. Perché di vero e proprio "blocco" si deve parlare nel caso della piccola isola caraibica, se con tale definizione si suole intendere una politica aggressiva che contempla non solo un embargo totale, ma che si prefigge anche il fine di sovvertire l'ordinamento politico del Paese contro cui è rivolto, e in quanto tale è considerata illegittima dal diritto internazionale.

 

Un blocco che "non è mai stato inflitto con la ferocia di questi ultimi anni", come ha detto il Ministro degli Esteri cubano Felipe Perez Roque, che ha accusato il presidente Bush di aver adottato "misure che rasentano la follia e il fanatismo, che non solo danneggiano Cuba ma interferiscono nelle sue relazioni con almeno 30 Paesi".

 

Difficile dare torto al giovane ministro cubano, soprattutto dopo aver assistito allo show del presidente statunitense di qualche giorno prima, con l'annuncio di nuove sanzioni e minacce, secondo un copione che si ripete pedissequamente da anni. La risoluzione, infatti, ribadisce "l'appello a tutti gli Stati ad astenersi dal promulgare ed applicare leggi e misure (come quelle previste dall'embargo americano), in conformità con i loro obblighi previsti dalla Carta delle Nazioni Unite e dal diritto internazionale", e invita "gli Stati che hanno e continuano ad applicare queste leggi e questi provvedimenti a prendere le misure appropriate per revocarle o invalidarle al più presto possibile. Ma solo una settimana prima il capo della Casa Bianca aveva confermato l'intenzione di mantenere le sanzioni imposte a Cuba nel 1962. E questo finché "il regime manterrà il suo monopolio sulla vita politica ed economica del popolo cubano".

 

Una posizione che appare sempre più isolata, dopo che, con il passare del tempo, la Risoluzione presentata di anno in anno alle Nazioni Unite ha raccolto un sostegno crescente, passando dai 59 sì del 1992 agli attuali 184.

 

Per fare in modo che la decisione del Palazzo di Vetro non resti carta straccia è necessario, come sottolineano Andrea Genovali e Stefano Fedeli, rispettivamente responsabile relazioni internazionali e responsabile per l’America Latina del PdCI, "Che l'Unione Europea, che ha votato compatta contro il blocco, ponga in essere iniziative tali da costringere gli Usa a rispettare la volontà della quasi totalità dell'Assemblea generale".

 

La politica dell'embargo, applicata non solo a Cuba, è "ipocrita e criminale", sottolineano i Comunisti italiani, perché "colpisce direttamente e duramente solo i popoli".

 

Serve dunque un impegno più deciso, e anche l'Italia, che ha votato la risoluzione, deve "contribuire in maniera determinante a porre fine a questa palese e prolungata violazione del diritto internazionale. È necessario lavorare all'interno dell'Unione Europea e della Comunità internazionale affinché possano essere quanto prima riprese e intensificate le relazioni con il governo cubano".