Eppur si muove. A 51 anni

 

dalla Rivoluzione

 

 

 

30 dicembre '09 - A.Riccio www.giannimina-latinoamerica.it

 

 

Il domenicale Juventud Rebelde, giornale della gioventù cubana, il 27 dicembre, all’approssimarsi della fatidica data del 1° gennaio, quando si celebra allo stesso tempo il nuovo anno e un anno in più della Rivoluzione, ha raccolto le opinioni, i desideri, le critiche di un campionario di cittadini, agricoltori, ingegneri industriali, casalinghe, artisti, medici, ecc. fra cui il Gran Maestro della Loggia Massonica di Cuba che augura al paese quella che per i suoi affiliati è la cosa più importante: “essere uomini liberi e di buoni costumi”.

 

Ma due interventi mi sono parsi particolarmente significativi, quello di una giornalista e docente universitaria che auspica che per il nuovo anno vi sia una ripresa dell’economia, un desiderio quanto mai attuale visto lo stato deplorevole in cui versano le finanze del paese,e, insieme a questo ovvio auspicio, il desiderio che il 2010 sia l’anno in cui il cavo sottomarino in fibra ottica che dovrebbe collegare Cuba al Venezuela diventi realtà facendo, finalmente, dell’isola uno spazio connesso. Le persone hanno cose da dire, ha dichiarato la giornalista, vogliono ascoltare ed essere ascoltate, unirsi intorno a idee comuni, un sogno che Internet rende possibile e che lei si augura di veder realizzato nel 2010.

 

E’ un desiderio molto comprensibile per questa società che si dibatte fra un livello di preparazione tecnica, culturale e intellettuale notevole e una selva di difficoltà di ogni genere per poter sviluppare e rendere concrete le aspirazioni, i progetti, i propositi che scaturiscono dalle riflessioni, le analisi e i dibattiti.

 

L’analista Fernando Martínez Heredia, uno degli intellettuali di maggior rilievo nell’isola, chiude il giro di opinioni che Juventud Rebelde ha raccolto sugli auspici per l’anno nuovo e per il 51° anniversario della Rivoluzione. L’esordio è fulminante: “Nel 2010 Cuba continuerà a sfidarci. Dobbiamo studiare, analizzare e conoscere il paese attuale, le sue realtà, i suoi conflitti e le sue tendenze; le persone, i gruppi sociali e i processi in corso. E dobbiamo farlo per offrirne i risultati alla società, affinché essa se ne avvalga onestamente e con coraggio.”

 

La posizione intellettuale di Martínez Heredia non potrebbe essere più chiara di così: la storia di Cuba, così complicata e particolare, ha fatto della realtà del paese una sfida permanente non solo nel contesto internazionale per la sua testarda difesa della sovranità dei popoli e per la denuncia dell’imperialismo, ma anche all’interno di una società che nei 51 anni della sua storia rivoluzionaria ha dovuto affrontare numerosi cambiamenti e profondissime crisi occasionate prevalentemente da una mai risolta politica economica. A causa della pressante priorità di difendersi e della volontà di creare una società nuova, la politica economica cubana, pur fra numerosi tentativi di trovare risorse proprie (lo zucchero, il turismo, il nichel, la biotecnologia, ecc.), si è spesso ridotta a contare sugli aiuti che il campo socialista prima e il Venezuela negli ultimi anni, le hanno offerto.

 

In questo fine anno è proprio l’economia a fare crisi: le casse dello stato sono vuote, agli impresari stranieri viene chiesta pazienza: saranno pagati –è una questione d’onore- ma nel frattempo non si può portare fuori dal paese neanche un centesimo.

 

Di questo ha parlato il Presidente Raúl Castro il 20 dicembre scorso nella seduta dell’Assemblea Nazionale e di questo si discute con preoccupazione oggi a Cuba.

 

Martínez Heredia avverte nel suo auspicio per il prossimo anno che “abbiamo davanti a noi problemi essenziali, come la sorda e gigantesca guerra culturale interna in corso a Cuba fra socialismo e capitalismo. [ ... ] Bisogna incrementare la partecipazione e il controllo popolari per rafforzare il processo rivoluzionario. D’altro canto, il dibattito è tanto necessario alla società come lo è il respiro per le persone. [ ... ] Non sono necessarie risorse materiali per essere solidali e fraterni; per essere laboriosi e non vivere dello sforzo altrui o girando le spalle alle necessità del paese; per retribuire il lavoro e distribuire la ricchezza con giustizia sociale; per servire gli altri come vorremmo essere serviti noi; per offrire una nuova educazione ai bambini e ai giovani; perché i mezzi di comunicazione siano reali e utili al popolo; perché la politica sia un luogo di partecipazione popolare, di servizio, di creazione e di iniziative.”

 

Per quel che riesco a capire, sono proprio questi i problemi e le inquietudini che preoccupano i cubani alle soglie del 51 anno di una rivoluzione che sta ancora a cuore a questo popolo coraggioso e tenace.

 

 

P.S. – finisco di leggere il giornale e mi chiedo come mai la stampa europea consideri le lievi vignette di vita quotidiana di Yoani Sánchez come le uniche cronache da quest’isola e da questa rivoluzione. Isola e Rivoluzione che sono certamente invecchiate, ma che sono ancora vive e decise ad affrontare nuove sfide.

 

La Habana 28.12.2009