Intervista a Abel Prieto Ministro della cultura di Cuba

 

"Gli intellettuali europei non

 

capiscono l'America Latina"
 

 

 

 

| 12/2/07 |

 

L'intervista originale in spagnolo <http://www.rebelion.org/noticia.php?id=46453> pubblicata del sito argentino Rebelion, è stata curata da Mertxe Aizpurúa, del sito basco Gara <http://www.gara.net/>

 

 

 

Abel Prieto ha 56 anni ed è responsabile del ministero della cultura di Cuba dal 1997. Laureato in Lingua e Letteratura ispanica, è stato direttore della casa editrice Letras Cubanas e presidente dell'Unión de Escritores e Artistas. Noto scrittore, continua a trovare il tempo per lavorare ad un nuovo romanzo in preparazione, il cui protagonista è un caricaturista cubano che fa un viaggio in Unione Sovietica.

 

Più che un lamento, è una pura e semplice constatazione. Abel Prieto, ministro della cultura del Governo di Cuba, ritiene che in America Latina si stia effettuando un cambiamento deciso e che gli intellettuali europei non lo capiscano o non si rendano conto della portata di questo fenomeno.

 

Cosa succede in America Latina?

 

Qualcosa di molto importante per il mondo e per l'Europa. In America Latina si stanno forgiando le culture di resistenza più solide, l'antimperialismo più conseguente, l'anticolonialismo più coerente… e credo che, in generale, gli intellettuali europei non capiscano l'America Latina. Tuttavia, a parer mio dovranno, inevitabilmente, approcciare la cosa in un altro modo. Ciò che accadendo è troppo didattico per non rendersene conto.

 

Come si interpreta a Cuba il fatto che il socialismo stia guadagnando terreno in così tanti paesi?

 

Chávez, nel suo discorso di celebrazione della vittoria elettorale, ha detto che la gente che ha votato per lui non ha votato per una persona, ma ha votato per il socialismo. La parola socialismo non è più bandita, si sta recuperando, e Cuba e l'opera della sua rivoluzione, è un riferimento obbligato in questa ripresa, in questo socialismo del XXI secolo.

Ciò che si sta verificando inoltre è che gli Stati Uniti non possono più affidarsi alla manipolazione dei processi elettorali; stanno di nuovo parlando di formare più militari latino americani… il sistema elettorale si è esaurito per loro.

 

E come vede le critiche fatte a Cuba da parte della sinistra europea?

 

Molte partono da un errore di fondo: quello di considerare che ciò che si costruisce in questo paese appartiene alla famiglia di quello che è crollato; vale a dire, che saremmo una manifestazione di quel vecchio socialismo che è caduto, e che di conseguenza noi rappresentiamo qualcosa di vecchio, qualcosa di superato dalla storia, dei dinosauri o dei naufraghi di quel Titanic che è ormai affondato.

In quella che possiamo chiamare sinistra europea si nota un fenomeno che ha a che vedere con il desiderio di prendere le distanze da quel socialismo, da quella sinistra che si burocratizzò e che fallì, e col pensare che Cuba rappresenta il passato.

 

Crede che ci sia uno stereotipo?

 

Sì; c'è uno stereotipo, basato sulla caricatura del socialismo reale, sull'idea che il partito unico sia una copia del partito sovietico e che il "Granma" sia una copia della "Pravda". Credo che non si sappia in che modo si è gestita la strutturazione di questo paese e quali caratteristiche abbia. Qui ci sono delle cose che hanno un rapporto con la democrazia e non hanno alcuna somiglianza con ciò che succedeva nel blocco socialista.

 

Ad esempio?

 

Ad esempio, io, come ministro, devo sottostare alle analisi della Commissione Cultura dell'Assemblea Nazionale; devo rendere conto all'Assemblea e, in quanto deputato, in seguito dovrò rendere conto ai miei elettori di Consolación del Sur, che è la località dove sono stato eletto. Ogni volta che si tiene una riunione plenaria dell'UNIEC (Unión de Intelectuales e Escritores) devo rendere conto della mia gestione.

Prendo parte al Congresso dei Pionieri per spiegare ai bambini e agli adolescenti che cosa stiamo facendo per lo svago del mondo infantile, spiegare perché non ci sono più cartoni animati in televisione… Nella vecchia Unione Sovietica, o in Bulgaria o in un uno qualunque di quei paesi non succedeva niente del genere. La discussione, il dibattito e l'interscambio di idee è una cosa profondamente radicata nella nostra società.

 

Che cosa riceve il ministro della cultura da questi dibattiti?

 

Mi sono riunito coi giovani della Federación de Estudiantes de Enseñanzas Medias [Federazione studenti medi], con il gruppo preparatorio del Congresso de la FEU [Federazione studenti universitari], ho preso parte al Congresso dei Pionieri e le cose che si vedono lì sono davvero interessanti. Non sono dei bambini che gridano slogan e ripetono delle parole d'ordine; sono delle persone che analizzano, e valutano i problemi della loro scuola, e prendono in considerazione anche la contaminazione del mondo da parte delle grandi marche: Nike, Adidas… la cosa che dice Naomi Klein che non si vendono più prodotti ma stili di vita, la stessa cosa, detta con parole diverse, l'ho sentita dire da alcuni pionieri…

 

Una delle accuse ricorrenti è che i mezzi di comunicazione non danno informazioni su ciò che succede davvero a Cuba.

