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La questione è davvero preoccupante 

 

3 giugno 2010 -  A.Riccio www.giannimina-latinoamerica.it

 

La questione è davvero preoccupante.

 

Nel caso dell’attacco alla Flottiglia della Libertà da parte delle truppe speciali israeliane, non si è trattato solo di un altro episodio -efferato e ingiustificabile- della prepotenza di Israele e della sicurezza della sua impunità.

 

C’è dell’altro e quest’altro è -ripeto- molto preoccupante. Lo lascia intendere Fidel Castro nella sua Riflessione  del 1 giugno scorso, quando scrive che per gli Stati Uniti esiste un problema molto grave rispetto al quale non sembrano avere risposta: il conflitto creato intorno all’Iran che mette in serio pericolo l’eventualità di una seconda elezione per Obama “senza che il Pentagono o lo Stato di Israele, che nel suo comportamento non obbedisce per nulla alle decisioni degli Stati Uniti, utilizzino le loro armi nucleari in Iran”. La domanda retorica che si pone Fidel, alla fine del suo ragionamento, è quanto mai desolante: “Come sarà la vita nel nostro pianeta dopo di ciò?”.

 

Questo pessimismo non sembri esagerato. La questione del nucleare in Iran (che viene trattata come un casus belli, proprio come era stata l’accusa di produrre armi di distruzione di massa per l’Iraq), aveva visto l’intervento positivo di mediazione di due governi, il Brasile e la Turchia, che non è stato gradito dal Governo degli Stati Uniti e dalla sua petulante ministra degli Esteri. Hilary Clinton, infatti, aveva fatto sapere a Lula che riteneva il loro intervento una iniziativa destinata a rendere “più pericoloso il mondo” e insisteva: “gli iraniani stanno utilizzando i brasiliani per guadagnare tempo”.

 

Brasile e Turchia avevano ottenuto che l’Iran si impegnasse a depositare in territorio turco 1200 chili di uranio iraniano arricchito al 3,5% che gli sarebbe stato restituito arricchito al 20%. Una iniziativa di mediazione che andava incontro alle richieste nordamericane e che consentiva di riaprire il dialogo sul nucleare con l’Iran. Lula lo ha detto molto chiaramente ragionando con il suo grande senso pratico: “La divergenza fra l’Iran e gli Stati Uniti dura da 31 anni. Qual’è il delitto perpetrato dal Brasile e dalla Turchia? E’ stato quello di convincere il presidente dell’Iran a mettersi a negoziare? Che volevano che succedesse? Quando l’Iran decide di negoziare, loro dicono che non vale. Non è possibile fare politica internazionale senza un rispetto mutuo nei rapporti. Il Brasile si è stancato di essere di seconda divisione”(El País, 2.6.10)

 

Lula, che in questo ultimo periodo della Presidenza sembra deciso a dimostrare tutto il suo spessore di grande statista, ha detto :”La mia esperienza come leader sindacale mi ha insegnato che le posizioni inflessibili aiutano solo allo scontro e allontanano la possibilità di soluzioni di pace (El País 29.5.10).

 

Purtroppo, questa regola d’oro per chi ricerca sinceramente il dialogo e la pace non è condiviso dalle nazioni più potenti o meglio armate. La mediazione di Brasile e Turchia sembra aver offeso la superpotenza che crede di essere la sola ad aver diritto di condannare o assolvere, minacciare o fingere di non vedere.

 

L’attacco alla nave turca, l’arrembaggio, la sparatoria contro i pacifisti trasformati da assaliti in assalitori ha tutta l’aria di essere un attacco di Israele alla Turchia, il più vicino dei firmatari del contratto con l’Iran, come fa notare Antonio Pérez su Rebelión del 1.6.10, che aggiunge: “Il remoto Brasile resta per una seconda fase”, una fase sinuosa, fatta da una campagna di stampa che lo accuserà di stare distruggendo l’Amazzonia o di consentire la schiavitù nel Parà, insiste Pérez, che ci ricorda ancora che il Mossad e tutte le sue agenzie derivate sono già presenti sullo scenario latinoamericano dove sono state di appoggio al golpe militare dell’Honduras e dove hanno già dovuto scontrarsi silenziosamente con il Brasile.  Il deposto Presidente Zelaya, è sfuggito al loro controllo riuscendo a trovare rifugio nell’ambasciata del Brasile a Tegucigalpa.