"Le mappe dell'anima non
 

hanno frontiere"

 Eduardo Galeano, primo cittadino illustre del Mercosur,
ed un discorso indimenticabile

 

 

29 gennaio '09 - www.granma.cu

 

 

La nostra regione è il regno dei paradossi. Il Brasile, ad esempio: paradossalmente, Aleijadinho, l'uomo più brutto del Brasile, ha creato le più famose bellezze dell'arte dell'epoca coloniale; paradossalmente, Garrincha, rovinato sin dall'infanzia dalla miseria e la poliomielite, nato per sfortuna, è stato il giocatore che ha offerto più allegria in tutta la storia del calcio e, paradossalmente, ora ha compiuto cento anni Oscar Niemeyer, che è il più nuovo degli architetti ed il più giovane dei brasiliani.

 

O mettiamo per caso, la Bolivia: nel 1978, cinque donne rovesciarono una dittatura militare. Paradossalmente, tutta la Bolivia si burlò di loro quando iniziarono lo sciopero della fame. Paradossalmente, tutta la Bolivia terminò digiunando con loro, fino alla caduta della dittatura.

 

Io ho conosciuto una di queste cinque, Domitila Barrios, nel villaggio di minatori di Llallagua. In un'assemblea di minatori, tutti uomini, si alzò e zittì tutti.

 

Voglio dirvi questo - aveva affermato - il nostro nemico principale non è l'imperialismo, né la borghesia né la burocrazia. Il nostro nemico principale è la paura, e lo portiamo dentro.

 

Anni dopo, ritrovai Domitila a Stoccolma. L'avevano cacciata dalla Bolivia, e lei era andata in esilio, con i suoi setti figli. Domitila era molto grata  per la solidarietà degli svedesi, dei quali ammirava la libertà, ma la rattristavano, erano così soli, bevevano soli, mangiavano soli, parlavano soli. Gli dava dei consigli:

 

Non siate sciocchi – gli diceva - unitevi. Noi, là in Bolivia, ci uniamo. Sebbene sia per litigare, ci uniamo.

 

Quanta ragione aveva.

 

Perché, dico io: esistono i denti, se non si uniscono nella bocca? Esistono le dita, se non si uniscono nella mano?

 

Uniamoci: e non solo per difendere il prezzo dei nostri prodotti, ma anche, e soprattutto, per difendere il valore dei nostri diritti. I pochi paesi ricchi che esercitano l'arroganza su tutti gli altri stanno insieme, sebbene di tanto in tanto simulano liti e dispute. La loro ricchezza come povertà e la loro arroganza come paura. Poco tempo fa, ad esempio, l’Europa ha approvato la legge che converte gli immigranti in criminali. Paradosso dei paradossi: l’Europa, che durante secoli ha invaso il mondo, chiude la porta in faccia agli invasi, quando le restituiscono la visita. E questa legge è stata promulgata con una sorprendente impunibilità, che risulterebbe inspiegabile se non fossimo abituati ad essere sbranati ed a vivere con paura.

 

Paura di vivere, paura di dire, paura di essere. Questa nostra regione forma parte di un'America latina organizzata per il divorzio delle sue parti, per l'odio mutuo e la mutua ignoranza. Ma solo insieme saremo capaci di scoprire quello che possiamo essere, contro una tradizione che ci ha ammaestrati alla paura e alla rassegnazione e alla solitudine e che ogni giorno ci insegna a non amarci, a sputare nello specchio, a copiare invece di creare.

 

Durante tutta la prima metà del XIX secolo, un venezuelano chiamato Simón Rodríguez andò per i cammini della nostra America, a dorso di mula, sfidando i nuovi padroni del potere: - Voi - gridava don Simón -, voi che tanto imitate gli europei, perché imitate la cosa più importante, che è l'originalità?

 

Paradossalmente, nessuno ascoltava quest’uomo che tanto meritava d’essere ascoltato. Paradossalmente, lo chiamavano matto, perché “commetteva” la saggezza di credere che dobbiamo pensare con la nostra propria testa, perché “commetteva” la saggezza di proporre un'educazione per tutti ed un'America di tutti, e diceva che qualsiasi inganna chi non sa e qualsiasi compra chi non ha nulla, perché “commetteva” la saggezza di dubitare dell'indipendenza dei nostri paesi appena nati:

 

Non siamo padroni di noi stessi – diceva -. Siamo indipendenti, ma non siamo liberi.

