La “obamamania”:

 

gattopardismo imperiale

 

 

 

 

5 febbraio '09 - Atilio A. Boron* www.prensa-latina.cu

 

 

Finalmente è arrivato il gran giorno. Tutta la stampa mondiale non fa altro che parlare della nuova era aperta con l'arrivo di Barack Obama alla Casa Bianca. Questo conferma le prognosi pessimistiche sul ruolo retrogrado che compiono i mezzi dell'establishment, approfondendo, con le illusioni e gli inganni della loro propaganda, la mancanza di difesa della “società dello spettacolo”, una forma regredita del sociale, dove il livello intellettuale di grandi segmenti della popolazione si è abbassato sistematicamente mediante la sua diligente non-educazione e disinformazione. L'opprimente “obamamania” attuale è un magnifico esempio di tutto ciò.

 

Obama è arrivato alla presidenza dicendo che rappresentava il cambiamento. Ma gli indizi che sono sorti dalla conformazione della sua squadra di lavoro e delle sue multiple dichiarazioni rivelano che se c'è qualcosa che prevale nella sua amministrazione sarà la continuità e non il cambiamento. Ci saranno alcuni cambi, senza dubbio, ma saranno marginali, in alcuni casi cosmetici e mai di fondo. Il problema è che la società nordamericana, specialmente nel contesto della formidabile crisi economica in cui si dibatte, ha bisogno di cambiamenti di fondo, e questi richiedono qualcosa in più che simpatia o eloquenza discorsiva. Bisogna lottare contro avversari ricchi e poderosi, e niente indica che Obama sia almeno remotamente disposto a considerare tale eventualità. Vediamo alcuni esempi. Cambiamento: designando come capo del suo Consiglio di Assessori Economici a Lawrence Summers, ex segretario del Tesoro di Bill Clinton ed artefice dell'inaudita deregolamentazione finanziaria degli anni novanta causante la crisi attuale? Cambiamento: ratificando il segretario di Difesa designato da George W. Bush, Robert Gates, per condurre la “guerra” contro il terrorismo per adesso sceneggiata in Iraq ed Afghanistan?

Cambiamento: con personaggi come lo stesso Gates, o Hillary Clinton che hanno appoggiato senza indugi la ripresa della Quarta Flotta destinata a dissuadere i paesi latinoamericani e caraibici di contrastare gli interessi ed i desideri dell'impero?

Nella sua udienza davanti al Senato, la Clinton ha detto che la nuova amministrazione di Obama dovrebbe avere “un programma positivo” per la regione, per resistere “la paura propagata da Chavez ed Evo Morales”. Sicuramente si riferiva alla paura di superare l'analfabetismo o di finire con la mancanza totale di attenzione medica, o alla paura che generano le continue consultazioni elettorali di governi come quello del Venezuela o della Bolivia, molto più democratici di quello degli Stati Uniti dove ancora esiste un'istituzione tanto imbrogliona come il collegio elettorale che rende possibile, come è accaduto nel 2000, che George W. Bush sconfiggesse in quell' ambito antidemocratico il candidato che aveva ottenuto la maggioranza del voto popolare, Al Gore. Può, questa Segreteria di Stato rappresentare qualche cambiamento?

Cambiamento: prodotto da un leader politico che rimane rinchiuso in un rombante mutismo davanti al brutale genocidio perpetrato a Gaza?

Che autorità morale ha per cambiare qualcosa quando ha agito in quel modo? Come supporre che rappresenta un cambiamento una persona che dice, come tristemente ha fatto Obama, alla catena televisiva Univision che “Chavez è stato una forza che ha ostacolato il progresso della regione (...). Il Venezuela sta esportando attività terroristiche e appoggia  entità come le FARC?"

Tale sproposito e simili bugie non possono alimentare la più minima speranza e confermano le perplessità che suscita il fatto che uno dei suoi principali consiglieri sull’America Latina sia l'avvocato Greg Craig, consulente dell'ineffabile Madeleine Albright, ex segretaria di Stato di Bill Clinton, la stessa che ha detto che le sanzioni contro l'Iraq dopo la Prima Guerra del Golfo, che sono costate tra mezzo milione ad un milione e mezzo di vite, prevalentemente di bambini, “hanno valso la pena”. Craig, inoltre, ha come uno dei suoi clienti Gonzalo Sanchez di Lozada, la cui estradizione in Bolivia sta essendo sollecitata dal governo di Evo Morales per giudicarlo per la selvaggia repressione delle grandi insurrezioni popolari del 2003 che hanno lasciato un saldo di 65 morti e centinaia di feriti. Le sue credenziali sono, per ciò che ho detto, assurde per produrre il cambiamento tanto desiderato.

In quella stessa intervista, Obama si è manifestato disposto ad “ammorbidire le restrizioni ai viaggi e l'invio di soldi a Cuba”, ma ha messo in chiaro che non contempla di mettere fine al bloqueo decretato contro Cuba nel 1962.

Ha aggiunto inoltre che potrebbe sedersi a dialogare col presidente Raul Castro a patto che “L'Avana si mostri disposta a sviluppare le libertà personali sull'isola”. Infine, la stessa cantilena reazionaria di sempre. Un caso di gattopardismo di puro ceppo genetico: qualcosa deve cambiare, in questo caso il colore della pelle, affinché niente cambi nell'impero.

 

 

* politologo, professore argentino universitario, scrittore e giornalista