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Karl Marx visto da José Martì

 

5 maggio 2010 - di José Martí

 

Vedano questa gran sala. Karl Marx è morto. Per essersi messo dalla parte dei più deboli, merita onore. Ma non fa bene colui che segnala il danno, ed arde di mettere rimedio con generose ansie, bensì colui che con leggerezza insegna il rimedio al danno. Spaventa il compito di porre gli uomini contro gli uomini. Indigna il forzoso e brutale sfruttamento di alcuni uomini sugli altri. Ma è necessario trovare una via di uscita all'indignazione, in maniera che la bestia cessi di esistere, evitando che straripi e spaventi. Vedano questa sala: la presiede, circondato di foglie verdi, il ritratto di quel riformatore ardente, riunificatore di uomini di diversi paesi, organizzatore instancabile e vigoroso.

 

L'Internazionale fu la sua opera: vengono ad onorarlo uomini da tutte le nazioni. La moltitudine che è di valorosi braccianti la cui vista intenerisce e conforta, mostra più muscoli che gioielli, e più facce oneste che panni setosi. Il lavoro abbellisce. Ringiovanisce vedere un contadino, un maniscalco o un marinaio. Maneggiando le forze della natura, diventano belli come esse.

 

New York continua ad essere come una voragine: ciò che bolle nel mondo, in lei sprofonda.

 

Qua si sorride a colui che fugge; là, li fanno fuggire. Da questa bontà deriva la forza di questo popolo.

 

Karl Marx studiò i modi per collocare il mondo su nuove basi, svegliò gli addormentati, ed insegnò loro il modo di gettare a terra i puntelli rotti. Ma camminò in fretta, ed un poco all'ombra, senza vedere che i figli che non hanno una gestione naturale e laboriosa, non nascono di buona salute, né dal seno di un popolo nella propria storia, né dal seno della donna nella propria casa.

 

Qui ci sono buoni amici di Karl Marx che non fu solo il titanico motore della collera dei lavoratori europei, bensì il profondo osservatore della ragione delle miserie umane, degli umani destini, ed uomo consumato dell'ansia di far bene. Egli vedeva tutto quanto portava dentro: rivolta, cammino a testa alta, lotta.

 

Qui c’è Lecovitch, l’uomo dei diari: osservate come parla: gli arrivano i riflessi del tenero e radioso Bakunin: comincia a parlare in inglese; si rivolge ad altri in tedesco: "da'! da'!" rispondono entusiasmati dalle sedie i suoi compatrioti quando si dirige a loro in russo. Sono i russi la frusta della riforma: ma non di più, non sono ancora questi uomini, impazienti e generosi, macchiati di ira, coloro che devono costruire le fondamenta del mondo nuovo: essi sono lo sprone, e arrivano in tempo, evitando che la voce della coscienza si possa addormentare: ma l'acciaio dello stimolo non va bene per il martello fondatore.

 

Qui c’è Swinton, anziano al quale, le ingiustizie infiammano, e che vide in Karl Marx la forma di un monte e la luce di Socrate. Qui c’è il tedesco John Most, urlatore insistente e poco gentile, accendino di falò, che non porta nella mano destra il balsamo con cui deve curare le ferite che apre la sua mano sinistra. Tanta gente è andata a sentirli parlare che potrebbe far traboccare il salone e fin per strada. Società cantano in coro. Tra tanti uomini, ci sono molte donne. Applaudendo, ripetono in coro le frasi di Karl Marx che scrivono sui cartelloni e sui muri. Millot, un francese, dice una cosa bella: "la libertà in Francia è caduta molte volte: ma ad ogni caduta, si è rialzata più bella "

 

John Most parla con fanatismo: "Da quando lessi in una prigione sassone i libri di Marx, ho preso la spada contro i vampiri umani". Dice Magure: "Riconcilia vedere insieme tanti uomini di tutti i paesi, finalmente senza odio. Tutti i lavoratori della terra appartengono ad una sola nazione, e non litigano tra sé, ma tutti insieme stanno contro coloro che li opprimono. Riconcilia aver visto, vicino a quello che fu a Parigi nella ripugnante Bastiglia, sei mila lavoratori riuniti dalla Francia e dall'Inghilterra". Parla un Boemo. Leggano la lettera di Henry George, famoso economista nuovo, amico di coloro che soffrono, amato dal popolo, e famoso qui ed in Inghilterra.

 

E tra un tripudio di applausi tonanti, e frenetici hurrà, che l'ardente assemblea si alzi in piedi, con movimento unanime, mentre si leggono, dalla piattaforma in tedesco ed in inglese, due uomini dalla fronte larga e dallo sguardo fiero come la lama di Toledo, che pronunciano le risoluzioni con le quali la giunta magna dichiara Karl Marx l'eroe più nobile ed il pensatore più poderoso del mondo del lavoro.

 

Suonino dunque le musiche; risuonino i cori, ma si nota che non sono i cori della pace.