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La CIA, il terrorismo e il fallimento dei gruppi di

 

estrema destra in Bolivia, fra il 2005 e il 2008

 

 

08.04.10 - Fernando Quiros da www.rebelion.org traduzione dallo spagnolo per www.resistenze.org (ESTRATTO)

 

 

 

In Bolivia le caste dominanti furono, senza dubbio, sempre le più cavernicole, retrograde, razziste del continente. Lo sono sempre state in qualunque epoca, ma hanno raggiunto il massimo livello tra il 2005 e il 2008. Il loro obiettivo è stato quello di dividere il paese come è capitato in Jugoslavia. Il tentativo non ha avuto successo, al contrario, la violenza scatenata per la prima volta nella storia si è trasformata nel maggior successo del popolo boliviano.

 

La resistenza indigena, operaia, contadina, sociale, insieme alle continue mobilitazioni popolari, al voto democratico e alla maturità dimostrata dal governo di Evo Morales, sono riusciti ad impedire il piano dei nemici del paese. Le provocazioni hanno fallito completamente. L’infame piano di mutilazione concepito dalla CIA, che si basava sulla cosiddetta autonomia regionale è stato sventato dalla capacità del popolo boliviano, che nella stragrande maggioranza ha colto il tranello che si celava dietro il feticcio della “Autonomia”. (..)

 

Una miscela di barbarie, di oscurantismo, di risentimento e di infantilismo irresponsabile ha indotto i nemici di questo paese a credere che Santa Cruz e il Dipartimento di Beni potessero essere il loro bottino, e quindi fosse fattibile un progetto per far scomparire la Bolivia. I cambiamenti politici avvenuti a partire dal 2002, hanno però provocato panico nelle fila reazionarie, lasciando loro un unico percorso aperto: il complotto. Individuato il territorio della cosiddetta “Mezza Luna” , hanno cercato di far credere che quella Regione non aveva niente a che fare con la Bolivia, per differenze economiche, culturali ed etniche. Ma si sono sbagliati. O forse hanno avuto ragione... perché una distanza incolmabile c’era, quella che il popolo ha creato prendendo le distanze da questo progetto.

 

Gli Ustascia, i nazisti e i fascisti arrivarono in Bolivia scappando dall’Europa razzista e genocida; subito dopo la seconda guerra mondiale decine di migliaia di questa gente ricevettero, per quanto possa sembrare strano, protezione dalla CIA e furono sistemati in Argentina, Cile, Paraguay e Bolivia per servire da punta di lancia dell’Impero in America del Sud. In Bolivia la violenza razziale e i massacri programmati, che sono culminati nel 2008 con l’espulsione dell’ambasciatore statunitense, furono episodi preparati minuziosamente da strateghi e agenti di alto livello. Hanno soffiato nelle trombe della propaganda e armato delinquenti e assassini. Ma hanno fallito di fronte alla straordinaria mobilitazione della popolazione boliviana che ha dato torto ai loro manuali.

 

Storicamente le oligarchie non hanno mai operato da sole. Se lo avessero fatto sarebbero state annichilite. Invariabilmente si sono sempre appoggiate al potere coloniale impiegando il sabotaggio e la brutalità, gli stessi usati per distruggere Yugoslavia, Iraq, Afghanistan. La CIA e il neofascismo ibrido di Ungheria e Croazia erano in Bolivia sotto la direzione degli Stati Uniti, al comando di P. Goldman, l’ex ambasciatore statunitense specialista in distruzione di paesi come Kosovo, Montenegro, Macedonia.

 

Ma gli imperialisti si sono dimenticati che in Bolivia gli indigeni resistono agli invasori da 500 anni. E di questa capacità di resistenza hanno saputo fare tesoro per impedire il colpo di stato. Avevano bisogno di morti, di guerra civile, di un “errore” del governo di Morales che facesse scoppiare la guerra fra i boliviani. I media erano pronti a diffondere l’immagine di una Bolivia in cui i “boliviani si ammazzano fra di loro”. Ne avevano bisogno per poter fare come hanno fatto in Ruanda, Yugoslavia, Iraq, Afghanistan.

 

Questa spirale di violenza gestita dalla Cia non è riuscita a partire. La Bolivia vive ora una nuova fase storica, una nuova prospettiva. I successi economici sono migliaia e facilmente riconoscibili; in quattro anni la Bolivia e passata dalla condizione di mendicante a esempio di stimolo per il progresso. Nonostante le distruzioni causate da 20 anni di neoliberismo, oggi la Bolivia vive una relativa prosperità. Il compito di costruire e ricostruire è arduo, è più facile distruggere. Il governo è sulla via di questo percorso di costruzione con il sostegno delle masse nazionali.