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Nuestra America - Honduras

 

16 i giornalisti uccisi dal colpo contro Zelaya

 

 

21.09.11 - Javier M. González nuevatribuna.es www.granma.cu

 

L’assassinio, alcuni giorni fa di Medardo Flores, un giornalista di Radio Uno di San Pedro Sula (la capitale economica del paese), pone in evidenza un grave problema in Honduras, dove sono stati uccisi 16 giornalisti dal luglio del 2009, la data del colpo di Stato contro Manuel Zelaya.

 

L’honduregno Comitato per la Libera Espressione (C-Libre), ha criticato la mancanza d’azione delle autoritŕ, segnalando che la violenza si č incrementata dopo il colpo.

 

Le cifre degli omicidi di giornalisti in Honduras sono paragonabili solo a quelle del Messico, un paese che moltiplica varie volte il piccolo Honduras in estensione e in abitanti e dove si combatte una vera guerra tra lo Stato e il narcotraffico.

 

Tutti gli assassinii restano impuniti per il governo e tutti i casi rispondono alla delinquenza comune, inoltre si pone in dubbio anche la condizione di giornalista di alcune delle vittime.

 

Per il Commissario Nazionale dei Diritti Umani, Ramón Custodio, la morte del giornalista“mostra una tendenza patologica dentro la societŕ honduregna che dev’essere motivo di preoccupazione, tanto piů forte in quanto lo Stato non svolge le adeguate investigazioni per determinare la responsabilitŕ diretta o indiretta di questi omicidi”.

 

L’anno scorso il presidente Porfirio Lobo ha chiesto aiuto al FBI nordamericano ed ha contato con l’appoggio di specialisti della Colombia e della Spagna, ma l’onda di omicidi non si č fermata. L’ultima vittima, Medardo Flores, era legato al Fronte Ampio di Resistenza Popolare, diretto dall’ex presidente Manuel Zelaya, che fu allontanato con la forza dal paese.

 

In altri casi, i giornalisti avevano denunciato crimini di organizzazioni mafiose, come nel caso di Adán Benítez, che aveva dato informazioni dal Canale 45 della televisione su una banda di saccheggiatori di veicoli.

 

Il responsabile diretto della sicurezza, il ministro Oscar Álvarez, ha appena dato le dimissioni. Si tratta di uno dei piů vicini collaboratori del presidente Lobo e se ne va con la fama d’essere un campione nella lotta contro la corruzione nella polizia.

 

Di sicuro se n’č andato – negli Stati Uniti, dove vive la sua famiglia – lasciando il sospetto che si sta preparando per presentarsi nelle prossime elezioni come candidato alla presidenza, nell’autunno del 2013. Sarebbe un nuovo candidato dalla “mano dura”, in sintonia con quello che č avvenuto nel vicino Guatemala, dove i due candidati disputeranno l’elezione nella seconda giornata di votazioni per vedere qual č il piů severo nella lotta contro la violenza.

 

Nel caso di Oscar Álvarez, il suo passato č, quanto meno, inquietante.

 

Nipote del generale Gustavo Álvarez, presidente di fatto, prima d’essere ministro nell’ attuale governo, č stato ufficiale delle forze speciali del Battaglione 3-16 durante gli anni ´80. Questo battaglione fu un vero squadrone della morte, responsabile di circa duecento esecuzioni extragiudiziarie, quando in Centroamerica si combattevano diverse guerre e la CIA appoggiava i Contras del Nicaragua e le dittature di destra nella zona. Gli americani e i militari argentini inviati dalla dittatura per appoggiare la causa “anticomunista” (con speciale protagonismo del generale Suárez Mason), furono i suoi maestri. Colui che era allora il ministro honduregno alla Sicurezza, giunse a dire al The Baltimore Sun nel 1995: “Gli argentini sono stati i primi a giungere e ci hanno insegnato come far sparire le persone (…) Gli USA hanno aggiunto l’efficienza”.