"Yoani Sanchez

chi ti paga?"

 

 

3 dicembre '09 - M.Carena www.agoravox.it

 

 

L’ultima "dissidente" cubana fabbricata dai mainstream globali porta il nome di Yoani Sanchez.

Curiosamente essa NON compare nella lista dei "dissidenti cubani" di Wikipedia
(en.wikipedia.org/wiki/Category:Cuban_dissidents).

Strano.

Questa sedicente "blogger antisistema" afferma di guadagnarsi da vivere facendo la guida turistica (peraltro senza autorizzazione, eh già, il regime...) e di riuscire a gestire il suo blog "dissidente" usando le connessioni satellitari delle hall degli alberghi.

Strano.

Visto che, come lei stessa ripete come un disco rotto, a Cuba c’è una grande povertà, dove li prende i soldi per aggiornare il suo blog?

La Sanchez viene spacciata dai media occidentali come una vittima della censura del regime cubano. Strana censura. Visto che è proprio col web che "agisce" questa pretesa "cyberdissidente".

Il blog della Sanchez
(www.desdecuba.com/generaciony/) è stato tradotto in 18 lingue. I suoi post vengono ripresi e propalati ossessivamente dalla propaganda occidentale tra cui, in Italia, il settimanale "Internazionale", dove la Sanchez ha una rubrica fissa e La Stampa dove Gordiano Lupi cura la traduzione del blog in lingua italiana. Il Fatto Quotidiano, poi, ha addirittura indetto una raccolta di firme, da inoltrare all’ambasciata cubana, in risposta alla presunta aggressione che la blogger avrebbe subito, il 6 novembre di quest’anno, da parte della polizia del suo Paese.

Strano.

Abbiamo verificato (su Alexa) che non esistono altri casi al mondo di illustri sconosciuti tradotti in 18 lingue. Anzi, nemmeno il "Washington Post" o "Al Jazeera" o il blog del Beppe nazionale hanno una tale schiera di traduttori ufficiali.

E, per le decine di giornalisti colombiani o messicani morti ammazzati ogni anno, non sono state proposte rubriche o raccolte firme in Italia, né gli vengono dedicati vibranti editoriali sui mainstream.

Solo il blog della Sanchez, tra i milioni di blog al mondo, riceve tanta attenzione dai mainstream.

Lo stesso blog, inoltre, è registrato su GoDaddy, la compagnia usata dal Pentagono per la cyberguerra. Una coincidenza.

Di cyberguerra USA contro Cuba ci parla anche Gianni Minà in "Latinoamerica" (n 106)
(www.giannimina.it/index.php).

Per non parlare poi del server in Germania (Cronos AG Regesburg); grazie a ciò la bloggera alla moda ha a disposizione una memoria a lungo e altissimo traffico, per non dire di una banda enorme, cose sconosciute al resto dei cubani (Cuba è priva di connessioni via cavo col resto del mondo a causa dell’embargo USA).

Il blog di Yoani Sanchez è una vera stranezza, per chi voglia usare il cervello e non ululare alla Luna non appena si nomina la "Cuba" della rivoluzione socialista di Fidel Castro, come fanno i giornalisti proni al regime neoliberale, che detta loro cosa scrivere, cosa pensare, cosa farci pensare.

E, ancora più strano, non esistono prove della presunta aggressione di cui sarebbe stata recentemente vittima la Sanchez
(fulviogrimaldi.blogspot.com/2009/11/yoani-sanchez-pesci-pilota-e-pesci.html).

Se i "giornalisti" dei periodici prima menzionati avessero rispettato la prima regola del giornalismo, ovvero quella di verificare le "notizie" si sarebbero accorti che non c’era nulla a suffragare le menzogne della bloggera così alla moda oggi.

Nulla a parte il vaniloquio di un brand propagandistico costruito dai poteri forti che impongono lo sfruttamento del pianeta e che non possono tollerare l’esempio di giustizia sociale della Revolucion cubana.

Sì, perché, se hai fame, la giustizia sociale è molto più importante dei cosiddetti "diritti umani" e della cosiddetta "libertà di espressione", null’altro che vecchi arnesi propagandistici al servizio della guerra ideologica delle cosiddette "democrazie" occidentali. Quelle di
Guantanamo, della pena di morte, di Stefano Cucchi, del lavoro minorile, delle elezioni senza preferenza, della privatizzazione dell’acqua...

