All'Avana centinaia di

 

giovani da tutto il mondo

 

A CUBA GIOVANI ITALIANI AL CONVEGNO MONDIALE SUI CINQUE EROICI ANTITERRORISTI CUBANI DA OLTRE DIECI ANNI NELLE PRIGIONI USA

 

24 maggio 2009 - F.Maringiò Responsabile solidarietà internazionale Prc www.liberazione.it

 

La prima e forte richiesta al presidente Obama è quella dell'immediata liberazione dei Cinque eroi cubani ed il pieno rispetto, quindi, delle norme del diritto internazionale. A fare questo invito sono stati gli oltre 145 giovani in rappresentanza di 42 paesi, ed 82 associazioni ed organizzazioni giovanili, impegnati in tutto il mondo nella battaglia di solidarietà con i Cinque. L'Avana ha infatti ospitato, la settimana scorsa, un evento di solidarietà internazionale, con diverse iniziative ed eventi, culminati con il II incontro internazionale della gioventù, in solidarietà con i cinque cubani prigionieri nelle carceri degli Stati Uniti.


In Italia, media e giornali non solo non hanno parlato dell'evento (benché la delegazione italiana giunta all'Avana fosse tra le più numerose), ma non hanno mai fornito adeguata spiegazione per inquadrare il caso che, oltre a caratterizzarsi per la totale violazione dei diritti dell'uomo, si configura come una evidente violazione del diritto internazionale, ascrivibile alle continue provocazioni ed ingiustizie che Washington riserva a Cuba da oramai cinquant'anni. Si sa poco, per esempio, del fatto che le attività dei gruppi terroristi e paramilitari Cubano-Americani di base a Miami sono stati negli anni creati, addestrati e finanziati dalla Cia e decisi ad alti livelli. A partire dal documento ideato da Richard Nixon ed emblematicamente intitolato "Programma di azioni sotto copertura per rovesciare il regime di Castro". Ma ancora meno noto è il fatto che i cinque cubani non possono essere annoverati nella categoria degli agenti segreti operanti, senza autorizzazione, su territorio straniero proprio perché la loro azione investigativa non aveva nulla a che fare con la ricerca di informazioni sensibili sul governo o lo stato nordamericano. Tutt'altro: la loro attività aveva come obiettivo l'individuazione delle organizzazioni terroristiche che, una volta identificate, sono state non a caso denunciate proprio alle autorità giudiziarie statunitensi. Le quali, piuttosto che sgominare i nuclei terroristi operanti sul loro territorio, hanno arrestato proprio i 5 cubani che avevano fornito loro tutte le prove per arrestarli. Correva l'anno 1998 e la recente visita di Giovanni Paolo II veniva vista da molti come l'avvio di un processo di destabilizzazione dell'isola e di caduta di un paese che, in nome del socialismo, si era affrancato dal giogo Usa e continuava a rappresentare un modello per interi popoli e paesi del continente latinoamericano, ma non solo. Ogni qual volta Cuba rompeva l'isolamento politico e diplomatico, un attentato cercava di creare una reazione ed un casus che "giustificasse" ulteriori e gravi ingerenze. Del resto le date parlano da sole: novembre ‘96 Fidel visita il Papa a Roma; settembre ‘97 l'italiano Fabio Di Celmo rimane ucciso a seguito di un attentato all'hotel Copacabana a L'Avana ideato dal noto terrorista Posada Carriles, legato a doppio filo con la Cia; gennaio ‘98 il Papa si reca in visita a Cuba; settembre ‘98 vengono arrestati ingiustamente i 5 cubani scopritori delle trame eversive nei confronti del loro Paese. E l'elenco potrebbe continuare a lungo.


È dalla cacciata del dittatore Batista nel 1959 che il governo degli Stati Uniti ha cominciato a promuovere azioni per rovesciare la nascente rivoluzione cubana con atti di terrorismo, sabotaggi, attacchi con bombe incendiarie ed armi chimiche, oltre al blocco economico ed al tentativo di isolamento diplomatico e politico a livello internazionale. Per non parlare degli attentati diretti contro Fidel Castro o la popolazione civile, che hanno provocato la morte di oltre 3480 persone ed il ferimento, con danni permanenti, a 2099.


Per questo la battaglia per la liberazione dei Cinque assume una doppia valenza. Da un lato si tratta di ripristinare le norme violate del Diritto Internazionale: un gruppo di lavoro delle Nazioni Unite ha infatti dichiarato la detenzione dei 5 arbitraria ed in violazione dell'art. 14 della Convenzione internazionale per i diritti politici e civili. E dall'altro lato diventa lo strumento concreto per denunciare la politica di terrorismo permanente che il governo Usa perpetua nei confronti di quello cubano. Gli Usa vogliono screditare il ruolo e la funzione del Diritto e degli organismi internazionali per imporre un sistema di relazioni bilaterali tra Paesi, basato sui rapporti di forza economici e, soprattutto, militari. Accusare i 5 (e con essi il governo ed il popolo cubano) di terrorismo è l'esempio più evidente dell'ipocrisia che caratterizza il Governo statunitense, che ha fatto della guerra e dell'uso del terrorismo la cifra caratterizzante la sua politica estera. Non è forse un atto di terrorismo organizzare gruppi paramilitari, attaccare un aereo civile, impedire l'uso e l'acquisto di medicine o usare armi batteriologiche contro la popolazione civile? E non è forse terrorismo mantenere Guntanamo dove avvengono torture, o tenere interi popoli sotto embargo o blocco, impedendone lo sviluppo dell'economia?


Contro questa violenza è importante riprendere la mobilitazione e la condanna a livello internazionale. Obama, oltre ai roboanti discorsi da nuovo sogno americano, dovrebbe cominciare a fare atti concreti di distensione ed apertura nei confronti di Cuba. Del resto solo la settimana scorsa il Dipartimento di Giustizia, su suo mandato, ha liberato due esponenti di una associazione di amicizia con Israele, incolpati delle stesse condanne inflitte ai 5 (ma che a differenza loro avevano raccolto dati sensibili sul Governo Usa e trasmessi a stato terzo). Non si capisce perché la stessa iniziativa non venga presa nei confronti dei 5 ai quali viene addirittura limitata la visita dei familiari.


In Italia abbiamo il compito di organizzare mobilitazione unitarie in solidarietà coi 5, con Cuba e per il rispetto della democrazia e del diritto internazionale, perché questa battaglia parla al mondo intero e a chi ha ancora sete di giustizia.