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Gino Done’ Paro e la spedizione del Granma

 

13 luglio 2010 - www.granma.cu

 

Testo letto in occasione della visita a Venezia dei due “Granmisti” cubani, Gilberto García Alonso e Arsenio García Davila, in occasione del loro giro italiano in varie sedi delle associazioni d’amicizia e solidarietà con Cuba.  

 

"Il 25 novembre 1956 un gruppo di 82 uomini partono dal porto di Tuxpan in Mexico, con una piccola imbarcazione che chiamano Granma, diretti a Cuba.

 

Gino Doné “el italiano”, come lo chiamava Fidel è l’unico Europeo, l’unico italiano e l’unico veneto a bordo.

 

Era nato infatti il 18 maggio 1924 a Monastier (Treviso) e al momento dell’imbarco aveva 32 anni.

 

Gli altri componenti dell’equipaggio, ardimentosi che pensavano di poter combattere con pochi mezzi la dittatura di Batista, erano 78 cubani, raccolti da Fidel Castro nelle file del Movimento del 26 luglio, un argentino, Ernesto Guevara chiamato il CHE, un messicano (Alfonso), un domenicano (Ramon).

 

Sul Granma Gino entrò con il grado Tenente del terzo plotone, che era comandato da Raul Castro. Non era la prima volta che Gino indossava una divisa e partecipava ad una lotta per la liberazione.

 

L’8 settembre 1943 Gino Donè che, in quel momento nell’esercito, si trova a Pola e con lo sbandamento dell’esercito ritorna a casa e diventa partigiano con la Missione Nelson e con il Comandante Guido, un ingegnere milanese italo-americano operante nell’area della laguna veneziana.  

 

Alla fine della guerra ricevette un encomio dal Generale Alexander e poi emigrò a Cuba passando dal Canada. Spirito inquieto e curioso di imparare (amava ricordare di aver fatto le scuole per corrispondenza), si era fatto una buona conoscenza della storia e del mondo e conosceva già l’opera politica e poetica di José Marti.

 

Nel 1950 s’imbarca clandestino e sbarca a Manzanillo, proprio nella provincia del Granma dove sbarcherà la spedizione.

 

Nel 1951 lavora all’ Avana come carpentiere nella grande Plaza Civica : l’attuale Plaza de la Revoluciòn. “La sera”, racconta Gino, “mi sedevo sui scalini dell’Università, e ascoltavo quello che dicevano i giovani studenti che si radunavano in piccoli gruppi. I loro discorsi mi interessavano sempre di più, perchè mi rendevo conto che si stavano organizzando contro Batista.”

 

La svolta decisiva avviene a Trinidad con l’incontro con Norma Turino Guerra, giovane rivoluzionaria di ricca famiglia cubana, abitante nella città di Trinidad, amica di Aleida March, futura seconda moglie del Che.

 

Successivamente Gino entra nel “Movimento 26 Luglio”, chiamato con la sigla “M-26-7”, dalla data dell’assalto dei ribelli (il 26 Luglio 1953) alle caserme di Bayamo e Santiago di Cuba.

 

Nel 1954 Gino sposò l’amatissima Norma Albertina Turino Guerra e aggiunse il cognome materno, Paro, al suo cognome.

 

All’interno dell’organizzazione del Movimento “M-26-7”, Gino fu incaricato a portare denaro in Messico su richiesta di Fidel Castro. Il denaro serviva per comperare il battello Granma.

 

Gino incontrò così Ernesto Che Guevara, a cui si legò in modo particolare durante la traversata e aiutò in occasione dei suoi attacchi d’asma.

 

E’ stato Gino con i suoi uomini a ritrovare nel fitto delle mangrovia, al momento dello sbarco, il Che, colpito da un attacco d’asma.

 

In quella spedizione persero la vita la metà degli uomini, da una parte perchè attaccati dalle forze Batistiane, e dall’altra perchè si trovarono in un terreno paludoso, in cui non avevano previsto di sbarcare.

 

Dopo lo sfortunato sbarco, che avvenne il 2 dicembre 1956 a Nikero, vicino a Manzanilla, ai piedi della Sierra Maestra, e dopo la decimazione subita ad Alegria de Pio dai soldati batistiani, Gino tornò clandestinamente a Santa Clara, dove nel Natale 1956 partecipò ad azioni di sabotaggio contro postazioni militari, assieme all’amica Aleida March.

 

Ma nel gennaio 1957 ricevette l’ordine dal “M-26-7” di andare all’estero allontanandosi da Trinidad. Gino era ricercato, ed era sfuggito spesso agli agguati delle forze di Batista.

 

Dopo mezzo secolo Gino ha detto che: “Dopo il Desembarco del Granma, abbiamo fatto quello che abbiamo potuto, chi in una forma e chi in un’altra. Io che ero straniero ero il più indicato per starmene lontano e fare ciò che nella Sierra non avrei potuto fare. C’era necessità di collegamenti, di notizie, d’informazioni, di soldi, di armi, e di molte altre cose. Chi con le armi e chi senza armi ha fatto quello che doveva fare. E anch’io”.

 

Dal 2003 al suo ritorno in Italia, a San Donà, vicino alla famiglia e all’amata nipote Silvana Carnio.

 

E' rimasto in contatto con i suoi compagni “granmisti” a Cuba e in particolare Arsenio Garcia Davila, e Gilberto Carcia Alonso con i quali ha partecipato   alla sfilata del 1° Maggio 2004 dove ottenne una decorazione.

 

In Italia prese contatto con i Circoli dell’Associazione di Amicizia Italia Cuba del Veneto e italiani.

 

Gino Doné era anche amico e socio del Circolo Italia Cuba di Venezia e partecipava assiduamente agli incontri pubblici, ma anche agli incontri conviviali, in cui portava la sua allegria, il suo senso leggero del vivere. Gino portava al Circolo il senso della “quotidianità” delle azioni: per Gino infatti le azioni, anche le più eroiche, se sono sentite come una necessità per chi come lui aveva a cuore le ingiustizie, diventano fatti che fanno parte della normalità di una vita, degnamente vissuta".