16 novembre 2007 - Jean-Guy Allard www.granma.cu

 

La funzionaria che ha interrogato Posada

non sapeva che lo avrebbero processato

L’interrogatorio abborracciato di Posada fatto dall’ufficiale d’immigrazione Susana Bolaños, che ha dato il pretesto per la sua liberazione, illustra la strategia dilatoria dei pubblici ministeri “antiterroristi” scelti da Bush per affondare il caso del terrorista più pericoloso del continente

 

 

 

Tanto forte è la determinazione dell’amministrazione Bush di proteggere Luis Posada Carriles, che l’interrogatorio del terrorista, fatto dalla funzionaria d’immigrazione Susana Bolaños e poi utilizzato come base nel suo processo, non aveva nemmeno l’obiettivo di fargli un processo.

 

Questo si legge nella richiesta presentata formalmente presso la Corte d’Appello di New Orleans dalla procura “antiterrorista” del Dipartimento della Giustizia degli USA.

 

Per prepararsi, in funzione di quello che riteneva allora una semplice intervista migratoria, la specialista Susana Bolaños ha necessitato di “cinque mesi” di tempo nei quali si è documentata con articoli della stampa, ha conversato con gli avvocati che non l’hanno consigliata e non ha mai chiesto accesso agli archivi criminali del terrorista più pericoloso del continente.

 

I particolari di questa abborracciata intervista migratoria si leggono nella richiesta presentata formalmente negli ultimi giorni presso la Corte d’Appello di New Orleans contro la decisione della giudice Kathleen Cardone, di El Paso, in Texas, che ha liberato Luis Posada Carriles il 5 giugno scorso.

 

La Bolaños è un’ufficiale dei Servizi federali d’immigrazione e dogane  e appartiene niente meno che al Quartiere generale dell’organismo a Washington. È stata designata alla fine del 2005, otto mesi prima dell’arresto di Posada, per realizzare questo interrogatorio, perchè specialista in casi dove si sospetta una frode o una minaccia per la sicurezza nazionale.

 

Stando alle sue dichiarazioni, la Bolaños ha ricevuto il dossier migratorio (Dossier-A) del caso “cinque mesi prima dell’intervista di naturalizzazione” e dopo aver realizzato, per conto suo, una ricerca d’informazione a partire “da fonti pubblicamenti accessibili”.

 

Durante questo lungo periodo di tempo non ha ritenuto utile chiedere nessun accesso agli abbondanti archivi della polizia federale sul detenuto e nemmeno i documenti che lo stesso governo USA ha consegnato (per obbligo) alla giustizia panamense nel 2001, quando si preparava la sua causa per terrorismo nel paese.

 

Davanti alla giudice Cardone, la Bolaños ha ammesso con candore che la sua intervista si è fatta essenzialmente per valutare se Posada era ammissibile o meno per la naturalizzazione e non in vista della sua colpevolezza presso un tribunale.

 

Ma l’insieme delle prove dei procuratori federali si basa sul suo lavoro.

 

Prima dell’interrogatorio, in qualche opportunità non precisata, la Bolaños ha incontrato con i pubblici ministeri Jo Ellen Ardinger e Nick Perry, del Dipartimento della Sicurezza della Patria e con gli avvocati dell’Ufficio delle Liti Migratorie del Dipartimento della Difesa e “altri legali criminali” dello stesso dipartimento di cui non ricorda il nome.

 

Precisa che nessuno di questi esperti “le ha chiesto di fare qualche domanda in particolare o mostrare al detenuto qualche documento”. La Bolaños ha affermato nella Corte di El Paso d’aver preparato da sola le varie domande, anche se doveva fare l’interrogatorio con Ardinger e Perry.

 

Il 22 marzo 2006, una lettera del Dipartimento di Sicurezza, indirizzata anche al terrorista lo descrive  come un “pericolo per la comunità” e per la “sicurezza nazionale degli Stati Uniti” per via della sua storia criminale.

 

L’intervista della Bolaños con Posada ha avuto luogo i giorni 25 e 26 aprile 2006, a quanto pare senza prendere in considerazione questi criteri.

 

In ogni modo Posada era stato arrestato il 15 maggio 2005 e Bush e la CIA avevano guadagnato un anno di ritardi in proroghe nel corso di una sceneggiatura caotica dove appaiono numerosi improvvisazioni.

 

 

UNA SFILZA DI MENZOGNE...

CHE LA GIUDICE NON HA CONSIDERATO

 

 

Durante l’interrogatorio con la Bolaños, Posada ha mentito grossolanamente affermando d’essere entrato nel paese dalla frontiera con il Messico, passando  dalla città di Brownsville, in Texas, con l’aiuto di una guida ed ha falsamente affermato di non essere mai passato per Cancun o Islas Mujeres, nonostante i testimoni.

 

Posada Carriles ed i suoi complici permangono impuniti negli USAHa giurato di non aver mai visto la nave Santrina, nè Santiago Alvarez, Osvaldo Mitat, Rubén Mitat, Rubén López Castro e José Pujol, i suoi complici che l’hanno accompagnato nel viaggio via mare.

