HOME CRONOLOGIA

 

L’Operazione Patty della CIA: sconfitta

 

con ‘Candela’ mezzo secolo fa.

 

L’attentato contro Raúl

 

 

27 luglio 2011 - M.Hevia Frasquier Direttore del Centro d’Investigazioni Storiche della Sicurezza dello Stato  www.granma.cu

 

I fatti storici che originarono l’operazione Patty, organizzata dalla CIA a metà del 1961, compiranno mezzo secolo nei prossimi giorni.

 

Quel sinistro tentativo d’assassinio marcò una tappa storica nella guerra sporca dichiarata dal governo degli Stati Uniti, per cercare di annichilire in un colpo solo la direzione della Rivoluzione cubana.

 

Nessun piano di assassinio contro Fidel o Raúl, in quei primi anni, contò su un tal grado d’organizzazione e sicurezza al quale parteciparono direttamente la CIA e il Servizio d’Intelligenza Navale della base yankee in Guantanamo.

 

Gli organi della sicurezza cubana aggiunsero al codice "Patty", la parola "Candela (Fuoco)", come espressione della risposta rivoluzionaria contro quei gruppi terroristi interni reclutati e diretti dalla stessa Agenzia.

 

La CIA prevedeva la realizzazione di azioni di terrorismo indipendenti, principalmente nelle città di Santiago di Cuba e L’Avana, e altre province dove si svolsero le manifestazioni commemorative per il 26 di luglio del 1961.

 

Il piano consisteva nell’attentare contro il comandante Raúl Castro Ruz nello stadio di Santiago di Cuba e come seconda variante, nel caso del fallimento di quest’ultimo, un nuovo tentativo criminale nella strada che porta all’aeroporto di questa città. Nella capitale, un gruppo di terroristi avrebbe eseguito un altro tentativo contro la vita del Comandante in Capo durante la concentrazione in Piazza della Rivoluzione.

 

 

RAÚL NELLA MANIFESTAZIONE DEL

26 DI LUGLIO A SANTIAGO

 

 

Altri piani di assassinio contro i nostri dirigenti rivoluzionari precedettero l’operazione Patty in quei primi anni. I documenti ufficiali del governo statunitense, il 27 di Luglio del 1960 dicono che la CIA aveva indicato d’organizzare l’assassinio del comandante Raúl Castro Ruz, in un "incidente" che si presumeva sarebbe stato eseguito da uno dei suoi ‘collaboratori’. Sino ad ora la CIA non ha rivelato dettagli sul luogo, né sugli autori o le circostanze in cui doveva avvenire quel tentativo criminale.

 

Altri documenti non più segreti del governo degli Stati Uniti, anni dopo, segnalano che nell’agosto del 1960 gli alti ufficiali della CIA, Richard Bissell e Edwards Sheffield, coordinavano i dettagli dell’ utilizzo di figure della malavita per assassinare il Comandante in Capo Fidel Castro Ruz.

 

Dai primi mesi del 1961, con l’appoggio della mafia e di elementi terroristi dentro Cuba, la CIA introdusse o pastiglie avvelenate per eliminare Fidel, mentre si organizzavano nuove azioni segrete per tentare d’eliminare la direzione della Rivoluzione prima dell’invasione mercenaria di Playa Girón.

 

Dall’11 dicembre del 1959, Allen Dulles, allora capo della CIA, aveva approvato "[...] Che si dia una seria e ampia considerazione all’eliminazione di Fidel Castro [...]".

 

I funzionari della CIA, interrogati nel 1975 dal Comitato Senatoriale della Commission Church, sulla loro partecipazione ad alcuni tentativi d’assassinio rivelati, contro Fidel, dichiararono che: “[...] consideravano che assassinare era un modo d’agire permesso, per cui dichiararono che credevano che le loro attività erano state assolutamente autorizzate [...]”

 

Richard Bissell rivela nelle sue memorie: “[...] Senza dubbio, mentre avanzavo con i miei piani per la Brigata - si riferiva alla Brigata mercenaria 2506 – avevo la speranza che la avrebbe avuto successo. La mia filosofia durante gli ultimi due o tre mesi nell’Agenzia era molto definita, seguendo il fine che giustifica i mezzi ed io non sarei stato sconfitto [...]”