Ma sputare sul socialismo, negli ambienti della casta e nei regimi cosiddetti "democratici post industriali", paga. Paga sempre. Specie quando ci si rivolge a popoli sempre più ignoranti e lobotomizzati dalla tv di stato.

In Italia, Paese di grande libertà di espressione, dove un vecchio satrapo, amico dei peggiori dittatori del pianeta, ha in pugno il 90% della tv, dove il mestiere di giornalista è regolamentato dallo stato e dove lo stesso stato tiene a libro paga (aiuti all’editoria) gli organi di propaganda, pardon, di "informazione", e ne nomina i direttori di rete, nessuno di questi sedicenti "giornalisti" (mainstream), dico nessuno, si è preso la briga di verificare le affermazioni della Sanchez.

C’è qualcuno, però, che lo ha fatto.

Si chiama Fernando Ravsberg, corrispondente della BBC che, trovando la blogger (dopo la pretesa "aggressione poliziesca") in perfette condizioni di salute e senza alcun segno apparente di percosse, le ha chiesto prove a sostegno delle sue affermazioni.

Si è sentito rispondere (testuale): "Ho diverse contusioni, in particolare sui glutei, ma non posso mostrarle"... Insomma: i segni erano sul sedere e lei, per pudore, non poteva mostrarli... Verrebbe da riderle in faccia!

E sono queste le "fonti" dei nostri mainstream. E’ così che, giorno dopo giorno, si perpetua il lavaggio del cervello.

Bisogna far odiare al popolino catodicamente eterodiretto (noi) anche la parola stessa "socialismo", così da permettere alle classi dirigenti (padrone dei media) la privatizzazione di tutto il possibile e l’immaginabile.

E qui diamo la parola a Stefano Citati che, sul Fatto Quotidiano (n 41, 8 nov 2009), sostiene con un suo pezzo la raccolta di firme per la Sanchez. "Quello che è successo all’Avana è un avvertimento mafioso in stile camorra-Gomorra, è stato scritto (dalla Sanchez, ndr), ma ricorda ancor più le modalità della sparizione di tanti oppositori ai regimi fascisti latinoamericani degli anni 70/80".

"Avvertimento mafioso stile camorra" ?

Ogni commento, per chi non abbia dato il cervello all’ammasso o non scriva per soldi come i giornalisti mainstream, è superfluo.

Che la Sanchez, marionetta della propaganda USA, non sappia bene cos’è la camorra, passi.

Più grave che non lo sappia Citati, avallando la fantasiosa e ridicola prosa della bloggera alla moda.

E se Citati conoscesse la storia saprebbe che i "desaparecidos" sono stati diverse decine di migliaia e non sono mai tornati, a differenza della Sanchez e del suoi pretesi venti minuti di "rapimento".

Citati ha insultato la memoria dei desaparecidos, e mi ha ricordato una recente infelice battuta del premier sul medesimo argomento. Una battuta tanto disgustosa che non voglio nemmeno ricordare e che mi ha fatto vergognare di essere italiano.

Sempre Citati ci racconta poi che la "cyberdissidente" sarebbe stata "gettata fuori dall’auto, con escoriazioni e lividi...", che però nessuno ha avuto modo di vedere.

Se la Sanchez fosse stata a Villa Grimaldi o vittima dei Casalesi porterebbe segni ben diversi o, più facilmente, sarebbe morta.

Solo Citati può lanciarsi, con sprezzo del ridicolo, in paralleli tanto strampalati quanto offensivi per le vere vittime.

E’ evidente che sia l’uno che l’altra non sanno di cosa parlano.

Purtroppo Citati è in abbondante compagnia.

Contro Cuba abbiamo puntualmente i dotti elzeviri di Pierluigi Battista sul Corsera e poi gli articoli di Rocco Cotroneo, che diffama Cuba da Rio de Janeiro.

Su Repubblica è Omero Ciai a intervistare gli assassini della mafia cubano-americana di Miami invece delle vittime.

Per La Stampa è invece tal Gordiano Lupi che si accolla il duro lavoro di propalare pseudonotizie prive di ogni verifica, traducendo il blog della Sanchez. E si potrebbe continuare.

