Fidel ha ragione. Bravo

 

Obama ma non basta

 

15 aprile 2009 - M.Matteuzzi da Il Manifesto

 

Non siamo degli obnubilati fanatici. Non è che Fidel Castro abbia (avuto) sempre ragione. In certi casi, pochi o molti sarà la storia a dirlo, non l'aveva. Ma in (molti) altri sì. E la sua analisi sull'annuncio dato lunedì a Washington della revoca di alcune delle più odiose e stupide misure anti-cubane decise da Bush, è uno di questi. In quelle parole, uscite sul Granma di ieri e riprodotte oggi dal manifesto, c'è tutto il giudizio dell'ex-lider maximo su Obama e le sue «aperture» su Cuba. Positivo, ammirato anche, ma senza chiudere gli occhi, senza regalare niente, senza chiedere scusa, da pari a pari.


Ecco quello che manca dall'annuncio di lunedì. E' qualcosa che viene sempre dall'alto, dai buoni contro i cattivi. Sempre con l'obiettivo: di «portare la libertà» nell'isola discola e ribelle. Lo stesso dell'embargo imposto 47 anni fa ma, visto il suo clamoroso fallimento, da raggiungere con altri mezzi.


L'annuncio delle misure su cui Obama ha posto la firma, dopo il sofferto sì del Congresso di un mese fa, non va sottovalutato. Non sono più i tempi di Bush e Obama, come concludeva Fidel Castro in una delle prolifiche «riflessioni» dal suo buen retiro, «di certo non assomiglia per nulla al suo predecessore». Obama ha capito benissimo che su Cuba la posizione degli Stati oltre che grottesca è insostenibile.

 

L'embargo gli scoppia in casa, negli stati del midwest produttori di alimenti da esportare (anche) a Cuba, nelle compagnie petrolifere USA tagliate fuori dalla ricerca del (certissimo) petrolio cubano, nella comunità del business e della cultura. Nonostante i Bush e la comunità anticastrista della Florida e del New Jersey, nonostante le leggi dei vari Torricelli e Helms-Burton, gli USA sono già diventati il quinto partner commerciale di Cuba. E gli USA, alla vigilia del vertice delle Americhe di questo fine settimana a Trinidad, sono ormai l'unico paese del continente americano a non riconoscere Cuba.


Oltre che ridicolo (e criminale) il blocco è anche controproducente per gli esportatori di democrazia. Passati (forse) i tempi della democrazia esportata con i carri armati, Obama ora potrebbe puntare a esportarla con i «valori americani». Quale «arma di distruzione di massa» meglio del dollaro, della coca cola, del libero turismo a stelle e strisce per disintegrare il sistema socialista che da decenni si dà per morto o moribondo a Cuba?


Una sfida pericolosa per Cuba, un'arma potenzialmente letale nella mani di Obama. Fidel e Raul quella sfida sembrano averla raccolta e si dicono pronti a discutere con l'ossessionato nemico. Ma per farlo non bastano misure come quelle annunciate lunedì. Non basta «l'elemosina».