 

Richard Helms, direttore della CIA tra il 1966 e il 1973, dichiarò i varie occasioni: “(... ) che credeva che un’autorizzazione esplicita non era necessaria per l’assassino di Castro, al principio degli anni ’60. [...] Le azioni che stavamo organizzando contro Cuba e contro il governo di Fidel Castro a Cuba, erano quelle che ci avevano chiesto di fare [...] In altre parole: ci avevano chiesto di eliminare Castro e non esistevano limiti sui mezzi...”

 

William Harvey, capo dell’unità esecutiva della CIA per gli assassinii, ZR-Rifle, testimoniò: “[... ] credevo che gli attentati erano completamente autorizzati a tutti i livelli appropriati, dentro e fuori dall’agenzia [...] Richard Bissell, vicedirettore dei Piani della CIA, disse che le attività contro Castro erano autorizzate dal più alto livello, e che i complotti erano stati discussi con Richard Helms, suo superiore immediato [...]”.

 

“ZR Rifle” era una struttura molto segreta della CIA, organizzata nel 1960, con l’approvazione del governo nordamericano per eliminare personalità straniere "ostili" agli Stati Uniti.

 

La convinzione che ammazzare un capo di Stato corrispondeva all’etica imperante della CIA si riflesse con forza nella propaganda sovversiva che penetrava nell’Isola attraverso vari canali, come l’emittente sovversiva Radio Swan.

 

Questo incitamento criminale penetrò anche nel seno delle organizzazioni terroristiche, e divenne, dallo stesso 1960, un poderoso stimolo al tentativo d’uccidere i dirigenti della Rivoluzione con l’appoggio materiale della CIA. Non conosciamo alcun cittadino residente negli Stati Uniti, che sia stato giudicato da allora in questo paese per aver pianificato o per aver partecipato all’assassinio di un combattente rivoluzionario cubano.

 

Per la prima volta nella storia della CIA, i suoi funzionari affrontarono comitati del Congresso nel decennio degli anni ’70.

 

E nonostante le leggerezze e le giustificazioni, le sessioni, le presenze e i documenti finali del Comitato Church posero in evidenza il pericolo e la mancanza di controllo del governo sulle azioni segrete della CIA e dedicarono un’analisi ai tentativi d’assassinio dei leader stranieri, includendo il presidente Fidel Castro. Quello che l’Agenzia allora riconobbe costituì solo la punta di una gigantesco iceberg di piani e aggressioni criminali che erano iniziati contro Cuba dal 1959.

 

Il rapporto provvisorio della Commissione Church rivelò i pericoli di un pensiero neofascista nelle strutture del governo e nei suoi organi d’intelligenza, con l’impunità e il potere illimitato di un apparato di morte come la CIA, che continua da allora ad agire per il mondo.

 

Documenti attuali della CIA evitano questa conclusione e tentano di sostenere che, nonostante quegli "errori", l’Intelligenza aveva compiuto il suo impegno storico.

 

La CIA non ha agito mai in forma indipendente. Ieri come oggi, obbediva agli ordini dell’ amministrazione di turno.

 

Il programma segreto contro Cuba del presidente D. Eisenhower, del marzo del 1960, esprimeva chiaramente nei suoi Obiettivi:"[...] Il proposito del programma qui esposto è provocare la sostituzione del regime di Castro per uno che risponda meglio ai veri interessi del popolo cubano e sia più accettabile per gli Stati Uniti, in maniera tale che si eviti qualsiasi sospetto d’intervento statunitense [...]"

 

Cuba non era solo i l bersaglio del potere neofascista nordamericano.

 

Nel mese d’agosto del 1960 il governo statunitense aveva fatto i passi preliminari per ordinare la morte del leader africano Patricio Lumumba, ex primo ministro congolese, deposto poco prima con un colpo militare, promosso dagli USA e dai loro alleati europei. Anche se già non aveva il potere nel suo paese, secondo alcuni documenti resi pubblici, lo si considerava tuttavia come una minaccia per i loro interessi e quelli dei loro alleati in Africa. Nel mese di settembre del 1960, si "autorizzò" l’invio di veleno in Congo Belga e si diede la luce verde per il piano di assassinio.