 

Il terrorista ha dichiarato che allora non aveva documento d’identificazione. Invece aveva – ha affermato la Bolaños – un passaporto guatemalteco. E ha assicurato che gli unici nomi falsi che aveva utilizzato in precedenza erano stati Ramón Medina e Franco Ramírez, ma l’elenco delle sue false identità necessita un calendario.

 

Una frazione microscopica  di questa sfilza di menzogne sarebbe più che sufficiente per cacciare a calci centinaia di immigranti illegali del Messico o del Centroamerica, come capita ogni giorno.

 

 

Certamente Posada beneficia dei privilegi riservati agli agenti dell’impero e, con maggior sollecitudine,  ai complici del Clan Bush.

 

In un altro momento del piano, di fronte alle richieste d’estradizione di Posada, un Gran Giurì d’istruzione è stato convocato nel mese di maggio del 2007 in Texas e ha valutato, a partire dall’interrogatorio fatto dalla Bolaños, senza avere presente il lavoro dell’interprete, poi definito incompetente, che l’ingresso del terrorista era fraudolento. Ha determinato però che Posada doveva venire incolpato con sette accuse criminali presso i tribunali.

 

Paradossalmente il solo lavoro del traduttore, scelto dall’apparato giudiziario di Bush, è stato più che sufficiente per fornire argomenti agli avvocati mafiosi di Posada e alla giudice Cardone per respingere tutte “le dichiarazioni bugiarde che accusavano il delinquente”.

 

Il documento d’appello precisa che Posada, durante il polemico interrogatorio, ha risposto in inglese a varie domande. Evidentemente il terrorista ha utilizzato l’interprete, la cui mancanza di esperienza professionale si poteva perfettamente valutare, quando conveniva dare risposte sbagliate.

 

A El Paso la giudice, compiacendo gli avvocati mafiosi, ha liberato serenamente “l’eroe” della mafia di Miami con gli applausi dei suoi complici, molti di loro con una storia terroristica alle spalle, che riempivano la sala dell’udienza.

 

 

UN’INTERA VITA USANDO FALSE IDENTITA’

 

 

È ironico vedere come, durante la dilazione, la Bolaños ha interrogato tranquillamente il terrorista sull’utilizzo di un solo passaporto falso, quando l’assassino, torturatore e terrorista ha un lunghissimo dossier in materia di false identità.

 

Riducendo il caso alla sua più semplice espressione, ha deciso d’ignorare che, per decenni al servizio della CIA, “Il Bambi” cioè Posada Carriles aveva utilizzato i più diversi documenti d’identificazione e innumerevoli alias.

 

In una nota intervista rilasciata nel 1998, Posada si è vantato con la giornalista statunitense Ann Louise Bardach di possedere vari possaporti, tutti quanti falsi, e d’aver realizzato vari viaggi negli Stati Uniti con queste identificazioni.

 

Il 3 novembre del 2000, Posada era andato a Panama  dalla Costa Rica per organizzare un tentativo d’assassinio contro il Presidente cubano Fidel Castro, utilizzando un passaporto salvadoregno a nome di Franco Rodríguez Mena.

 

Il 26 agosto 2004, subito dopo il suo indulto a Panama, è entrato in Honduras con un passaporto statunitense falso a nome di Melvin Clyde Thompson.

 

Al suo arrivo negli Stati Uniti, sulla nave Santrina, utilizzava un passaporto guatemalteco con la sua foto e il nome di Manuel Enrique Castillo López, che si presume, era stato ottenuto da Santiago Álvarez… a meno che fosse stato lo stesso ufficiale del FBI che, secondo i testimoni, ha agevolato il suo ingresso nel paese centroamericano. Oppure il suo socio Rafael Hernández Nodarse, colui che lo ha ricevuto.

 

Di fronte alla valanga di documenti falsificati , cosa tentava di dimostrare Susana Bolaños se l’unico obiettivo del suo interrogatorio, come l’ha affermato, era analizzare se Posada era eleggibile o meno per la naturalizzazione?

 

Perchè allora la Procura Federale ha valutato l’insieme della causa migratoria di Posada basandosi in un interrogatorio mal fatto, che non è stato nemmeno realizzato con questo proposito?

 

Il procuratore del Texas, Michael Mullaney, e i pubblici ministeri federali John F. De Pue, John W. Van Lonkhuyzen e Paul Ahern, della sezione antiterroristica del Dipartimento della Giustizia, sono gli autori della richiesta dilatoria presentata presso la Corte d’Appello di New Orleans.

 

Sono gli architetti di questo labirinto giudiziale che evita di dichiarare Posada terrorista, di processarlo o estradarlo e che garantisce al responsabile della morte di decine di innocenti che mai più dovrà dormire dietro le sbarre.

 

Che però continuerà a ordire cospirazioni terroristiche con tutte le loro conseguenze dal suo nuovo nascondiglio di Miami, dove dispone di una rete mafiosa di assassini e di fornitori di fondi.