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IL TRADUTTORE SI SCUSA PER GLI ERRORI

Di nuovo Silvio Rodríguez

 

17 maggio 2010 - www.giannimna-latinoamerica.it

 

Nei giorni scorsi, nella Spagna attuale, in piena crisi economica e non solo, è stata annunciata una   “Piattaforma di spagnoli per la democratizzazione di Cuba” con lo scopo, enunciato in un Manifesto, di “aiutare il popolo cubano a raggiungere la democrazia il più presto possibile” e a liberarsi da “una feroce e dolorosa dittatura”.

 

Fra i firmatari il regista Pedro Almodóvar e la cantante Ana Belén, in altri tempi grande amica di Cuba. Presiede la Piattaforma lo scrittore peruviano Mario Vargas llosa.

 

Questa iniziativa, partita nell’imminenza di un importante Vertice Comunità Europea-America Latina, ha suscitato indignazione a Cuba.

 

Il cantautore Silvio Rodríguez, ha risposto con il testo riprodotto a continuazione. Secondo l’uso della purificazione dell’aria e della “limpieza” dai cattivi umori, propone di spandere gli effluvi del basilico per ripulire l’aria contaminata dai fumi delle menzogne.

 

Silvio Rodríguez

 

La cortina di basilico

 

Un gruppo di artisti e di scrittori spagnoli ha lanciato una piattaforma per democratizzare Cuba. E se un cubano la pensa in modo differente, decretano che i suoi argomenti sono cortine di fumo della dittatura di cui è vittima e lo paragonano ai franchisti. Ma gli dei sembrano averli castigati. Perché proprio per aver osato investigare i crimini del franchismo il Consiglio Generale del Potere Giudiziario ha appena sospeso il giudice Baltazar Garzón dalla Audiencia Nacional della Spagna. Questa sentenza è un colpo durissimo per una democrazia dalla quale si pretende di giudicare o far giudicare i presunti difetti altrui, ma guai a chi tocca i loro.

 

Il veto a Garzón, considerato un eroe, accade nello stesso paese che qualche anno fa ha dato al mondo una vera lezione di democrazia votando contro il partito al governo che li aveva ficcati in una guerra ingiusta fingendo di non sentire le enormi manifestazioni popolari. Personalmente non mi spiego perché queste personalità siano giunte alla conclusione che la politica verso Cuba debba essere quella dell’isolamento e del blocco. Sembra che non sappiano che da mezzo secolo proprio questa politica non è riuscita a smuovere di un millimetro la determinazione della maggioranza dei cubani.

 

D’altra parte, anche noi cubani desideriamo dei cambiamenti, ma decisi fra di noi. Queste trasformazioni accadranno prima o poi e l’unica politica in grado di accelerarle è la fine del blocco. Tutto quello che viene fatto verso di noi con assedio e pressioni non potremo considerarlo a nostro favore, ma come un insulto alla nostra autodeterminazione, un’ingerenza inammissibile nella nostra vita. Tante aggressioni e minacce ci hanno insegnato che la sopravvivenza passa per una società organica, integra, indivisibile. Per questo ce la siamo cavati bene in scontri artificiali e naturali. Ma sappiamo di essere il risultato di una pressione, del vivere assediati. Non crediamo in un governo centralizzato per sempre. Lo consideriamo piuttosto un concetto di emergenza, un male necessario che il cammino della emancipazione nazionale ci ha imposto per sopravvivere. La fine del blocco ci chiarirebbe profondamente, creando condizioni per avanzare anche nel concetto democratico. Sottolineo che non voglio dire che solo senza il blocco saremo più democratici, ma che sono sicuro che così lo faremo più presto.

 

La fiammante piattaforma propone di isolare ancora di più Cuba e aggravare la nostra già precaria economia. Pretende di convincere il mondo che l’asfissia risolverà il nostro problema. Il loro ipotetico successo significherebbe molta più sofferenza per il nostro popolo che da mezzo secolo sta affrontando ogni genere di difficoltà. La nostra lunga esperienza di “proposte” estranee ci dice che questa azione non è altro che un nuovo artificio per obbligarci a fare ciò che altri considerano che dobbiamo fare. Partendo dal fatto che si tratta di persone ben intenzionate, non so come non capiscano l’offesa di pretendere di farci diventare come loro, con tutte le riserve che suscitano quelle democrazie di banchieri ladri e di eserciti occupanti. Per colmo, quando rispondiamo che non siamo d’accordo, pretendono di negarci il diritto di essere ascoltati perché chiunque non ragioni come loro –dicono- viene contaminato di dittatura.

 

Guidati da un grande scrittore peruviano con un lungo curriculum reazionario, certi intellettuali spagnoli hanno deciso di spendere molte più ore a pensare a come procurarci dei danni che a pensare fino a che punto loro  stiano vivendo in una democrazia. Alcuni sembrano più preoccupati da Orlando Zapata – un uomo che ha avuto il coraggio di scegliere la propria morte e affrontarla - che dei più dei centomila spagnoli assassinati nell’epoca di Franco. E’ triste vedere quanto poco gli interessi approfondire la realtà cubana, visto che le loro conclusioni sono le stesse di quelle dei peggiori nemici della nostra dignità. Per questo concludo riconoscendo che questa pagina è davvero una cortina, ma non di fumo, piuttosto di basilico contro gli effluvi della loro pretesa salvezza.

 

L’Avana 15.5.2010