 

Come parte di questa ossessione criminale, i documenti cubani non più segreti di quella tappa, dettagliano nuove infiltrazioni clandestine dalle coste, sin dal principio del 1960, con il proposito di fare attentati contro la direzione rivoluzionaria in vista di Playa Girón.

 

 

POCO PRIMA DI PLAYA GIRÓN

CI FURONO 21 INFILTRAZIONI

 

 

Il 27 febbraio del 1961, provenienti da Miami, s’infiltrarono nella zona di Santa Cruz del Norte, in provincia de L’Avana, gli agenti Willian Patten Tabares e Julio Orias Finalés, per organizzare il tentativo di assassinare Fidel.

 

L’agente della CIA, Rafael Díaz Hanscon pianificava di far scoppiare una bomba il 27 marzo nel salone delle riunioni dell’Istituto Nazionale di Risparmio e Casa, in occasione della possibile visita di Fidel.

 

Hanscon, con il traditore Humberto Sorí Marín, lavorava comandato dalla CIA nell’ occidente di Cuba, per organizzare altri gruppi di terroristi in un chiamato "Fronte di Unità Rivoluzionaria" e intensificare il terrorismo urbano.

 

L’agente della CIA Rogelio González Corso, capoccia dell’organizzazione terrorista Movimento di Recupero Rivoluzionario (MRP), organizzò un altro piano di assassinio da realizzare durante una cerimonia di commemorazione di fronte all’ex Palazzo Presidenziale, con motivo dell’ anniversario dello sciopero del 9 aprile, al quale, si supponeva, doveva partecipare Fidel.

 

La CIA accelerava al massimo altri piani di destabilizzazione, ai quali partecipò anche Alberto Müller Quintana, infiltrato il 17 aprile, che per le istruzioni dell’agenzia, pianificava di realizzare un presunto sollevamento tra le montagne della Sierra Maestra, come parte di un’azione di distrazione dal colpo principale, costituito dalla stessa invasione mercenaria.

 

Uno studio realizzato dal Centro d’Investigazione Storica della Sicurezza dello Stato precisa l’esecuzione di 21 infiltrazioni clandestine provenienti dal territorio nordamericano tra gennaio e aprile del 1961, indirizzate al rifornimento delle bande terroriste, organizzare attentati e creare condizioni, in alcuni casi, per un’auto-aggressione dal perimetro della base navale nordamericana a Guantánamo, che "giustificasse" una pretesa invasione con la partecipazione diretta dell’esercito nordamericano.

 

Secondo i suoi stessi documenti, la CIA si attribuì nei soli sei mesi prima di Playa Girón, 110 attentati dinamitardi, la detonazione de 200 bombe nelle città, 950 incendi e 6 deragliamenti di treni. Poi s’incrementarono le aggressioni, che strappavano nuove vite innocenti tra la nostra popolazione. Continuavano gli attacchi aerei contro villaggi e città, i bombardamenti delle zone rurali con sostanze incendiarie, gli incendi dei campi di canne da zucchero provocati da bande di sollevati, sabotaggi contro obiettivi economici e sociali, aggressioni contro rappresentazioni cubane all’estero, sequestri di aerei e d’imbarcazioni, lanci dagli aerei di armi e munizioni per i gruppi di banditi che fuggivano intimoriti per le montagne, decimati dagli attacchi delle forze armate e dalla milizia rivoluzionaria.

 

Dal 3 aprile del 1961, il Dipartimento di Stato nordamericano aveva dichiarato nel suo detto "Libro Bianco" un’aperta guerra sporca contro la nostra nazione, che, come disse il comandante Ernesto Che Guevara, durante il suo intervento nel Consiglio Interamericano Economico e Sociale dell’8 de agosto del 1961: "[...] Era una vera opera maestra di belligeranza [...] Si chiamava, nel "Libro Bianco", il popolo di Cuba alla sovversione e alla rivoluzione contro il regime di Castro [...]"

 

Nonostante la sconfitta subita sulla sabbia di Playa Girón, molti nel governo di John F. Kennedy desideravano dimostrare che la situazione cubana si poteva ancora risolvere e continuavano a considerare come le uniche azioni realistiche, l’assassinio dei principali dirigenti della Rivoluzione e l’invasione militari dell’Isola.