 

C'è una frase di uno scrittore cubano, Cinto Vitier, che mi piace molto: "La nostra sfida è fondare un parlamento in una trincea". Abbiamo dinanzi a noi un nemico smisurato, e fra i suoi piani c'è farla finita con noi e per questo dice di voler fomentare la cosiddetta società civile a Cuba. Naturalmente, ignorano totalmente il fatto che noi abbiamo una società civile rivoluzionaria. Tutte le organizzazioni di massa sono forme di organizzazione della società civile, l'UNEAC è una forma di organizzazione della società civile, i pionieri… ma è ovvio che per loro questi sono tutti degli strumenti del castrismo, mentre la società civile che vogliono fomentare sono quattro tipi ai quali danno dei soldi…

 

Qui si parla di quello che succede a Cuba. Tanto il "Granma" come "Juventud Rebelde" hanno fornito informazioni precise sulle frodi economiche che si sono scoperte. Certo, ogni volta che il Granma pubblica uno di questi articoli, il Nuevo Herald [giornale di Miami] lo utilizza per propagare l'idea che la rivoluzione cubana sta per cadere e utilizza la corruzione per dimostrarlo.

 

Ad ogni modo, è un rischio che bisogna correre?

 

Sì, credo che bisogna correre questi rischi, inoltre, c'è un consenso che bisogna farlo. Ma non possiamo dimenticarci che abbiamo un nemico, che ha un piano e un programma ben preparato e pensato per dividerci, per danneggiare la nostra immagine in tutti i suoi aspetti.


John Lennon, una statua come simbolo


"si stanno forgiando le culture di resistenza più solide, l'antimperialismo più conseguente e l'anticolonialismo più coerente"

Se una delle sue passioni è la letteratura, non c'è dubbio che l'ammirazione che manifesta nei confronti di John Lennon è un altro tratto caratteristico del ministro della cultura.

Sì, l'idea di dedicare una statua al cantante emblematico dei Beatles nel pieno centro dell'Avana non è partita da lui. Tuttavia, ha raccolto il guanto di sfida lanciato dall'Asociación de Jóvenes Escritores e Artistas e si è incaricato di trasformare in realtà la proposta lanciata nel corso di un congresso. È stato convocato un concorso, vinto da José Villa ,"uno straordinario scultore della mia generazione", ricorda Abel Prieto.

Il fatto è che l'8 dicembre del 2000, il comandante Fidel Castro ha proceduto all'inaugurazione della statua dedicata a John Lennon, in via 17, fra la 6 e la 8, in quello che da allora si conosce come Parco Lennon.

In un certo senso, questo omaggio al più popolare dei Beatles ha infranto la percezione esistente nell'isola riguardo le nuove correnti culturali: "Sì – sottolinea il ministro della cultura – allora si ascoltavano già i Beatles nei mezzi di comunicazione di massa, ma è vero che c'è stata una tappa, tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio degli anni Settanta, in cui si era limitata la trasmissione di musica rock in inglese. È stato un errore grave perché alla fin fine quello che si sentiva nei media era quella specie di rock slavato, franchista e commerciale, proveniente dalla Spagna. In un certo senso, mossi dall'idea delirante che, essendo l'inglese la lingua del nemico, la musica che veniva in spagnolo era più accettabile nel nostro contesto. Una 'follia'."

Ricorda Abel Prieto che si aprì una fase di discussione su questo tema e che rapidamente quella "follia" fu superata e i media ufficiali cominciarono a trasmettere la musica dei Beatles, di Bob Dylan o dei Rolling Stones.

In seguito si sarebbe arrivati all'idea di dedicare una statua a Lennon. "Il fatto che Fidel Castro sollevasse il lenzuolo e apparisse Lennon ha avuto un grande valore simbolico. È vero. È stato come un risolvere in modo definitivo quelle piccole assurdità, ed è stato anche un modo di collegare la rivoluzione cubana con tutta quella ribellione degli anni Sessanta ispirata dalla rivoluzione… perché i capelli lunghi, le barbe, tutta questa estetica… ebbe inizio coi guerriglieri cubani. È stato come creare una connessione, che esisteva, ma non era visibile in modo adeguato".

Infatti, a giudizio di Abel Prieto, Lennon fu un autentico rivoluzionario, "un uomo della rivoluzione". "Pochi mesi fa si è pubblicato un libro con tutte le interviste di Lennon alla rivista Rolling Stones e lì si vede che fu un artista d'avanguardia, in permanente tensione con le esigenze del mercato. Lennon fu l'uomo di punta, colui che al lasciare i Beatles e, soprattutto in compagnia e con l'aiuto di Yoko Ono, ruppe con quella dinamica di fare concessioni, che gli pesava come un obbligo".

Dal 2000, John Lennon è seduto in modo permanente all'Avana, in un'immagine bronzea, accanto ad una targa con una delle sue frasi: "Diranno che sono un sognatore, ma non sono l'unico".