Il 28 ottobre nuovamente si voterà  per

 

l’eliminazione del blocco genocida contro

 

Cuba reclamata dalla stragrande maggioranza

 

delle nazioni del pianeta

 

Discorso del compagno Bruno Rodríguez Parrilla, Ministro delle Relazioni Esteriori della Repubblica di Cuba, nel dibattito generale del 64° periodo di sessione dell’Assemblea Generale dell’ONU

 

29 settembre 2009


 

Signor Presidente:

 

Desidero congratularmi per la sua elezione, e confermare la nostra fiducia nella sua capacità di condurre con sicurezza i nostri lavori e le nostre deliberazioni.

 

Desidero inoltre riconoscere l’eccellente gestione di Padre Miguel D’Escoto, Presidente del recentemente concluso periodo di sessioni. La dimensione etica e la portata politica della sua Presidenza ci hanno fatto avanzare nel proposito di devolvere a questa Assemblea tutti i suoi poteri e costituiranno un obbligato riferimento nel futuro. Attraverso il suo esempio si è reso chiaro che riformare le Nazioni Unite vuol dire democratizzarle e avvicinarle ai popoli.

 

Da quando si è celebrato, un anno fa, il dibattito generale, si sono verificati eventi significativi nella scena internazionale. Il cambio climatico si è fatto più percepibile e pericoloso, la crisi economica ha acquisito un carattere intenso e globale ed è cresciuta l’esclusione sociale.

 

Tuttavia, la comunità internazionale ha reagito con profondo ottimismo al cambio di Governo in Washington. Sembrava che terminasse una tappa di estrema aggressività, unilateralismo ed arroganza nella politica estera di quel Paese, mentre l’infame eredità del regime di George W. Bush continuava a suscitare ripugnanza.

 

Come fu possibile apprezzare in questa stessa sala, il discorso innovativo e conciliatore dell’attuale inquilino della Casa Bianca, infonde grande speranza, ed i suoi reiterati messaggi di cambio, dialogo e cooperazione, sono stati benvenuti.

 

Sfortunatamente, il tempo trascorre ed il discorso non sembra sostenersi su fatti concreti. Il discorso e la realtà non coincidono.

 

La cosa più grave e pericolosa di questa nuova situazione è l’incertezza circa la capacità reale delle attuali autorità a Washington di superare le correnti politiche ed ideologiche che sotto il precedente mandatario minacciavano il mondo.

 

I gruppi neoconservatori che collocarono George Bush alla Presidenza promotrice dell’uso della forza e la dominazione, responsabili di crimini che includono la tortura, l’omicidio e la manipolazione del popolo statunitense, si sono raggruppati rapidamente e conservano immense risorse di potere ed influenze contrarie al cambio annunciato.

 

Non è stato chiuso il centro di detenzione e tortura situato nella Base Navale di Guantánamo che usurpa il territorio cubano. Non si è prodotta la ritirata delle truppe d’occupazione in Iraq e la guerra in Afghanistan si espande, minacciando gli altri Stati.

 

Nel caso di Cuba, che ha sofferto l’aggressione degli Stati Uniti per mezzo secolo, il nuovo Governo ha annunciato, il passato aprile, misure per sopprimere alcune delle azioni più brutali di George W. Bush, che proibivano i vincoli dei Cubani residenti negli Stati Uniti, con i propri familiari rimasti a Cuba, in particolare, la possibilità di visitarli ed inviare loro aiuti senza limitazioni. Queste misure costituiscono un passo positivo, ma estremamente limitato ed insufficiente.

 

L’annuncio includeva l’autorizzazione per le imprese statunitensi a realizzare determinate operazioni di telecomunicazioni con Cuba, ma non si sono modificate altre restrizioni, che impediscono l’applicazione delle prime. Non ci sono neppure segni che indichino che il Governo nordamericano sia disposto a poner fine alla pratica immorale, estesa negli ultimi giorni, di rubare fondi cubani congelati in banche nordamericane ed altri beni, dietro gli ordini di giudici venali che violano le proprie stesse leggi.

 

L’essenziale è che l’embargo economico, commerciale e finanziario contro Cuba permanga intatto.

 

Il Presidente degli Stati Uniti, a dispetto dell’esistenza di leggi come la Helms-Burton, conserva ampie facoltà esecutive, come le licenze, mediante le quali potrebbe modificare l’applicazione dell’embargo.