 

Il 22 aprile del 1961, il Presidente impartì le seguenti istruzioni al suo principale assessore militare, il generale Maxwell Taylor:“[...] Esaminare accuratamente tutte le nostre pratiche e i programmi nelle aree delle attività militari e paramilitari, dell’insorgenza e della contro-insorgenza, che non siano di guerra aperta. Penso che necessitiamo rinforzare il nostro lavoro in questo campo. Analizzando questo studio, spero che presterà una speciale attenzione alle lezioni che si possono apprendere dai recenti avvenimenti in Cuba” [...]

 

 

L’OPERAZIONE PATTY

 

 

L’operazione Patty s’iscrive nella ricerca di quei nuovi meccanismi d’aggressione, come parte d’una guerra segreta che si proiettava non solo contro Cuba, ma contro tutta l’America Latina. In quel complesso panorama storico, quell’operazione era espressione del sentimento di vendetta dei nemici della Rivoluzione Cubana.

 

Il terrorismo continuerà con forza dalla metà del 1961. Studi storici e numerose testimonianze dimostrano che tra il 1960 e il 1967, il popolo cubano e i suoi organi di sicurezza frustrarono più di un centinaio di piani di assassinio d’estremo pericolo contro Fidel e altri dirigenti della Rivoluzione.

 

La base segreta della CIA, JM Wave, installata a Miami, cominciò a ricevere da questo periodo maggiori risorse per la guerra irregolare.

 

Le infiltrazioni e gli attacchi terroristici nelle nostre coste si moltiplicarono.

 

I gruppi di banditi sulle montagne tentarono di riorganizzarsi, ricevendo nuovi rifornimenti di armi. Gli strateghi della CIA e del Pentagono prepararono con meticolosità la nuova operazione strategica di liquidazione conosciuta con la parola chiave "Mangusta", che il governo yankee approvò alla fine del 1961.

 

In materia di terrore, gli anni successivi di quel decennio furono duri e sanguinosi per il nostro popolo. Erano i rantoli d’una fiera molto pericolosa.

 

Le operazioni sovversive più pericolose del nemico non sono narrate fedelmente dagli autori nelle loro memorie e nei libri di storia.

 

È necessario cercare testimonianze e documenti perduti nel tempo, trovare vecchi protagonisti di quel dramma e unire i piccoli pezzi di quella trama storica, alla ricerca di una visione più obiettiva di quel che avvenne.

 

L’operazione Patty non era un progetto illogico.

 

L’agente della CIA, Alfredo Izaguirre de la Riva, fu esplicito nelle sue dichiarazioni alle autorità cubane dopo il suo arresto. Se tenne per sè altri dettagli sensibili che lo implicavano maggiormente al progetto omicida non è possibile saperlo.

 

Alla metà del mese di maggio del 1961, Izaguirre de la Riva partì da L’Avana per raggiungere la città di Miami e conoscere di prima mano le motivazioni del fallimento di Girón, e soprattutto i nuovi piani contro Cuba.

 

Questo personaggio era stato il direttore di un organo di stampa ed erede di altri prosperi affari nel paese durante gli anni ’50. Nel 1959 iniziò i suoi contatti con Jack Stuart, un dipendente dell’ambasciata degli Stati Uniti a L’Avana, attività che mantenne con un altro funzionario, Robert E. Wiecha, viceconsole a Santiago di Cuba, che lo aveva reclutato per la CIA.

 

Collaborò a compiti d’intelligenza diversi per i funzionari della Stazione locale della CIA a L’Avana, sino al gennaio del 1961, periodo nel quale viaggiò molte volte negli Stati Uniti, dove lo addestrarono in intelligenza e terrorismo e dove ricevette, in una fattoria di sua proprietà, un lancio aereo di armi e di esplosivi inviato dalla CIA per realizzare sabotaggi.

 

Sviluppò anche un attivo lavoro come agente principale della CIA, tra le organizzazioni terroristiche che operavano nel paese nei due primi anni dopo il 1959, nei momenti in cui lavorava per strutturare un possibile fronte interno, in attesa dell’invasione mercenaria. Era scappato dopo l’arresto eseguito dalla Sicurezza dello Stato, per cui utilizzando i suoi documenti in regola, andò in Florida nel maggio del 1961.  A Miami, come raccontò anni dopo, incontrò una demoralizzazione generale tra i gruppi controrivoluzionari. "[... ] Tutti maledicevano i fratelli Kennedy, mentre si lamentavano con amarezza della sorte della Brigata 2506".

