Mariela Castro: la mia presenza negli USA

spaventa a coloro che temono perdere privilegi

 

 

5.06.12 - scritto da David Brooks da Cubasì traduzione di Ida Garberi

 

 

Mariela Castro negli USASorprende che a Mariela Castro Espin le sia stato permesso di entrare negli Stati Uniti, qualcosa che ha provocato reazioni quasi isteriche tra leader anticastristi e politici nazionali, mentre, da parte sua, questa figlia della rivoluzione cubana sorprende anche molti qui per essere una voce critica e contemporanea che invita al futuro, ad una lotta contro ogni tipo di egemonia ed imposizione per arrivare ad una società emancipata nella quale si condividano pienamente i diritti.

 

In forum pubblici ed accademici, in riunioni con controparti dedicate all’educazione e salute sessuale a San Francisco e New York ed in circoli progressisti statunitensi, la dottoressa Mariela Castro ha affrontato i temi complessi e correlati alla lotta contro ogni tipo di discriminazione, soprattutto la sua messa a fuoco intorno ai diritti della comunità lesbica, gay, bisessuale e transessuale (LGBT).

Inevitabilmente, la figlia del presidente Raul Castro ha dovuto dialogare qui anche sulle relazioni bilaterali e la dinamica politica e sociale del suo paese. Con franchezza, umorismo e critiche, ruppe alcuni degli stereotipi che si hanno qui – anche tra i progressisti – dei processi che si vivono nell’isola.

 

In intervista con La Jornada, in mezzo ad incessanti attività, ha conversato del suo lavoro, delle sue percezioni degli Stati Uniti, di sorprese e speranze.

 

La direttrice del Centro Nazionale per l’Educazione Sessuale (Cenesex) e la voce più influente nella promozione dei diritti LGBT a Cuba, ha commentato sull’origine del suo lavoro. “Mi sento molto concorde con i processi rivoluzionari. Oltre al vincolo familiare, per quello che conosco della storia di Cuba e per tutto quello che apprezzo del popolo di Cuba, studiai nell’università la filosofia marxista che mi diede molti strumenti per capire il mondo e, come diceva Marx, per trasformarlo. Ci sono giustamente cose dentro la realtà della rivoluzione cubana che mi piacciono ed altre no – come in tutte le società in cui uno vive – ed uno che non mi piaceva era questo atteggiamento discriminatorio verso gli omosessuali”.

 

“Mi faceva sentire scomoda, non mi piaceva che la rivoluzione cubana avesse questi elementi. Quando incominciai a studiare educazione sessuale, incominciai a cercare che cosa fare per tentare di sensibilizzare… Trovai nel pensiero rivoluzionario molti elementi marxisti per focalizzare questo problema, per presentare una piattaforma dentro i nostri principi: l’emancipazione dell’essere umano che è realmente l’obiettivo principale del socialismo. Ma deve essere piena, non deve essere un’emancipazione con certi pregiudizi”.

 

“Non si può abbordare in maniera isolata il tema dei diritti LGBT”, enfatizza. “Dalla messa a fuoco che do a questo lavoro, non si deve delimitare, separare, la lotta per i diritti LGBT da altre conquiste sociali. Oggi esiste una tendenza a separarla. Questo fatto non gli dà forza, la banalizza e la rende parziale. Cioè, dopo che le persone gay potranno sposarsi, non lotteranno più per nessun altro cambiamento sociale nei loro paesi? Già gli basta? Io credo che tutte queste questioni dei diritti debbano essere correlate e fortificarsi presentandosi insieme, con le loro particolarità… si deve continuare a lottare per i diritti delle sovranità nazionali. E continuare a difendere i diritti razziali ed etnici, i diritti alla salute ed all’educazione dei nostri paesi. Tutte queste rivendicazioni devono relazionarsi, non lottare per una sola ed abbandonare l’altra, perché questo riprodurrebbe solo le egemonie”.

 

Ha insistito in che la salute sessuale non è tema moralista né igienista, bensì un lavoro contro tutti i danni storici basati sullo sfruttamento degli esseri umani, poiché i corpi umani sono stati sempre prigionieri di queste ideologie di dominazione. Pertanto, l’emancipazione dell’essere umano deve disarticolare gli schemi di una classe su un’altra, di un paese su un altro, di un’ideologia su un’altra, di uomini su donne, di una razza contro un’altra, di una religione su un’altra. Sottolinea che la discriminazione di ogni tipo ha la stessa origine: la dominazione di un gruppo su un altro. L’obiettivo è concedere diritti a quelli che non li hanno ancora, ma non togliendo diritti a quelli che sì li hanno, bensì condividere pienamente i diritti.

 

Da quando gli fu concesso un visto per visitare il paese, poderosi politici, ovviamente diretti dai legislatori cubano-americani anticastristi della Florida e del New Jersey, figure delle cupole di entrambi i partiti nazionali ed il candidato presidenziale repubblicano Mitt Romney, hanno espresso ripudio e criticato il governo di Barack Obama per lasciarla entrare.

