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IL TRADUTTORE SI SCUSA PER GLI ERRORI 

 

A proposito della indignazione,

il caso Cuba

 

16/10/11 - Iroel Sánchez http://lapupilainsomne.jovenclub.cu/

 

"Commossi, in lutto, indignati, oggi ci riuniamo in questa storica Piazza per dire addio, benché sia solo quasi simbolicamente, ai resti dei nostri fratelli assassinati nel brutale atto di terrorismo perpetrato contro un aeroplano civile in pieno volo con 73 persone a bordo, di esse 57 cubani". Erano le parole con cui il leader della Rivoluzione cubana, Fidel Castro, iniziava il 15 ottobre 1976 - davanti a più di un milione di persone, concentrate nella Piazza della Rivoluzione José Martí  - un'allocuzione nella cerimonia  d'addio per il vittime di ciò che é rimasto scritto nella storia come il "Crimine delle Barbados".

 

La successione di atti terroristici eseguiti da personale addestrato dalla CIA, raggiungeva allora, per Cuba, la più alta quota nella lista che supera i 3000 morti. "E' coerente con queste operazioni criminali, la CIA serve i sacri interessi del sistema" ha detto, a proposito di questo fatto, lo scrittore Mario Benedetti.


Per scontrarsi con i sacri interessi del sistema, la Rivoluzione cubana ha dovuto pagare con il sangue dei suoi
figli la sua indignazione contro quello che il leader comunista
Julio Antonio Mella chiamò "Repubblica di Wall Street." Indignati furono al Moncada, di fronte ai crimini della dittatura  filo nordamericana
di Fulgencio Batista, i giovani della Generazione del Centenario, le cui ragioni per la ribellione si riflettessero in quel manifesto, per tutti i tempi, che è 'La Storia mi assolverà', pronunciato il 16 ottobre 1953.

Fino al 1959, gli interessi di Wall Street comandarono a Cuba, come oggi governano in gran parte del mondo. Tutto ciò che gli Stati Uniti hanno fatto qui, da allora, è per riportare l'isola a quel punto. Vedere i suoi salariati - promotori del "capit
alismo sui generis" contro quello per cui in più di 900 città hanno, oggi, protestato in tutto il mondo - chiedere un'indignazione che serva a una restaurazione del dominio degli Stati Uniti su Cuba farebbe sorridere, se non fosse perché sono gli stessi che qualificano le denunce contro il terrorismo sofferto dai cubani come "cortine fumogene".


Dalle  stesse tasche che pagano per la repressione di Atene, New York o Santiago del Cile i escono i soldi per i
premi e le sovvenzioni a sostegno degli alleati  di Wall Street a Cuba.

 

Ma il coro di

 

“comerciantes/usureros/papagayos/lynchadores/amanuenses/policías/

capataces/proxenetas/recaderos/delatores/accionistas/mayorales/

trúmanes/macártures/eunucos/bufones/tahúres”

 

che descrive il poeta Nicolas Guillen nella sua 'Elegia a Jesus Menendez' per denunciare il crimine che in nome della Borsa di New York Stock fu commesso contro il leader dei lavoratori dello zucchero cubano, mai più tornerà a decidere su questa isola, dove l'indignazione arrivò al potere un Primo di Gennaio.