Grazie Cuba, per i tuoi

52 anni di lotta!

 

24 dicembre 2009 - Percy Francisco Alvarado Godoy www.granma.cu

Scrittore del Guatemala ed ex agente della sicurezza dello Stato di Cuba

 

Perchè è il 52º Anno

della Rivoluzione

 

Granma ha ricevuto numerose chiamate di lettori con dubbi su perchè denominare il 2010 come il 52º Anno della Rivoluzione, quando abbiamo appena terminato di festeggiare il 50º Anniversario del Trionfo della storica epopea.

Per chiarire questi dubbi dobbiamo dire che il nome usato è coerente, perchè effettivamente, a partire da questo 1º Gennaio, il nostro processo rivoluzionario comincerà a vivere il 52º Anno d’esistenza, anche se il compleanno  sarà la stessa data nel dicembre  del 2011.

Quando un bambino nasce  - questo è un esempio per chiarire -  il suo primo anno comincia dal momento della nascita e sino al 365º giorno -  e questo per un calendario di dodici mesi. Poi, da quell’istante, comincia  vivere il suo secondo anno Questa logica indica che nel 2010 situiamo il 52º Anno della Rivoluzione.

Forse la denominazione degli ultimi due anni può determinare confusione, ma se si analizza, partendo dalla spiegazione appena esposta, si vede che il 2008 è stato il 50º Anno di Rivoluzione ed il 2009, l’Anno del 50º Anniversario del Trionfo della Rivoluzione.

L’accordo dell’Assemblea Nazionale del Poder Popular dice che la denominazione degli anni si segue per numero consecutivo, a meno che non ci siano avvenimenti o commemorazioni speciali che si vogliano far risaltare per la loro eccezionalità e questo è avvenuto con il 2009, che sarebbe stato il 51º Anno della Rivoluzione, se non ci fosse stata la rievocazione dello straordinario 60º Anniversario del Trionfo.

Vigilia di Natale 2009.

 

Che   mi   perdonino,  oggi,   quelli  che  includo  in   questa  breveriflessione, in una sui generis notte di Natale, che, dopo un bicchiere di vino economico, ma confortante al punto da aprire il cuore, ci fa pensare che saremo sempre indebitati con questa bella terra che è stata patria di sognatori capaci di rendere possibile qualsiasi sogno emancipatore a furia di metterci l’anima e apprendere da Cuba il meglio che ognuno si porta nei limitati meandri del suo cuore.

 

Per Cuba passarono decine di uomini di valore, molti dei quali sognarono in ogni semplice e tranquilla strada del Vedado o di una qualsiasi delle loro città, o in quell’Avana eterna che entra, senza permesso, nella mente delle persone e converte in realtà i sogni più impossibili. Penso adesso a Daniel, che per fortuna affronta la responsabilità di portare avanti la sua amata Nicaragua, e tanti veri sandinisti, per impastare in una notte come questa un mondo migliore per i suoi cari. Penso in quel buon dominicano, Caamaño di cognome, che versò il suo generoso sangue per regalare alla sua Patria il seme della più degna speranza. Penso a Jorge Ricardo e ad altri nomi sconosciuti, che scommisero su quest’Isola fatta per l’amore e per la lotta, come lo fecero per la loro stessa patria.

 

Penso, ovviamente, in tutti quelli che in te incontrarono, Patria amata, un pezzo della nostra lontana terra, sommessa ad un esilio doloroso ed educativo, e offesa e calpestata dallo stivale dell’oppressore e dal suo socio intervenzionista, Patria che ci chiamava con urgenza. Non importa se fummo guatemaltechi, salvadoregni, messicani, honduregni, argentini, cileni, urugayani, o di qualsiasi luogo del mondo, ma incontrammo in te la coperta della madre necessaria e comprensiva.