 

Se esistesse una reale volontà  di cambio, il Governo nordamericano potrebbe autorizzare l’esportazione di beni e servizi cubani agli Stati Uniti e viceversa.

 

Potrebbe permettere a Cuba di acquistare in qualsiasi parte del mondo un prodotto che contenga più del 10% delle sue componenti o della sua tecnologia proveniente dagli Stati Uniti, indipendentemente della sua marca o origine.

 

Il Dipartimento del Tesoro potrebbe astenersi dal perseguire, congelare e confiscare i trasferimenti di denaro da Paesi terzi in dollari statunitensi o altre valute, diretti ad entità e nazionali cubani.

 

Washington potrebbe sospendere la proibizione alle imbarcazioni di Paesi terzi di attraccare in porti statunitensi fino a 180 giorni dopo aver toccato un porto cubano.

 

Si potrebbe anche sospendere la persecuzione, da parte del Dipartimento del Tesoro, delle imprese ed entità finanziarie che commerciano e operano con Cuba.

 

Il Presidente Obama potrebbe permettere ai cittadini statunitensi, attraverso licenze, di viaggiare a Cuba, unico Paese del mondo che viene loro proibito di visitare.

 

Il rapporto reso a quest’Assemblea da parte del Segretario Generale delle Nazioni Unite, parla con abbondanza di esempi. Nell’anno 2009, sono state registrate numerose azioni miranti a multare, confiscare o intorpidire transazioni cubane, o di Paesi terzi a Cuba.

 

Stando allo stesso Dipartimento del Tesoro, da gennaio di quest’anno, quasi la metà del denaro confiscato dall’Ufficio di Controllo degli Attivi Stranieri, proveniva dalle sanzioni applicate alle imprese statunitensi e straniere per presunte violazioni dell’embargo economico contro Cuba.

 

Il fatto certo ed indiscutibile è  che il nuovo Governo degli Stati Uniti permane senza ascoltare il reclamo della comunità internazionale, espresso in quest’Assemblea Generale anno dopo anno, affinché si possa porre fine all’embargo contro Cuba.

 

Due settimane fa, il Presidente Obama ha notificato ai Segretari di Stato e del Tesoro, contro tutte le inchieste di opinione dei nordamericani, che “è di interesse nazionale” mantenere le sanzioni economiche contro Cuba in virtù della Legge del Commercio con il Nemico, approvata nel 1917 per affrontare situazioni di guerra, e che viene applicata solamente contro Cuba.

 

L’embargo degli Stati Uniti contro Cuba è un atto di aggressione unilaterale che deve terminare in maniera unilaterale.

 

Da molti anni ormai, Cuba ha espresso la sua disponibilità a normalizzare le relazioni con gli Stati Uniti.

 

Lo scorso primo agosto, il Presidente Raúl Castro ha reiterato pubblicamente la disponibilità di Cuba a sostenere con gli Stati Uniti un dialogo rispettoso, tra pari, senza pericoli per la nostra indipendenza, sovranità ed autodeterminazione. Ha assicurato che dobbiamo rispettare mutuamente le nostre differenze e che non sarà riconosciuta al Governo di quel Paese, né a nessun altro, e tanto meno a gruppi di Stati, giurisdizione sopra i nostri affari interni e sovrani.

 

Il Governo cubano ha proposto a quello statunitense come temi essenziali che considera necessario trattare, un eventuale processo di dialogo diretto a migliorare le relazioni, la caduta dell’embargo economico, commerciale e finanziario, l’esclusione di Cuba dalla lista dei Paesi terroristi, l’abrogazione della Ley de Adjuste Cubano, e la “politica del piede secco-piede bagnato”, la compensazione per danni economici e umani, la restituzione del territorio occupato dalla Base Navale di Guantánamo, ed infine la cessazione del finanziamento alla sovversione interna.

 

Un tema essenziale in questa agenda è la liberazione dei Cinque antiterroristi cubani sottoposti da 11 anni, all’ingiusta incarcerazione negli Stati Uniti. Il Presidente Obama ha le prerogative costituzionali per metterli in libertà, come atto di giustizia e di impegno del suo Governo contro il terrorismo.

Abbiamo anche proposto agli Stati Uniti, oltre di iniziare conversazioni per stabilire una cooperazione nella lotta al narcotraffico, al terrorismo ed al traffico di persone, di proteggere il medio ambiente ed affrontare i disastri naturali.

