Nuova operazione

USA contro Cuba
Un videogioco il cui obiettivo è assassinare  Fidel 

 

 

 

 

10 novembre 2010 - info Patria Grande/ Rebelión traduzione Granma Int.

 

 

 

 

Quello che non hanno ottenuto i governi degli Stati Uniti in più di 50 anni, adesso pretendono di realizzarlo per via virtuale.

 

Il video gioco “Call of Duty: Black Ops”, appena presentato  in tutto il mondo, trasporta il giocatore in un ambiente di guerra fredda e pianifica operazioni speciali: la prima è assassinare il leader della Rivoluzione cubana, Fidel Castro.

 

Con tecnologia stereoscopica, il videogioco dell’impresa statunitense Activision richiede che il giocatore maneggi armi e veicoli da guerra per eseguire operazioni militari in territorio nemico, come l’Isola di Cuba.

 

La prima operazione che offre “Call of Duty: Black Ops” è l’assassinio di Fidel.  

 

Questa operazione virtuale nell’Isola dei Caraibi si svolge prima della crisi dei missili del 1962, quando John F. Kennedy era capo della Casa Bianca.

 

L’impresa Activision afferma nella sua nuova versione di “Call of Duty” che permette Di giocare in internet sino a 18 persone simultaneamente, e questo garantisce violenti scontri bellici virtuali, e senza dubbio è un divertimento per psicopatici.

 

La logica di questo nuovo videogioco  è doppiamente perversa: da un lato magnifica gli attentati che in maniera illegale gli Stati Uniti pianificarono contro Fidel Castro - che è sopravvissuto a più di 600 tentativi d’ucciderlo - e dall’altro stimola attitudini negative nei bambini e negli adolescenti nordamericani, i principali consumatori di questi giochi virtuali.

 

I livelli di violenza che impregnano questo genere di prodotti hanno già provocato un allarme negli USA, nel 2006, quando uno dei giochi più violenti, il GTA San Andrea, è stato denunciato nei tribunali dell’Alabama, perchè ha stimolato un adolescente ad uccidere tre uomini. Due erano poliziotti.

 

Ma il fine giustifica i mezzi per una società come la nordamericana.

 

Come direbbe Eduardo Galeano in “Zampe in alto. La scuola del mondo a rovescio”, “la violenza genera violenza come si sa, ma genera anche guadagni per l’industria della violenza che la vende come spettacolo e la trasforma in un oggetto di consumo.