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Fidel ha ricevuto gli integranti della

nave giapponese Peace Boat

 

22 settembre 2010 - www.granma.cu

 

Il Comandante in Capo Fidel Castro si è riunito  martedì 21, a L’Avana, con integranti della Nave da Crociera per la Pace del Giappone, che realizza la sua visita numero 14  nell’Isola.

 

Foto: Jorge Luis GonzálezHanno partecipato all’incontro i 620 viaggiatori dell’imbarcazione, che ha previsto un percorso per distinti paesi in difesa della pace mondiale.

 

Alla riunione che si è svolta  nel Palazzo delle Convenzioni, de L’Avana, ha partecipato anche  Junko Watanabe, residente in Brasile,  una  sopravvissuta all’attacco  atomico nordamericano contro la città giapponese di Nagasaki.

 

Come parte del giro per vari paesi, che si completerà con fermate in Giamaica, Guatemala, Nicaragua, Panama e Messico per ritornare poi in Giappone, la nave Peace Boat ha attraccato a L’Avana.

 

La nave  serve in questa occasione come mezzo di trasporto per donazioni di gruppi di solidarietà con Cuba in Giappone, includendo articoli sanitari, attrezzature sportive e 15 chitarre  per l’Istituto della Musica.

 

Divisi in gruppi, i passeggeri  giapponesi – circa un migliaio - visiteranno il Centro Storico de L’Avana  Vecchia, dichiarato Patrimonio dell’umanità dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la  Scienza e la Cultura (UNESCO).

 

Inoltre prima di partire visiteranno centri specializzati d’educazione, salute, agricoltura e della marina.

 

 

“Mai, nella storia dell’umanità, c’e stato un momento tanto pericoloso come questo”

 

 

L’incontro è avvenuto presto, nella  mattinata, per non danneggiare la ricca agenda in Cuba degli integranti della Nave da Crucera per la Pace, appena giunta all’alba del 21 settembre Per coincidenza, il mondo stava celebrando il Giorno Internazionale della Pace.

 

Fidel è giunto puntuale come sempre ed ha  salutato i dirigenti della  nave,  Junko Watanabe, una sopravvissuta  della tragedia nucleare di Hiroshima, e Kenia Serrano, la presidentessa dell’ICAP.  Poi è entrato nella Sala Generale del Palazzo delle Convenzioni dove lo aspettavano  più di 600 giapponesi di diversa età che formano parte della spedizione pacifista.

 

“Voglio ringraziare  per l’onore che significa questo incontro” - sono state le prime parole del leader della Rivoluzione cubana.

 

“Mi rallegra scambiare con voi per l’importanza  del momento che stiamo vivendo ed  inoltre per un sentimento di gratitudine perchè conosco la vostra solidarietà, le difficoltà che avere affrontato, la lotta contro il blocco ed i porti dove potete andare e dove non potete andare”.

 

Fidel ha ricordato le 14 volte che la nave è venuta a Cuba ed ha  ricordato  lo slogan che accompagna questa  avventura marittima, per il suo specialissimo valore: “Apprendere dalle guerre passate per costruire un futuro di pace”

 

“È una frase che avrà sempre un significato, ma in questo momento lo ha più che mai perchè mai nella storia dell’umanità c’è stato un momento tanto pericoloso come questo”.

 

Poi ha ricordato gli avvenimenti di 65 anni fa nelle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki.

 

“Allora io mi trovavo a Santiago di Cuba quando giunse la notizia. Nessuno aveva idea dell’ esistenza di un’arma come quella  [...]. Nonostante il tempo trascorso continua  a commuovere l’opinione pubblica internazionale. Non credo sia mai avvenuto qualcosa di più espressivo su ciò che è la guerra”.

 

 

Un impegno di quasi tre decenni

 

 

Durante 27 anni, la “Peace Boat ha solcato l’oceano  portando il suo messaggio di pace e di speranza. Il  suo direttore in questa occasione *Nao Inoue* ha spiegato  a Fidel che sono già 70 le edizioni della nave da crociera, alle quali hanno partecipato più di  40000 Giapponesi, ed ha espresso i suoi  più profondi ringraziamenti  per il ricevimento del Comandante in questa occasione.

 

Ha detto che in questi 20 anni di visite a Cuba, il paese che ha ricevuto la nave più volte, hanno posto tutto lo sforzo per fare da ponte tra il popolo cubano e quello giapponese ed: “ Siamo anche stati sempre contro il blocco ingiusto imposto dagli Stati Uniti”.