 

In questo spirito, il Governo cubano ha sostenuto, con quello degli Stati Uniti, un dialogo sul ristabilimento del servizio di posta diretta. Questo dialogo è stato rispettoso ed utile.

 

Signor Presidente:

 

Cuba gode di vincoli ampi e produttivi con tutti gli angoli del pianeta. Con l’unica eccezione degli Stati Uniti, Cuba ha relazioni di amicizia con tutti i Paesi di questo emisfero, e dispone della solidarietà della regione.

 

Pratichiamo la cooperazione solidaria con decine di Paesi dell’Africa, Asia, America Latina e dei Caraibi.

 

Il nostro è un Paese stabile, con un popolo unito, colto e in salute, che ha dimostrato di essere in grado di affrontare, anche in condizioni di embargo, le conseguenze della crisi economica globale e gli effetti del cambio climatico che nell’ultimo anno sono costati all’economia nazionale il 20% del suo Prodotto Interno Lordo.

 

Cuba si trova nella posizione di potersi far carico dei suoi propri problemi per trovare loro una soluzione. Lo facciamo in una società giusta ed equa, che vive dei suoi sforzi, e ha potuto avanzare intraprendendo il cammino del suo sviluppo nelle condizioni più avverse.

 

Siamo preparati a continuare ad affrontare queste sfide con equanimità e pazienza, con la fiducia nel fatto che nessun cittadino rimanga o rimarrà abbandonato a sé stesso, e con la sicurezza della difesa di una causa d’indipendenza nazionale ed un progetto socialista che conta con il grandissimo appoggio dei Cubani.

 

Prende un abbaglio chi cerca di porre fine alla Rivoluzione e piegare la volontà del popolo cubano. Il patriottismo, la giustizia sociale, e la decisione di difendere l’indipendenza, formano parte della nostra identità nazionale.

 

L’America Latina e Cuba vivono una drammatica congiuntura, che si definisce per l’acuta contraddizione esistente tra le grandi maggioranze che, insieme ai Governi progressisti e ad ampi movimenti sociali, reclamano giustizia ed equità, e le oligarchie tradizionali occupate a preservare i propri privilegi.

 

Il Colpo di Stato in Honduras è un riflesso. I golpisti e gli usurpatori che hanno sequestrato il Presidente legittimo di quel Paese, violano la Costituzione e reprimono brutalmente il popolo, come nell’epoca oscura delle dittature militari sostenute dagli Stati Uniti in America Latina.

 

Centinaia di migliaia di omicidi, sparizioni e torture si agitano nella coscienza della “Nostra America” di fronte all’impunità.

Non si è ancora reso chiaro il perché l’aereo che sequestrava il Presidente costituzionale abbia fatto scalo nella Base Aerea nordamericana di Palmerola. La destra fascista statunitense, rappresentata da Cheney, appoggia apertamente e sostiene il golpe.

 

Il Presidente José Manuel Zelaya deve essere restituito, di forma piena, immediata ed incondizionata nell’esercizio delle sue funzioni costituzionali.

 

L’inviolabilità dell’Ambasciata di Brasile a Tegucigalpa deve essere rispettata e l’assedio e l’aggressione ai suoi danni deve cessare.

 

Il popolo honduregno resiste eroicamente e dirà l’ultima parola.

 

Questi fatti coincidono con il rinnovato ed aggressivo interesse degli Stati Uniti di impiantare basi militari in America Latina e con il ristabilimento della Quarta Flotta, ovviamente con l’obiettivo di porre la regione alla portata delle truppe statunitensi in sole poche ore, minacciare i processi rivoluzionari e progressisti, in particolare la Rivoluzione Bolivariana nel fratello Stato del Venezuela, e di procurare il controllo del petrolio e di altre risorse naturali della regione.

 

Le calunnie e le bugie contro la Repubblica Bolivariana di Venezuela sono brutali. Bisogna ricordare che così sorsero e si mantennero atroci aggressioni contro la nostra Patria.

 

Quanto più ampia e più  chiara è la politica verso questo Paese fratello, tanto più si contribuirà alla pace, l’indipendenza e lo sviluppo dei popoli di America Latina e dei Caraibi.

 

L’America Latina ed i Caraibi possono avanzare, e fino ad un certo grado avanzano, verso forme nuove e superiori di integrazione. Dispongono di acqua, terre, boschi, risorse minerali ed energetiche superiori a qualsiasi altra regione del pianeta.