 

Quindici anni dopo la morte del folle Rodríguez, il Paraguay fu sterminato. L'unico paese ispanoamericano davvero libero fu paradossalmente ucciso in nome della libertà. Il Paraguay non era prigioniero della gabbia del debito esterno, perché non doveva un centesimo a nessuno, e non praticava la bugiarda libertà di commercio, che ci imponeva e c’impone un'economia d’importazione ed una cultura d’impostazione.

 

Paradossalmente, dopo cinque anni di guerra feroce, tra tanta morte sopravvisse l'origine. Secondo la più antica delle sue tradizioni, i paraguaiani erano nati dalla lingua che li nominò, e tra le rovine fumanti sopravvisse questa lingua sacra, la prima lingua, la lingua guaranì. Ed in guaranì parlano ancora i paraguaiani nell'ora della verità, che è l'ora dell'amore e dell'umore.

 

In guaranì, ñeñé significa parola e significa anche anima. Chi mente con la parola tradisce l'anima.

 

Se ti do la mia parola, mi consegno.

 

Un secolo dopo la guerra del Paraguay, un presidente del Cile diede la sua parola, e si consegnò.

 

Gli aeroplani sputavano bombe sul palazzo del governo, mitragliato anche dalle truppe di terra. Lui aveva detto: Io da qui non esco vivo.

 

Nella storia latinoamericana, è una frase frequente. L'hanno pronunciata tanti presidenti che dopo sono usciti vivi, per continuare a pronunciarla. Ma questa pallottola non ha mentito. La pallottola di Salvatore Allende non ha mentito.

 

Paradossalmente, uno dei principali di viali di Santiago del Cile si chiama, ancora, Undici Settembre. E non  chiama così per le vittime delle Torri Gemelle di New York. No. Si chiama così in omaggio ai boia della democrazia in Cile. Con tutto il rispetto per questo paese che amo, oso domandare, per puro senso comune: Non sarebbe ora di cambiargli il nome? Non sarebbe ora di chiamarlo Viale Salvatore Allende, in omaggio alla dignità della democrazia ed alla dignità della parola?

 

E passando dall’altro lato del continente, mi domando: perché sarà che il Che Guevara, l'argentino più famoso di tutti i tempi, il più universale dei latinoamericani, continua a nascere? Paradossalmente, quanto più lo manipolano, quanto più lo tradiscono, più nasce. Lui è il più “nato” di tutti.

 

E mi domando: non sarà perché diceva quello che pensava, e faceva quello che diceva? Non sarà per questo, che continua ad essere così straordinario, in questo mondo dove le parole ed i fatti s’incontrano molto raramente, e quando s’incontrano non si salutano, perché non si riconoscono?

 

Le mappe dell'anima non hanno frontiere, ed io sono un patriota di varie patrie. Ma voglio terminare questo viaggio per le terre della regione, evocando un uomo nato, come io, qui vicino.

 

Paradossalmente, lui è morto un secolo e mezzo fa, ma continua ad essere il mio compatriota più pericoloso. E’ così pericoloso che la dittatura militare dell'Uruguay non poté trovare una sola frase sua che non fosse sovversiva e dovette decorare con date e nomi di battaglie il mausoleo che eresse per offendere la sua memoria.

 

A lui, che si negò d’accettare che nostra patria grande si rompesse a pezzi; a lui, che si negò d’accettare che l'indipendenza dell’America fosse un'imboscata contro i suoi figli più poveri, a lui, che fu il primo vero cittadino illustre della regione, dedico questa distinzione, che ricevo nel suo nome.

 

E termino con le parole che gli ho scritto tempo fa:

 

1820, Passo del Boquerón. Senza voltare la testa, lei si sprofonda nell'esilio. Lo vedo, lo sto vedendo: il Paraná scorre con la pigrizia di un lucertolone e là si allontana fiammeggiando il suo poncho rotto, al trotto del cavallo, e si perde nella fronda.

 

Lei non dice addio alla sua terra. Lei non lo crederebbe. O magari non sa ancora che va via per sempre.

 

Il paesaggio s’ingrigisce. Lei se ne va, vinto, e la sua terra rimane senza fiato.

 

I figli che avrà, gli amanti che gli arriveranno le restituiranno la respirazione? Coloro che germoglieranno da questa terra, coloro che entreranno, si faranno degni di una tristezza così profonda?

La sua terra. La nostra terra del sud. Lei le sarà molto necessario, don José. Ogni volta che gli avidi la feriranno e l’umilieranno, ogni volta che gli sciocchi la crederanno muta o sterile, Lei le mancherà. Perché lei, don José Artigas, generale dei semplici, è la migliore parola che questa terra ha detto.