E questi sarebbero dei giornalisti?

Questi sono ignobili corifei del regime che disonorano e stuprano una delle più nobili professioni umane: raccontare la verità.

Dove sarebbero i segni delle percosse, signora Sanchez? Chi accusa ha l’onere della prova.

Chi ti ha fornito e chi ti paga il blog ad alta tecnologia, su server tedesco e su dominio del Pentagono?

Come fai tu, illustre signora nessuno, senza nemmeno delle pubblicazioni, ad essere insignita di premi (Gasset da ElPais) ed avere contratti a suon di migliaia di euro per il tuo primo libro di quest’anno (15000 euro di anticipo da Rizzoli)?

Come mai proprio tu, che non sei nemmeno una prigioniera di coscienza "ufficiale" (54 secondo
Amnesty nel 2008), e non altri?

Che rapporti hai col gruppo Prisa, proprietario di El Pais, lo stesso che ti ha conferito il "premio letterario Gasset"?

In realtà il blog della Sanchez è un’arma mediatica di propaganda contro la Revolucion cubana. Null’altro.

Il Pentagono ebbe a dire, tempo addietro, che "il web è un sistema d’arma".

Il governo USA, nel 2008, ha stanziato
45 milioni di dollari per "un cambio di governo drastico" nell’isola.

Sin dai tempi di Jefferson e Quincy Adams si parlava dell’annessione di Cuba come "necessaria" ed "irrinunciabile".

L’embargo più lungo (e vergognoso) della storia del mondo, quello contro la Cuba socialista, è lì a dimostrarci che, ai piani alti dell’imperialismo, nulla è cambiato.

Per questo terroristi armati e finanziati dagli USA come i
Basulto, i Carriles, i Frometa, i Bosch vivono felici e protetti a Miami e rilasciani persino interviste in tv e giornali.

Per questo i mainstream ci obbligano pavlovianamente ad associare le conquiste sociali di Cuba con le più spaventose dittature immaginabili.

E’ questo il lavaggio del cervello.

E’ definire la sanità o l’istruzione universali come "marxismo-leninismo" e la più bassa mortalità infantile del continente americano (USA inclusi) come "mancanza di libertà di espressione".

E 70mila medici (spesso in giro per il mondo) e il 35% del parlamento composto da donne noi siamo addestrati dai mainstream ad associarli all’ "illiberale regime castrista"...

La verità è che, secondo Amnesty International, attualmente vi sono una cinquantina di prigionieri politici a Cuba.

Punto. Niente tortura, niente lavoro minorile, niente guerra, niente analfabetismo, nessun problema di disoccupazione o di trovare casa.

E, soprattutto, nessun giornalista ammazzato. Mai.

E’ in Italia che li ammazzano i giornalisti NON a Cuba. Ricordatevelo, penosi pennivendoli mainstream, quando vomitate le vostre calunnie gratuite contro Cuba socialista.

Cuba non scatena guerre imperialiste, non effettua, come l’Italia, rapimenti di stato (
Abu Omar), torture di stato (Genova 2001), leggi razziste (reato di clandestinità).

A Cuba non si massacrano i detenuti come in Italia (Stefano Cucchi).

I prigionieri politici ci sono anche in Occidente. Anche in Italia (Michele Fabiani, per esempio), in Francia (Julien Coupat, per esempio), negli USA (Mumia Abu Jamal, per esempio e gli esempi sarebbero molti).

Invece di puntare il nostro dito (sporco di sangue) dovremmo avere il coraggio di guardarci allo specchio.

Sotto moltissimi aspetti, guardando al (pur imperfetto e migliorabile) socialismo cubano, noi occidentali opulenti, violenti e razzisti, dovremmo arrossire di vergogna. Solo la nostra stolida arroganza, una sesquipedale ignoranza e la propaganda mainstream ce lo impediscono.

Ma non sarà certo la nostra ridicola autorappresentazione a cambiare la realtà dei fatti, della storia.

Quella storia fatta dal popolo di Cuba, e nata dal sogno di un pugno di giovani ragazzi che fecero una rivoluzione. Una vera rivoluzione di un Paese del terzo mondo che non voleva rimanere vittima dell’Occidente.