 

Alfredo Izaguirre mantenne stretti contatti con alcuni ufficiali della CIA e di altri servizi speciali. Tra questi nominò Frank Bender, Karl Hetch e Howard Hunt, strettamente vincolati al terrorismo contro Cuba.

 

Stando alle sue dichiarazioni fu lì che conobbe l’ufficiale della CIA, Bill Williams, chiamato anche Howart Hunt, e il nuovo "progetto" della CIA che aspettava l’approvazione dei capi a Langley, per l’esecuzione di attacchi pirata contro le coste cubane, per seminare mine esplosive nelle baie principali e continuare la distribuzione di armi e di esplosivi ai gruppi interni, per, quando fosse giunto il momento, produrre sollevamenti e altre azioni sovversive.

 

In accordo con i documenti cubani, Izaguirre precisò che "quel progetto era vincolato al rapporto che doveva render conto al Comitato Investigativo della Commissione Taylor e alla decisione che avrebbe preso l’esecutivo...”

 

In quei giorni la Commissione Taylor lavorava all’investigazione delle cause del fallimento dell’invasione di Playa Girón, e tutto indica che decise d’approfittare la presenza dell’agente per interrogarlo segretamente. A uno di quei contatti, secondo lui, aveva partecipato il generale Maxwell Taylor.

 

Alcune settimane dopo il suo arresto in Cuba, Izaguirre ratificò alle autorità dell’Isola che a quella riunione avevano partecipato anche funzionari della CIA e di altre agenzie e i temi erano girati attorno ai gruppi interni, i rifornimenti di armi via aria e la promozione di un sollevamento generale.

 

Assicurò che uno dei presenti gli aveva detto” [...] Levatevi dal testa l’idea che dovevano arrivare i marine, a freddo... per risolvere il problema dipendeva da voi creare uno stato che propiziasse qualsiasi tipo d’aiuto [...]”

 

La tesi del "sollevamento generale" persisteva con forza all’interno del governo nordamericano e costituì, mesi dopo, uno degli obiettivi principali dell’Operazione Mangusta.

 

Infine, secondo Izaguirre “[...] dovevamo migliorare le comunicazioni... era un’ottima idea quella di unificare tutti i gruppi di resistenza, perchè questo avrebbe facilitato molto il lavoro. Mi dissero che potevo star sicuro che la soluzione che avrebbero dato al problema di Cuba sarebbe stata la più adeguata e che avrebbero fatto tutto quello che potevano per assicurarla [...]”.

 

Dopo quella riunione, De la Riva ebbe nuovi contatti nei quali precisò l’importanza del nuovo complotto nel quale l’agenzia lo coinvolgeva: durante l’ultima conversazione, prima di ritornare a Cuba, uno dei funzionari che lo attendeva gli chiese che cosa sarebbe successo se il governo o ‘qualcuno’ avesse attaccato la Base di Guantánamo.

 

Quella mira non era nuova nell’arsenale delle aggressioni contro Cuba.

 

Il 9 marzo del 1960, il colonnello J.C. King, capo della Divisione per l’ Emisfero Occidentale della CIA, aveva proposto la presentazione di un’analisi in cui si "provava" che i dirigenti cubani "[...] avevano promosso un attacco all’installazione della Marina da Guerra degli Stati Uniti in Guantánamo [...]".

 

 

PATTY FU UN’OPERAZIONE MOLTO IMPORTANTE, MA SI SCONTRÒ CON "CANDELA"*

 

 

Dopo il suo ritorno a Cuba, Izaguirre incontrò nel pomeriggio del 8 giugno del 1961 un gruppo di capoccia terroristi, nell’appartamento 16-B dell’edificio Focsa, a L’Avana, per esporre il risultato della sua visita negli Stati Uniti e i piani della nuova cospirazione. Secondo i documenti cubani, Izaguirre disse testualmente che per le loro attività contava con l’appoggio del generale Maxwell Taylor "[...] stanno organizzando una grande operazione che permetterà ai nordamericani di liquidare definitivamente la Rivoluzione e il Primo Ministro Fidel Castro [...]".

