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Dietro la notizia

La Clinton e la sua "buona volontà"

 

 

 

15 maggio '09 - D.F.Mexidor www.granma.cu

 

 

Le elezioni non vogliono dire democrazia ", ha detto la responsabile della diplomazia americana, Hillary Clinton, nel corso di un breve discorso alla 39° Conferenza delle Americhe, svoltosi questo mercoledì al Dipartimento di Stato a Washington.

Penso che la sua affermazione sia giusta perché è vera, le elezione nel suo paese con tanto di grancassa, piatti, spese e spettacoli pubblicitari per l’occasione non rappresentano la volontà del popolo nord americano e grazie ad un sistema elettorale contorto priva anche la la maggioranza di esprimere in forma diretta la sua volontà sovrana.

Ma Clinton non si riferiva a questo. La Clinton andava per un altro cammino - come quasi sempre accade: la ricerca della pagliuzza negli occhi degli altri - lasciando intravedere la continuità di una politica che è intrinseca all’impero: la sua ingerenza negli affari interni degli altri e il loro proverbiale affanno egemonico ora dissimulato, dopo l'arrivo di una nuova amministrazione alla Casa Bianca, di uno spirito di "buona volontà" che cerca di cambiare l'immagine del bastone che hanno lasciato otto anni di impopolarità e cattiva amministrazione di George W. Bush.

La segretaria di Stato ha viaggiato nella geografia e, come era  prevedibile, ha menzionato Cuba. Questa Cuba irriverente, che non si inginocchia ai disegni imperiali!

Nelle sue parole, secondo le agenzie di stampa -  con cui ha provato a mescolare l’acqua con l'olio – ha ipotizzato il condizionamento dell’ingresso dell'Isola nell'Organizzazione degli Stati americani (OSA), ad un presunto complimento della Carta Democratica Interamericana, che “richiede lo svolgimento di elezioni periodiche”.

"Come ha detto il presidente (degli Stati Uniti, Barack) Obama, siamo ansiosi di vedere il giorno in cui tutti i paesi delle Americhe, compresa Cuba, possano partecipare a queste alleanze emisferica" ha commentato nel suo sproloquio.

Purtroppo, Washington continua a non imparare la lezione. La prima: Cuba non ha chiesto né vuole entrare a far parte dell'OSA. La seconda (o entrambe): meno ancora con condizioni come quelle che ha osato "suggerire" la funzionaria.

La tristemente celebre storia dell’OSA  è nota e anche quella di un "sistema pluralistico di partiti e organizzazioni politiche", secondo l'articolo tre della Carta Interamericana, si sa a ciò che è servito.

Non siamo noi a cui bisogna dare lezioni di democrazia. In questo modo di quale nuovo inizio parlano nell’ eventuale ristabilimento delle relazioni con L'Avana. In questo modo solo si rafforzerà, nel popolo cubano, lo spirito della storica Protesta di Baraguá che avvenne, nel 1878, quando il generale Arsenio Martínez Campos, che rappresentava la metropoli, propose ai cubani una pace senza indipendenza.

Allora virile s’alzò la voce di Antonio Maceo, il Titano di Bronzo, che in risposta a quel: "Allora, non ci intendiamo?" dell’inviato spagnolo, proferì un chiaro: "No, non ci intendiamo!" che ancora risuona nel tempo.