La storia di Fidel Castro, un uomo (nelle parole di Garcia Marquez) "di costumi austeri e di illusioni insaziabili, con un’educazione formale all’antica, di parole pesate e di modi delicati, e incapace di concepire un’idea che non sia straordinaria". L’anima di quella "rivoluzione imperdonabile" (William Blum) che, col suo esempio, ha dimostrato che "un altro mondo è possibile". Sempre.

Oggi tutta l’America Latina si muove nel solco tracciato dalla Revolucion.

E’ questa la Storia.

E’ questa la realtà che i mainstream e le bloggere prezzolate potranno calunniare, infangare, distorcere, ma mai cancellare.

Nemmeno la bloggera alla moda oggi: Yoani Sanchez. Che parla tanto di "censura" e di "regime" e poi, per coerenza, calunnia il suo Paese col web in banda larga.

E coi soldi di chissà chi ???

 

 

Se i blog sono terapeutici, chi

 paga la terapia di Yoani Sánchez?

 

12.11.09 - fonte www.resistenze.org da www.rebelion.org/noticia.php?id=90093
 
di Norelys Morales Aguilera - La Polilla Cubana 15/08/2009

 

 

Alcuni bloggers d’esperienza dicono che i blog hanno delle virtù terapeutiche. Per Yoani Sánchez la terapia adatta alla sua frustrazione è stata un abile prodotto di comunicazione che soddisfa destroidi, controrivoluzionari e anticubani di ogni sorta.

Troppi sospetti si affacciano allorché si analizza “Generazione Y” e la sua autrice.

Fra milioni di blog esistenti in Internet, di qualunque tematica, non sembra casuale che proprio “Generazione Y” sia stato scelto dal Grupo PRISA e che l’opinione di questa signora sia stata elevata al rango di “voce autorizzata” nel quotidiano El País per vomitare ingiurie su Cuba. E mettendo da parte altri arrivisti che pure si sentono “meritevoli” in tal senso.

Yoani ha i requisiti richiesti per la cyber-dissidenza: essere una specie di “impiegata virtuale”, essere sul posto e subire “repressione e censura” (sebbene le permettano di concedere interviste a destra e a manca), di non essere mai interrotta, come ha potuto constatare la stampa straniera all’Avana, e fare inchieste come lei stessa ha spiegato... Tipico della “raffinata repressione” di cui è vittima la poverina.

Fra le denunce raccolte, come quelle dei colleghi cubani M. H. Lagarde e Rosa Miriam Elizalde, vengono spontanee alcune, ovvie, domande.

1) Per quale motivo il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha dato l’ordine - ordine eseguito - di
far sparire più di 80 siti Internet legati a Cuba perché “fomentavano il commercio” e “violavano le leggi nordamericane”, e non si è accorto del travaso di denaro proprio attraverso Internet verso il sito di Yoani?

In “Generazione Y” appare in evidenza un link per comprare il libro di Yoani in italiano, “Cuba libre”. Lo può fare chiunque tramite PayPal, ma non un cubano che vive a Cuba, perché contravviene le regole dell’embargo, dove la normativa che proibisce il commercio elettronico è molto precisa.

Molti giornalisti rimasti senza lavoro vorrebbero “avere l’abilità” di usare le loro capacità con un servizio di pagamento gateway o elettronico per l’invio di denaro mediante carta di credito. In ogni caso Yoani, a scanso di equivoci, ha il suo bel Copyright © 2009 Generazione Y (All Rights Reserved). Una cosa che nessun cubano può fare nemmeno da Cuba.

2) Chi ha fornito il supporto tecnico del blog? Chi si occupa di mantenerlo in attività?

Quanto costa il servizio di personalizzazione di questo software? Si tratta di un supporto tecnico esclusivo, disegnato da un esperto, il cui salario non lo paga certo Yoani dividendo i suoi guadagni. Il suo “patriottismo”non arriva fino a qui, anche se di denaro ne ha. Dai dati del dominio che appaiono su Internet del portale "Desde Cuba", quello che ospita il blog di Yoani, usa il sistema Joomla. E’ un complesso sistema di gestione di portali dinamici e di contenuti, i cui moduli possono essere abilitati solo da avanzate conoscenze informatiche. E non è il caso di questa signora.