 

Inoue ha annunciato il proposito di fare una crociera tra i paesi dell’ALBA e il Giappone nella quale i giovani di queste  nazioni scambino idee, esperienze, facciano conferenze, e per questo ha domandato l’appoggio del  Comandante in Capo. Ha segnalato che in questa occasione viaggiano  con loro giovani  latinoamericani tra i quali  un medico internazionalista ed un ballerino cubano.

 

“Abbiamo la missione di trasmettere il messaggio della  necessità di un mondo senza armi nucleari. In questo proposito ci piacerebbe  collaborare con voi  [...] “Non vogliamo  più  guerre. Non potremo  accettare mai l’uso di armi nucleari. Non vogliamo ripetere  questo tipo di tragedia.  Vogliamo una società senza povertà. Consideriamo che è necessario che tutti i paesi abbiano una costituzione pacifista”, ha concluso enfaticamente  il messaggio del Direttore della Nave da Crociera.

 

 

Il profondo dolore che lascia la tragedia

 

 

Junko Watanabe* era una bambina quando la bomba lanciata dall’ Enola Gay esplose nel cielo  di Hiroshima, la città dov’è nata. Nei giorni finali della guerra viveva con la famiglia evacuata  a circa 18 chilometri dalla città. Il 6 agosto del 1945 giocava con il fratello maggiore   nel cortile della  casa. Sua madre era in casa con il fratellino minore. Il padre che ritornava dalla città quando avvenne la terribile esplosione, riuscì a rifugiarsi in un edificio.

 

“Mia mamma vide l’incendio - ricorda - i fogli di carta che bruciavano  e cadevano davanti alla casa. Mia mamma s’impressionò e ci abbracciò. Ricevemmo la pioggia nera e appiccicosa che cadde dopo l’esplosione. Prima della bomba c’era bel tempo quella  mattina. La pioggia nera ci danneggiò il corpo ed i miei genitori pensarono che noi figli saremmo morti”.

 

Tra i singhiozzi Watanabe  sgrana i suoi ricordi, ricostruiti dopo- era troppo piccola per rendersi conto dell’enormità di quel che accadeva- , guardando le orribili immagini dei documentari che mostravano gli edifici bruciati, la città di Hiroshima totalmente nera, la pelle della gente che si era sciolta e le persone che camminavano senza coscienza, con gli occhi perduti.

 

Inoltre ha ricordato i racconti di suo padre, che oggi ha 98 anni.

 

Lui le aveva sempre nascosto che lei era una delle sopravvissute di  Hiroshima, perchè le donne sopravvissute erano discriminate e gli uomini  non si sposavano con loro.

 

Passarono molti anni prima che si decidesse a parlarle di quei fatti.

 

Dai suoi 25 anni vive in Brasile dove ci sono altri 131 sopravvissuti del massacro nucleare.

 

Da vari anni hanno creato un’associazione  con il proposito di trasmettere le loro testimonianze, perchè l’umanità non dimentichi. Per questo collaborano con Peace Boat, raccontando le loro esperienze di allora in tutto il mondo.

 

In questo impegno pacifista hanno incontrato le vittime del Vietnam dell’agente arancione. “Conoscerli  sapere che quello era opera di esseri umani mi ha dato molta tristezza”, ha confessato ed ha ricordato suo fratello, che dopo la pioggia nera ebbe sempre problemi alle ossa ed è morto a 67 anni per un cancro al fegato. E anche una bambina di 12 anni che morì di leucemia per le radiazioni. Yunko ha conosciuto il fratello di quella bambina a New York, durante la riunione sul disarmo nucleare nella ONU, in maggio. Quella bambina costruiva gru di carta tutti i giorni  sognando che la curavano. Diceva sempre “Voglio vivere di più, voglio vivere di più, voglio vivere ancora”. Per questo i giapponesi  vedono nella gru di carta un simbolo di pace e di speranza, e ne hanno regalato una a Fidel.

 

“Sento la grande responsabilità di trasmettere  che cos’è la bomba atomica, i problemi fisici e mentali che vivono i sopravissuti; questo dobbiamo trasmetterlo alle  nuove generazioni.  Dobbiamo educare la gente”.

 

 

ADDIO ALLE ARMI

 

 

Fidel ha ascoltato commosso  la dolorosa storia. “La trasmetteremo per la nostra televisione. La faremo conoscere internazionalmente”,  ha detto.

