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Il traduttore si scusa per gli errori

 

 

 
Venezuela: la salute dei morti
 

 

 3.10.2012 - da La Jornadadi Luis Hernandez Navarro www.cubadebate.cu traduzione di Ida Garberi
 

 

 

Nell’aprile del 2012, Walter Mercado, il più famoso astrologo latinoamericano, aveva predetto l’imminente morte di Hugo Chavez. Alla fine di maggio, il conosciuto giornalista statunitense Don Rhater, editore del canale via satellite HDNet, assicurò che il mandatario venezuelano soffriva di un aggressivo cancro conosciuto come rabdomiosarcoma metastatico, e che era molto probabile che non arrivasse con vita alle elezioni presidenziali del Venezuela.

 

A meno di una settimana dalla realizzazione dei comizi, il presidente Chavez è vivo, sano ed attivo. Senza dare segni di esaurimento, è stato protagonista di un’intensa campagna ed esercita compiti di governo. Viaggia, partecipa a vertici, prende la parola e dà ininterrottamente istruzioni. Non c’è nel suo viso né nella sua condotta nessun segno che i vaticini sul suo decesso diventino realtà.

 

Che le profezie di un ciarlatano professionale falliscono, è prevedibile. Che le filtrazioni divulgate da un giornalista serio, che presumibilmente verifica le sue fonti, risultino false, è qualcosa che succede. Ma non può essere casualità che davanti all’imminenza di un processo elettorale chiave si diffondano, in maniera simultanea e sistematica, predizioni di veggenti e relazioni confidenziali di professionisti della stampa e si organizzi una vera campagna di disinformazione sulla salute di Hugo Chavez. L’offensiva mediatica ha un’intenzione: tentare di demoralizzare i seguaci del presidente.

 

L’opposizione venezuelana ed i suoi alleati internazionali vollero fare della salute del mandatario venezuelano un elemento centrale della loro strategia elettorale. Prima, hanno assicurato che sarebbe morto, dopo dissero che era agonico e non avrebbe potuto presentarsi ai comizi; quindi affermarono che non poteva fare campagna; alla fine, dovettero inventare che il vecchio e malato Chavez era stato calpestato dalla gioventù e dall’energia di Henrique Capriles.

 

Niente di tutto ciò è successo. La scommessa oppositrice risultò un fallimento. Invece di scoraggiarsi, i simpatizzanti del mandatario si unirono intorno a lui ed occuparono le strade. Praticamente tutti i sondaggi vaticinano il suo trionfo questo 7 ottobre, con una differenza che fluttua tra 10 e 20 punti.

 

È il presidente un politico vecchio e sconfitto, come assicura l’opposizione? No, non lo è. Si tratta di accuse senza fondamento. Il mandatario ha 58 anni, la stessa età di Angela Merkel, un anno di più che Mariano Rajoy, due di meno di Vladimir Putin e sette meno di Dilma Rousseff. Basta vedere la dinamica della sua campagna, la convinzione dei suoi discorsi, la sua capacità di seduzione, l’utilizzo della sua narrativa, il tempo che passa in piedi ogni giorno, per rendersi conto che è un uomo vigoroso.

 

La forza di Hugo Chavez nella società venezuelana è travolgente. La sua candidatura è profondamente attecchita nella cultura politica emergente nella cittadinanza. In lei si incarna un progetto di trasformazione sociale condiviso da molti. Narratore eccezionale, ha costruito un racconto nazionale nel quale milioni di persone si riconoscono e si identificano. Ha reso visibili gli invisibili ed ha aperto loro spazi affinché si rendano protagonisti della loro stessa storia. Come dimostrano diversi studi di opinione, più del 60% della popolazione è ottimista verso il futuro del suo paese e con le previsioni sulla sua capacità di relazione personale, e più della metà dei venezuelani simpatizzano col socialismo.

 

Al contrario, la destra venezuelana non può dire il suo nome. Henrique Capriles, il candidato della più rancida borghesia venezuelana, deve presentarsi come un membro della classe media, mascherarsi da progressista e di essere capace di migliorare il modello “chavista”, mentre occulta il suo vero programma di governo. Non gli è stato facile. Esprimere idee che non sono le sue, ha generato problemi di comunicazione.

 

Capriles ha avuto il merito di condurre -fino ad ora – una campagna che è sfuggita alla polarizzazione di classe. Ha nascosto nell’armadio l’odio che l’oligarchia ha verso Chavez e si concentrò tentando di guadagnare il voto delle classi medie ed i settori scontenti del “chavismo”, denunciando le promesse incompiute della rivoluzione bolivariana. Tuttavia, la manovra politica non sembra avergli permesso di oltrepassare il soffitto storico dei voti dell’opposizione.

 

Il mandatario ha riconosciuto sbagli nella sua gestione. Meno di una settimana fa ha ammesso che c’è gente che potrebbe essere molesta per gli errori, come il deficit domiciliare, dell’infrastruttura, od a causa del disaccordo con i dirigenti, ma ha chiesto loro che la votazione non sia guidata dai risentimenti. “Il 7 ottobre -espresse – non sta in gioco se c’è stato un blackout o non andò via la luce, che se arrivò l’acqua o non arrivò, che se a me non hanno dato la mia casa, che io non ho ancora un impiego, o che se io sono arrabbiato con non so chi. No. Qui non ci stiamo giocando queste cose, ripeto loro, camerata: ci stiamo giocando la vita della patria, il futuro dei bambini e le bambine di tutto il Venezuela.”

 

Allo stesso modo in cui l’opposizione ed i suoi alleati internazionali avevano annunciato l’imminente morte di Hugo Chavez, solo per trovarsi poi -come nella citazione apocrifa di Don Juan Tenorio – con il mandatario che gode ottima salute, così, ora, hanno voluto creare l’impressione che i comizi hanno un risultato incerto e che Capriles potrebbe vincerli. Nulla permette di supporre che così andranno le cose.

 

Nei pochi giorni che mancano fino al 7 ottobre, il dibattito non è su chi vincerà, bensì con che percentuale trionferà Hugo Chavez. Il vero dubbio non è se l’opposizione rimonterà lo svantaggio che ha nella maggioranza dei sondaggi, bensì se accetterà la sua sconfitta od opterà per giocare il resto delle sue pedine scommettendo sulla destabilizzazione.