Se “Generazione Y” può sembrare un blog semplice sul piano grafico, l’occhio del blogger coglie subito che non si tratta di un blog comune sul piano dei requisiti tecnici. Ha versioni in 18 lingue diverse (non un semplice traduttore per blogger), un alto traffico, con centinaia di commenti in ogni post, risorse per la pubblicità su Internet e per immagazzinare la memoria a lungo. Tutto ciò si può mantenere solo grazie a una forte sovvenzione. Soltanto per il traffico che provoca questa pagina e i GB di commenti immagazzinati, oltre ai servizi di amministrazione, “Generazione Y” richiede denaro, specie se i suoi server sono in Europa. E non sono gratis!

3) Chi è Josef Biechele, il vecchio amico di Yoani che “disinteressatamente” anni fa ha portato il server Desde Cuba all’estero?

Lui sì, che deve sapere come si sovvenziona questo portale, alloggiato in un server dell’azienda Cronos AG Regensburg, una succursale dell’azienda Strato in Germania.

Se si visita la pagina di questo provider in Internet all’indirizzo
www.cronon-isp.net/index.html si noterà che un utente comune, in questo caso un blogger, non potrebbe essere fra i suoi clienti. Non appare pubblicato né il menù, né la lista dei prezzi, e nemmeno i termini e le caratteristiche dei servizi. Perché c’è scritto che bisogna scrivere a questa compagnia: “Professional IT-Services” e domandare direttamente quanto costerebbe affittare un sito? Allora significa che il servizio viene attivato tramite contrattazione diretta, non si pubblicizza.

Sembrerebbe che Cronon AG non abbia interesse al marketing e confidi nel fatto che i suoi probabili clienti contattino l’azienda tramite Internet o arrivino tramite raccomandazioni. Un fatto insolito o molto esclusivo nel mercato delle telecomunicazioni, che getta dei sospetti sulla lista dei suoi clienti.

4) Chi paga ciò di cui Cronon AG rende noto sulle caratteristiche dei suoi server in Germania? Così esposte:

- Superficie totale di più di 3500 m2 (spazio di esposizione netto) diviso in sei abitazioni
- Ampiezza di banda: Connessioni esterne 2 x 20 Gbit/s per la colonna vertebrale di Freenet, 1 x 10 Gbit/s per il DE-CIX Frankfurt, le connessioni più piccole in quest’ ampiezza di banda sono fino a 155 Mbit
- 1 GBit per il trasporto d’entrata e uscita
- Acceso / Sistema elettrico 48 e 230 volt in tutti gli ambiti. Multipli UPS ridondanti (per parcella ognuno da 230 e 48 volt)
- Energia elettrica d’emergenza: 4 x motori diesel e diesel 2 di Riserva. Un megavatt di potenza (6 Megavatt totali)
- 45000 litri di gasolio in magazzino, continuamente preriscaldato, ora d’inizio: 40 secondi
- 6 stazioni proprie con un trasformatore di un 1 megawatt
- Controllo d’accesso:24/7 sicurezza; Lettore di carte - Anticipo - Vigilanza CCTV – Registrazione scritta

Dice anche che può disporre di “Connessioni esterne”:2 x 20 Gbit / s”. In altri termini: non è un provider qualunque.

Pur dando per scontato che “il primo mondo ne è pieno”, la realtà di Cuba (grazie a quell’embargo che Yoani si guarda bene dal criticare) è che il sito che ospita il blog “Generazione Y” ha 60 volte l’ampiezza di banda di cui dispone tutta Cuba, per tutti i suoi utenti Internet!

5) Tramite chi si è potuto registrare il dominio del blog di Yoani?

Tramite GoDaddy, la compagnia preferita per registrare il sito che il Pentagono usa per la cyber-guerra. GoDaddy è il modo più anonimo e sicuro di comprare un dominio negli USA, lo afferma questa stessa azienda. Comprare! Quindi non c’entra per niente l’astuzia di qualche ragazzo ribelle come invece si cerca di far credere nel suo marketing politico e pubblicitario.

Perché si da per scontato che l’anonimato sia innocente e Yoani tanto audace? Perché usare la stessa strategia del Pentagono? Casualità? Come fa la “Super Yoani” a impedire che GoDaddy non le chiuda il dominio, come è successo con decine di siti che promuovevano eventi culturali e viaggi a Cuba? Perché nessuno parla delle restrizioni che pesano su Cuba - e continuano a pesare con Obama - sul commercio elettronico grazie all’embargo?