 

Poi le ha chiesto della polvere e della pioggia dopo l’esplosione, del luogo dov’era suo padre, con  altri dettagli che voleva conoscere.  

 

 “Quella fu un’azione crudele, un esperimento terribile…Non esisteva la necessità di usare quelle bombe”.

 

Fidel ha poi raccontato ai visitatori dell’interessante ed utile conferenza  impartita recentemente a L’Avana dal Dr. Alan Robock, Professore Titolare dell’Università Rutges del New Jersey, sull’inverno  nucleare che potrebbe provocare un conflitto tra due potenze con queste mortifere armi. Nel mondo ce ne sono circa 25000, con una potenza 450000 volte superiore nell’insieme di quelle lanciate su  Hiroshima e Nagasaki”,  ed ha promesso d’inviare loro il testo della conferenza, per l’utilità che ha nel loro lavoro.

 

“Gli accordi  firmati tra le potenze non si traducono nella reale riduzione delle armi”-ha segnalato. “Se si liquidano le armi nucleari e non si liquidano le armi convenzionali, è quasi lo stesso,  per il potere distruttivo delle  armi attuali.”

 

Fidel ha anche ricordato, evocando alle vittime dell’agente arancione, che gli Stati Uniti hanno assassinato più di 4 milioni di vietnamiti in quella guerra, hanno dato armi chimiche  all’Iraq per attaccare l’Iran ed hanno usato  armi batteriologiche contro Cuba.  Inoltre ha denunciato il fosforo vivo che Israele ha utilizzato contro il popolo palestinese.

 

 

CREARE COSCIENZE

 

 

Convinto dell’importanza del momento, Fidel ha convocato il suo auditorio alla grande battaglia che abbiamo davanti: creare coscienze e lottare per la sopravvivenza.

 

Due pericoli possono portare alla scomparsa della specie umana, ha sottolineato: la distruzione  del medio ambiente ed il cambio climatico,  le guerre  con le armi nucleari.

 

Poi ha parlato dell’irrazionalità di un sistema che ha sprecato in un secolo e mezzo siglo il petrolio  che si è formato in più di 400 milioni di anni; della morte tutti gli anni di 8 - 10 milioni di bambini  per fame e della mancanza di assistenza  medica, della necessità di regolare la crescita illimitata della popolazione mondiale e di un impero che dedica quasi l’80% delle sue entrate all’industria  militare e tiene 12.000 “lobbisti” nel Congresso, per garantire gli interessi delle multinazionali, ad un costo di  3 mila milioni di dollari l’anno.

 

“L’intelligenza – ha commentato- è servita sino ad ora per la tragedia della natura”.

 

Fidel ha espresso il suo convincimento che una guerra degli Stati Uniti e Israele contro l’Iran si trasformerà immediatamente in un conflitto nucleare. “Se attaccheranno l’Iran per distruggere i suoi reattori, la guerra diviene nucleare irrimediabilmente. Potranno dare un ordine d’attacco, ma sarà l’ultimo; dopo quello ci sarà una guerra nucleare.”

 

Fidel ha sottolineato che di fronte al silenzio dei  media su molti di questi pericoli, la cosa più importante è creare coscienze.”Si può creare o no una coscienza?, ha chiesto. “Se le masse non sanno nè leggere, nè  scrivere, non si può nemmeno tentare.  Se è una società con il livello culturale di quella giapponese, si possono utilizzare gli stessi media per creare questa coscienza con le parole, con le immagini, con la musica ed altre manifestazioni”.

 

 “Questo è il caso di Cuba. La Rivoluzione non si è difesa con la forza, si è difesa  con le idee, con la  conoscenza. Se rinunciamo all’idea che  si possono creare le coscienze, a che servirebbe il vostro lavoro… La coscienza ha reso possibile la Rivoluzione, ha reso  possibile la nostra opera, al di là delle critiche che ci fanno, degli  errori che abbiamo commesso  e di quelli che affrontiamo senza timore.

 

L’incontro previsto per circa un’ora  e mezza  si è esteso per un’ora più del previsto. Alla finale,  i visitanti hanno offerto alcuni omaggi a Fidel ed hanno promesso di combattere  per la causa dei Cinque. Il Capo della Rivoluzione ha promesso un nuovo incontro in una prossima occasione. La pace ha fatto un lungo respiro, piena di speranza in quella sala, mentre nel mondo rullano i tamburi della guerra.