 

Penso a te, Hugo (perdonami se ti do del tu), a Evo, a te, amico Joel Cazal, lottando per la vita e con il privilegio di avere un figlio che vale per mille, a Correa, ed infine, a tanta buona gente che Cuba ha avuto la prerogativa di unire e rendere utile. Penso a te, Mario Carranza, giovane guatemalteco che a 17 anni andasti alla Sierra per offrire, assieme a Fidel, un mondo migliore. Penso anche a te, Jorge Navarro, combattente della Colonna 1 che, senza essere straniero, te ne andasti senza permesso per sempre, facendomi ricordare che l’America ha sempre avuto un soldato in te.

 

Grazie Cuba per ospitare ognuno dei nostri sogni e mantenerli vivi con te. Molti dei nostri amati riposano nella tua terra fertile e generosa, come un impegno per dar loro sepoltura in ogni angolo delle nostre case, quando la libertà sarà il miglior tributo che potremo offrir loro.

 

Qualche giorno fa abbiamo dato l’addio a Merchi, a quella argentina combattente e solitaria che è scappata alle nostre mani per farsi grande nel ricordo. Così dissi addio un giorno a mia madre, quasi 28 anni fa, dicendo: Grazie Fidel, per permettermi di morire nella tua terra! Cuba ha sempre avuto una strana magia che ci fa sentirla nostra, tanto fino a non farci pensare a nient’altro se non a donarci a lei, senza chiederle nulla in cambio.

 

Passo ore ed ore nella lotta quotidiana della difesa di Cuba da quelli che la denigrano e l’attaccano. Oggi, tuttavia, chiedo il permesso al mio cervello di dare un’opportunità al cuore. Voglio portarmi avanti di qualche giorno per celebrare il suo 52° compleanno.

 

Ho umilmente dedicato 22 anni della mia vita all’onorevole incarico di difenderti, Cuba, in una trincea difficile e anonima, nella quale hanno lottato assieme a me, senza che io lo sapessi, Antonio, Ramón, Gerardo, René e Fernando. Lì ho avuto il privilegio di non tradire mai quegli ufficiali che, per rispetto alla mia nazionalità, mi fecero giurare fedeltà alle idee, non con l’inno nazionale cubano, ma con la marcia dell’America Latina. Io sono tornato a casa mia, è vero, però loro sono rimasti in un’indegna prigione ed in una nuova battaglia, gigante, nella quale, però, neppure io ho mai immaginato che potesse entrare tanta dignità e tanta forza d’animo. Dopo tanti anni, godo del privilegio del non averti mai tradito, Cuba amata. Non è niente di straordinario. I miei genitori e molti dei miei amici che se ne sono andati semplicemente senza dire addio, avrebbero fatto la stessa cosa.  La stessa cosa avrebbe fatto qualsiasi contadino o operaio cubano.

 

Mi restano solamente due cose da dire.

 

La prima è che conservo dentro di me l’enorme privilegio di essere uno degli umili soldati della truppa internazionalista latinoamericana, che sarà per sempre guidata dal Che. Perché lui vivrà sempre, un pochino, ripartito in mille pezzi, in ogni cuore di noi che ti amiamo, Cuba cara. Ti abbiamo dato il meglio di noi stessi, e ti chiediamo solo di contare su di noi per la prossima battaglia.

 

La seconda verità, e mi perdonino quelli per cui parlo senza chiedere permesso, è che non ci sarà mai miglior ricompensa e ringraziamento per quello che ciascuno ha fatto, o che si faccia per Cuba, della vita di ogni bambino delle nostre patrie salvato da un medico cubano.

 

Datemi del bugiardo, perchè ho ancora un po’ di vino nel bicchiere, e ne approfitto per brindare a te, Fidel, e per dirti che ti ringrazio infinitamente per essere esistito e per continuare ad essere presente nella lotta. Te lo dico in questa vigilia, nella quale, senza smettere di sentire la mancanza del mio lontano Guatemala, l’unica cosa che mi resta da fare, è aspettare il tuo prossimo ordine di combattimento.

 

E soprattutto, grazie a te, Rivoluzione Cubana, per i tuoi 52 anni, che un sessantenne con un po’ di vino nel bicchiere, lo fai sempre sentire un ragazzo quindicenne.