 

Perché spaventa tanto a tanta gente poderosa negli Stati Uniti la sua presenza? “Hanno paura di perdere i privilegi che hanno con le loro manipolazioni politiche e mediatiche della politica degli Stati Uniti verso Cuba”, risponde. Spiega che il bloqueo è commercio per molti che si avvantaggiano di questa politica. “La mia presenza è un elemento simbolico per loro. Pensano che perché mi hanno dato il visto, le relazioni con Cuba migliorino, e questo a loro non conviene per i loro affari”.

 

Ha confermato la posizione de L’Avana di essere disposta al dialogo con Washington “alla pari e con rispetto della sovranità” per normalizzare le relazioni. Ma, ha riassunto quello che ha vissuto Cuba, dai molteplici tentativi di assassinare Fidel Castro, fino al caso dei Cinque cubani incarcerati negli Stati Uniti, e ha ricordato che ci sono più di 5mila vittime di attentati terroristi contro Cuba.

 

Si é dichiarata in favore di una negoziazione per permetta che i Cinque siano liberati, insieme ad Alan Gross, che sconta una condanna in Cuba per aver violato le leggi di questo paese, affinché tutti tornino a casa loro, ed ha affermato che tutto questo sta nelle mani di Obama.

Che evento recente le dà più speranza nel mondo? Castro risponde: “Wikileaks”, e ride. Spiega che ha avuto un impatto diretto sui poli del potere. Ma aggrega che anche quello che genera speranza è il nuovo linguaggio dei nuovi movimenti sociali nella loro lotta per le loro rivendicazioni… “i movimenti sociali mi entusiasmano, bisogna vedere che cosa succede, ognuno con le sue particolarità e nel suo proprio contesto”.

 

Mariela Castro:

"Mi considero una dissidente"

 

 

30.05.12 - http://cambiosencuba.blogspot.it/

 

 

Mariela Castro Espin, la figlia del presidente cubano Raul Castro, ha detto a New York che si considera una 'dissidente' del potere egemonico globale e che sogna una Cuba sovrana, ma che guarda "criticamente" la realtà dell'isola e crede che il processo elettorale potrebbe essere "ancora più democratico".

"Io mi considero una dissidente e non mi piace che ci tolgano questo aggettivo coloro che rispondono a posizioni ufficiali del potere egemonico globale" ha affermato Castro durante una conferenza presso la New York Public Library per discutere dei diritti della comunità gay, lesbiche , bisessuali e transgender nel suo paese.

Castro Espin, direttrice del Centro Nazionale di Educazione Sessuale di Cuba (CENESEX), ha anche difeso durante il suo discorso il processo elettorale cubano, anche se ha riconosciuto che "potrebbe essere ancora più democratico".


"I rivoluzionari sono dissidenti, siamo scomodi e soffriamo la discriminazione per il nostro progetto storico di un'ideologia che cerca di sperimentare la piena emancipazione dell'essere umano", ha aggiunto la figlia del presidente cubano davanti ad un pubblico di oltre un centinaio di persone.

Parafrasando il leader dei diritti civili USA Martin Luther King, la nipote di Fidel Castro ha detto che "sogna" una Cuba che sia grado di mantenere la sua sovranità "nel tempo", all'interno del quale c'è il diritto dei cubani "di scegliere il percorso per sostenere la nostra libertà".

 

Mariela Castro: "Me considero una disidente"

Mariela Castro Espín, la hija del presidente cubano, Raúl Castro, aseguró este martes en Nueva York que se considera una «disidente» del poder hegemónico global que sueña con una Cuba soberana, pero que mira «críticamente» la realidad de la isla y cree que el proceso electoral podría ser «más democrático todavía», informa Efe.

«Yo me considero una disidente y no me gusta que nos quiten ese adjetivo quienes responden a posiciones oficiales del poder hegemónico global», afirmó Castro durante una conferencia en la Biblioteca Pública de Nueva York para hablar de los derechos de la comunidad de gays, lesbianas, bisexuales y transexuales en su país.

Castro Espín, directora del Centro Nacional de Educación Sexual de Cuba (Cenesex), defendió también durante su discurso el proceso electoral cubano, aunque reconoció que «podría ser más democrático todavía».
«Los revolucionarios somos disidentes, somos incómodos y sufrimos la discriminación por nuestro proyecto histórico por una ideología que intenta experimentar la emancipación plena del ser humano», añadió la hija del presidente cubano ante un auditorio de más de un centenar de personas.

Parafraseando al líder de los derechos civiles estadounidense Martin Luther King, la sobrina de Fidel Castro dijo que «sueña» con una Cuba que logre mantener su soberanía «a lo largo del tiempo», dentro de la cual está el derecho de los cubanos «a elegir el camino para sostener nuestra libertad».