 

La loro popolazione supera i 570 milioni di persone.

 

Il Gruppo di Río, il Vertice dell’America Latina e dei Caraibi sull’Integrazione e lo Sviluppo (CALC), e l’UNASUR sono organismi creati in virtù dei legami che ci uniscono.

 

L’Alleanza Bolivariana per i Popoli di Nostra America (ALBA-TCP) e lo schema di cooperazione PETROCARIBE, sono esempi chiave.

 

Signor Presidente:

 

I pronostici ottimisti di Pittsburgh sull’evoluzione della crisi economica globale, che auspicano un possibile recupero economico per il principio del prossimo anno, non si fondano su dati solidi e, nel migliore dei casi, si riferiscono solo ad un allevio nella caduta sperimentata da un gruppo molto ristretto delle economie più potenti del pianeta. Chiama all’attenzione che si siano fissati gli obiettivi, però non sia stata detta una parola su come realizzarli.

 

Nessuno dovrebbe ignorare che si tratta di una crisi inedita del sistema capitalista che ingloba le diverse crisi, alimentaria, energetica, ecologica, sociale e finanziaria, e neppure il pericolo della combinazione inflazione-debito, dello scoppio di altre bolle finanziarie o di una seconda caduta.

 

I Paesi in via di sviluppo non sono responsabili, bensì vittime delle conseguenze del modello irrazionale ed insostenibile di consumo, dello sfruttamento e della speculazione, dell’attacco al medio ambiente, della corruzione nelle economie industrializzate.

 

Mentre si dibatte, il numero di affamati raggiungerà una cifra record di 1.020 milioni di persone nel 2009, un sesto della popolazione mondiale. In quest’anno 90 milioni di persone in più precipiteranno nella povertà, e 50 milioni nella disoccupazione. Altri 400 mila bambini, secondo le previsioni, moriranno in conseguenza della crisi in questi mesi.

 

Le misure che si adottano sono semplici palliativi, che preservano le gravi deficienze di un sistema economico internazionale ingiusto, escludente ed ecologicamente insostenibile. È necessario un dialogo internazionale, pienamente inclusivo, con l’attiva partecipazione di tutti i Paesi in via di sviluppo.

 

È necessario stabilire un nuovo ordine economico internazionale, basato nella solidarietà, giustizia, equità e sviluppo sostenibile. L’architettura finanziaria internazionale deve essere rifondata. Alle Nazioni Unite, ed in particolare in questa Assemblea Generale, corrisponde un ruolo centrale in questo sforzo.

 

Signor Presidente:

 

Concludendo questo discorso, desidero reiterare il ringraziamento di Cuba per la tradizionale ed inapprezzabile solidarietà ricevuta da questa Assemblea Generale nella sua lotta contro l’aggressione e l’embargo. Oggi questa solidarietà continua ad essere imprescindibile.

 

Come espresse il Comandante in Capo Fidel Castro Ruz su questo stesso podio nove anni fa: “Nulla di ciò che esiste nell’ordine economico e politico serve agli interessi dell’umanità. Non può essere sostenuto. Bisogna cambiarlo.

 

Basta ricordare che siamo più di sei miliardi di abitanti,l’80% dei quali è povero. Malattie millenarie nei Paesi del Terzo Mondo come la malaria, la tubercolosi ed altre egualmente mortali non sono state vinte. Nuove epidemie come l’HIV minacciano di estinguere la popolazione di Nazioni intere, mentre i Paesi ricchi investono somme favolose in spese militari e lussi, e una plaga vorace di speculatori scambiano monete, azioni ed altri valori reali o fittizi, per somme che si elevano a milioni di milioni di dollari ogni giorno. La natura viene distrutta, il clima cambia a vista d’occhio, le acque per il consumo umano si contaminano e scarseggiano, i mari vedono esaurirsi le fonti di alimento per gli uomini, risorse vitali non rinnovabili si sprecano tra lussi e vanità…Il sogno di raggiungere norme realmente giuste e razionali che guidino il destino umano, a molti sembra impossibile. La nostra convinzione è che la lotta per ciò che è impossibile deve essere lo slogan di questa istituzione che oggi ci riunisce!”

 

Nonostante tutto, la Rivoluzione cubana celebra vittoriosa e sicura il suo 50° Anniversario.