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Cultura - fotografia

 

Inaugurata l’esposizione

“Afrodiscendenti”

 

27 settembre 2011 -  www.granma.cu (cubadebate)

 

L’esposizione fotografica “Afrodescendientes, Guanabacoa-Cuba” di Roberto Chile, è stata inaugurata nella Fototeca di Cuba. Centinaia di persone si sono riunite per apprezzare un’arte che, secondo Chile: “Non è una ricerca dell’immagine, ma è semplicemente un ritratto di come sono nella vita quotidiana, nella scuola, al lavoro, camminando per la strada. È un canto alla spiritualità, visto con una connessione mirata, con il cuore e senza ricerca.

 

“Mi motiva sommarmi ad un omaggio che non dovrebbe durare un anno, ma molti di più e mi sommo per chiedere perdono a questi discendenti di schiavi africani che furono massacrati, maltrattati e umiliati”, ha commentato Chile, che inoltre ha annunciato che il 20 ottobre l’esposizione andrà nel Museo di Guanabacoa, dove mostreremo ai guana bacoensi i loro stessi visi, le loro stesse speranze, le loro stesse sfide di fronte alla vita.

 

Segue il testo della lettera di Roberto Chile a Gabriel Navarrete, Presidente dell’Associazione Spagnola di Cultura e Cooperazione Internazionale, letta durante l’inaugurazione dell’esposizione “Afrodiscendenti, Guanabacoa - Cuba”.

 

- Ore 15,50, pomeriggio:

 

Gabriel, tutto è pronto nella Fototeca. Alle 18.00 riceveremo decine o forse anche duecento invitati o più. La sala dell’esposizione è preziosa e le fotografie, per fortuna mia somigliano a loro. Una banderuola appesa al balcone della Fototeca annuncia la mostra; Josefina, la Madre Nganga, ora stampata in vinile con il suo viso magico, da il benvenuto ai visitatori alle porte del recinto e credo che anche lei stessa, in corpo e anima parteciperà all’incontro.

 

Enriquito, il Padrino, no verrà; ha già 93 anni ed ha preferito restare a La Hata con Saranbanda per pregare per noi: /“Que Sambiampungo nos cutare, pa mucho ondiami, arriban toto”/, che vuol dire: “Che Dio ci accompagni per molti anni qui sulla Terra

 

Hanno promesso di stare con noi anche la violinista e la flautista del Conservatorio di Guanabacoa, con le loro uniformi, i loro strumenti e la loro grazia; Rafael, il cantautore della periferia di Guanabacoa, legato alla sua chitarra e al suo karma, ha detto che verrà e la mulatta di Villa Sonia, e la negra che balla come Oshún, e speriamo i tre, forse quattro di Prima Base e il loro hip hop. E chissà se d’improvviso appare come un angelo caduto dal cielo il negro Rogelio, divenuto un’icona, con il suo sguardo da cimarrone coraggioso dei secoli XX e XXI, per chiederci con la voce dei suoi antenati: “Forse ci chiederete perdono?”

 

Credo che oggi vivrò uno dei giorni più felici della mia vita, già lo sto vivendo, sono in trance fratello, non mi fare caso e per questo lascia che io ti ringrazi, te e tutti coloro che hanno reso possibile questo azzardato rituale, questo cantico d’amore e di vita, questa esplosione di tenerezza.

 

Dio, Abasí, Olofi, Olddumare, dateci vento e ali per non sentirci mai vinti o soli, per vivere con fede per molti anni e insieme ai nostri fratelli, - tutti della stessa razza: nè bianchi, nè mulatti, nè negri, ma esseri umani - moltiplicare virtù, impegni e speranze.

 

Viva l’arte! Viva l’amore! Viva la vita! Viva Cuba!