 

Discussero sulla necessità di attentare contro la vita di Fidel e di Raúl e scatenare un’ondata di azioni terroristiche capaci di provocare un sollevamento armato. Accordarono che alcuni membri avrebbero pianificato una manovra di “auto-aggressione alla Base Navale yankee a Guantánamo”, come parte di una provocazione che sarebbe servita da ‘pretesto’ per un’invasione armata degli Stati Uniti in Cuba. Tutte quelle azioni dovevano coincidere con il 26 di Luglio del 1961.

 

La tesi d’eliminare in un colpo solo la direzione della Rivoluzione non era nuova. Lo stesso J. C. King, nella sua proposta, già citata, del principio dell’anno 1960, aveva commentato: “[...] a meno che si possano eliminare in un colpo solo Fidel, Raúl Castro e Che Guevara, cosa poco probabile, questa operazione potrebbe diventare senza fine, e l’attuale governo sarà eliminato solo con l’uso della forza [...]”.

 

Dal suo arrivo a L’Avana, Izaguirre sviluppò un intenso lavoro cospirativo in contatto permanente con la CIA, organizzando i vincoli e i rifornimenti delle armi, ristabilendo il contatto con altri agenti e capoccia delle organizzazioni controrivoluzionarie in distinte province del paese.

 

Nella provincia d’Oriente avrebbe anche ripreso i contatti con un gruppo di terroristi che manteneva un vincolo diretto con il servizio d’intelligenza navale della base in Guantánamo.

 

Il detto "Piano d’Azione Immediata", documento sequestrato ad uno dei terroristi nella provincia d’Oriente, puntualizzava un gruppo di misure per l’attentato a Santiago di Cuba, che consisteva nel prendere posizione in una casa adiacente la tribuna della manifestazione nello stadio santiaghero, dove avrebbe parlato il Comandante Raúl Castro Ruz, e installare nella stessa casa una mitragliatrice calibro 30, con due uomini incaricati, mentre altri quattro armati con granate a mano avrebbero facilitato la ritirata.

 

Altri sei uomini armati con mitragliatrici M-3, si sarebbero nascosti sulla strada per l’aeroporto, nel caso in cui il primo attentato fosse fallito e il dirigente avesse decidesse di prendere un aereo per partire per L’Avana.

 

Il piano andava eseguito prima delle 10 di mattina e si sarebbe sincronizzato con un attacco con mortai alla raffineria ‘Hermanos Díaz’, sempre nella città di Santiago di Cuba. I congiurati avevano studiato accuratamente le installazioni dello stadio, le aree adiacenti e la strada citata, ed in particolare il tratto finale per l’aeroporto.

 

Il piano includeva, si presumeva, l’auto-aggressione alla Base Navale yankee, tra le altre azioni di terrorismo.

 

Secondo i documenti cubani, avrebbero situato in una fattoria chiamata ‘El Cuero’, confinante con la Base Navale non meno di quattro mortai che avrebbero sparato sei obici ognuno. Un altro mortaio avrebbe attaccato una postazione d’artiglieri che le Forze Armate Rivoluzionarie avevano in luogo vicino.

 

Il proposito era che le due installazioni militari si credessero aggredite e rispondessero al fuoco dei mortai: questo avrebbe provocato un incidente che poteva servire come pretesto al Governo degli Stati Uniti ed un intervento militare contro l’Isola.

 

Le armi e gli esplosivi da usare nella provincia d’Oriente provenivano in maggioranza dalla Base Navale yankee, ed erano trasportate clandestinamente nel territorio cubano, in accordo con i capi militari dell’installazione.

 

Secondo gli agenti della Sicurezza cubana, le armi erano inviate via mare a un punto vicino da collaboratori al servizio della base nordamericana, da dove poi si trasportavano sino alla spiaggia “El Uvero” e poi portate in luoghi sicuri vicini alla città Guantánamo, utilizzando camion carichi di sabbia.

 

Questi trasporti clandestini di armi e d’esplosivi venivano realizzati anche attraverso la barriera perimetrale tra la Base e il territorio cubano, in luoghi con una folta vegetazione e un limitato transito di veicoli, con agenti e collaboratori del servizio d’intelligenza navale, che partecipavano ad ogni genere d’azione sovversiva dalla stessa Base, in coordinamento con i gruppi antirivoluzionari interni in territorio cubano.