6) Il blog di Yoani curiosamente è stato il primo a fornire informazioni tramite Internet con fini sovversivi tramite Granpa, all’indirizzo: www.granpa.info.
Non si sono nemmeno preoccupati di mascherare il legame con i suoi padrini che hanno usato le stesse righe del registro e ubicazione dei server in Europa usata dal blog “Generazione Y”.

Il dominio di Granpa è stato creato il 9 giugno 2009, proprietari anonimi. Il suo server si trova a Copenaghen, Danimarca. Il proprietario del conto corrente che ha pagato il dominio ha registrato un indirizzo della carta di credito nel paradiso fiscale di Gran Caiman, secondo i registri pubblici che compaiono in Internet. L’indirizzo IP in cui si trova questo sito è 82.103.135.163, che appartiene a ISP Easyspeedy Networks.

Granpa è un servizio esclusivo per Cuba, con la caratteristica che chiunque può registrare un numero di telefono dell’Isola senza avere avuto l’autorizzazione del proprietario del telefono. Chi possiede un cellulare a Cuba non riceve un codice di accesso per verificare che desideri davvero ricevere i titoli quotidiani selezionati fra i tre giornali di più rabbiosa filiazione anticubana: New Herald di Miami, Cubaencuentro e Penúltimos Días, spagnoli.

Si intende che questo servizio può inviare messaggi senza che il proprietario li abbia richiesti, in violazione delle regole che proteggono la privacy degli internauti e delle regole contro l’immondizia digitale. Come si sa, le tariffe internazionali di messaggeria per cellulare si pagano.

Nel sito di Vodafone, provider di servizi di telecomunicazione in Spagna, si può vedere che il prezzo di questo servizio di messaggeria verso altri paesi d’Europa e all’estero oscilla fra 1,16 e 2,50 euro per messaggio. Si verifichi all’indirizzo:
www.cronon-isp.net/index.html.
Quindi, quanto costano, e chi finanzia l’invio massiccio di questi sms a Cuba dall’Europa?

7) Quanti blogger hanno il Grupo PRISA spagnolo come agenzia? Perché Prisa, che si dice sia in grave crisi finanziaria, ha potuto comprare Noticias 24 - il sito più aggressivo del web contro il governo venezuelano - ed ha pagato a Yoani un premio di 15000 euro? Nientemeno che il premio Ortega y Gasset, tradizionalmente conferito a personalità letterarie, di lunga esperienza e attività?

Com’è possibile che la casa editrice italiana Rizzoli paghi 50000 euro a una “scrittrice” sconosciuta?
Quel denaro non lo ha mai ricevuto nessun’altra figura indiscutibile della letteratura cubana.
Alla lista si aggiungono circa 100 premi, tra cui la recente menzione al María Moors Cabot, dell’Università nordamericana di Columbia.

Non voglio accusare Yoani di essere una mercenaria. No, è lei che si accusa da sola! Le hanno creato un’immagine fittizia, al punto di arrivare a definirsi una rivoluzionaria, ma frustrata e tanto “afflitta” da curarsi con la terapia del blog, che paga qualcuno per i suoi “sacrifici alla patria” (ma il denaro non ha Patria).

A fronte di tutto ciò non viene da pensare a un sofisticato marketing contro Cuba? Il suo blog potrebbe disporre della visibilità raggiunta senza un finanziamento di grosso calibro mascherato con i premi?

Yoani non parla al cittadino comune dell’isola, le fa piacere crederlo e approfittare del fatto che se non viene letta è opera della “repressione”. Però sa portare bene l’acqua al suo mulino. Ricordate come ha preso le distanze dalla fogna della blogosfera cyber-dissidente? Come a dire: “I soldini solo per me”. E certo anche per suo marito, lo scrivano.

Così, prosegue a messaggiare secondo i principi della
cyber-guerra del Pentagono per un “pubblico esterno”, con degli interessi che non possiamo pensare che ignori, come quello che finanzia la terapia delle sue frustrazioni.
 


Fonte:http://norelysblog.blogcip.cu/2009/08/11/si-los-blogs-son-terapeuticos-%c2%bfquien-paga-la-terapia-de-yoani-sanchez/