 

Quei lavori di rifornimento d’armi e d’esplosivi si eseguivano indipendentemente dal progetto Patty.

 

Quelle azioni illegali e di violazione del Diritto Internazionale contribuivano al sostegno di gruppi e bande di sollevati come parte d’una congiura permanente.

 

Uno dei principali capoccia di quel complotto del luglio del 1961 si chiamava José Amparo Rosabal, alias il "Zorro". Questo terrorista si nascondeva nella Base Navale di Guantánamo dalla fallita invasione di Playa Girón, e da lì s’infiltrava sistematicamente nel territorio cubano per realizzare azioni di terrorismo e altre attività cospirative.

 

Secondo i documenti cubani, Rosabal manteneva contatti diretti con il capo della Base, l’Ammiraglio O’Donell e i suoi aiutanti, ricevendo orientamenti e rifornimenti da guerra. Quegli ufficiali facilitarono anche le armi per le azioni pianificate in quella provincia per il 26 di luglio del 1961.

 

Secondo distinte fonti consultate i membri di un gruppo terrorista a L’Avana pretendevano d’usare un mortaio da 82 millimetri da una casa situata vicino a Piazza della Rivoluzione, per sparare contro la tribuna dove sarebbe stato Fidel, una volta iniziata la manifestazione.

 

Per quel giorno altri gruppi di terroristi nelle province di Camagüey e Las Villas, avevano pianificato di realizzare altri attentati e azioni di terrorismo contro installazioni di servizio pubblico e alle vie di comunicazione.

 

Ma ancora una volta fu sottovalutata la capacità degli organi della sicurezza cubana e l’appoggio del popolo alle sue missioni.

 

Dopo una minuziosa operazione di contro intelligenza che si chiamò ‘Candela’, riuscì l’infiltrazione in questi gruppi, con il controllo delle attività nemiche.

 

Il 22 luglio del 1961, furono detenuti i principali responsabili del complotto in tutto il paese, includendo Alfredo Izaguirre de la Riva, sequestrando molte armi e proiettili da guerra dell’operazione.

 

Poi il Governo rivoluzionario denunciò pubblicamente la nuova cospirazione.

 

A Santiago di Cuba e Guantánamo, tra le armi occupate, s’incontrarono due cannoni da 57 mm, quattro bazooka, un mortaio da 60 mm, due mitragliatrici calibro 30.06, più 90 fucili mitragliatrici a mano, decine di granate, casse di gelatina da demolizione, mine, centinaia di cartucce di TNT, migliaia di proiettili e altri materiali bellici, tutti di fabbricazione nordamericana.

 

Il comandante Ernesto Che Guevara, nel suo memorabile discorso citato, nell’agosto del 1961, descrisse quei fatti avvenuti nella provincia d’Oriente: “[...] Il 26 di luglio di quell’anno, gruppi di controrivoluzionari armati nella Base Navale di Guantánamo aspettavano il Comandante Raúl Castro in due luoghi strategici, per assassinarlo.

 

[...] Il piano era intelligente e macabro [...] E poche ore dopo, signori delegati, i mortai nordamericani, dal territorio cubano, avrebbero cominciato a sparare sulla Base di Guantánamo. Il mondo intero, avrebbe spiegato chiaramente la cosa: i cubani esasperati perchè in un piccolo scontro uno di quei comunisti che esistono là era stato ucciso, avrebbero cominciato ad attaccare la Base Navale di Guantánamo, e i poveri Stati Uniti non avrebbero potuto fare altro che difendersi [...] Quello era il piano che le nostre forze di sicurezza, molto più efficaci di quello che potevano supporre, hanno scoperto alcuni giorni fa”.

 

Quei fatti, che oggi compiono mezzo secolo, hanno una stretta relazione con le azioni di terrorismo che gli Stati Uniti e i loro alleati promuovono attualmente contro paesi, personalità e dirigenti di altri Stati, attraverso moderni mezzi da guerra, sofisticati e letali, anche se il pretesto non è il pericolo comunista, ma la pretesa guerra contro il terrorismo o la presunta salvaguardia dei diritti umani.