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"La mia Cuba"

 

Un'isola meravigliosa, un popolo straordinario e poi il baseball, quello vero. Perché il baseball è Cuba e Cuba è il baseball. Non c'è cubano che non abbia mai preso una mazza o un guanto in mano

 

 27 febbraio 2012 - Pubblicato da Ruggero Bagialemani http://www.baseball.it

 

Fotografia Ruggero BagialemaniDa diverso tempo mi era stato chiesto di scrivere su Baseball.it di Cuba, del baseball e dello straordinario popolo dell'isola. E oggi eccomi qua a raccontarvi, per la prima volta, di tutto questo. Non senza un pizzico di comprensibile emozione.


Cuba per me è come una seconda Patria. Un posto fantastico, dove ci sono tutti gli ingredienti per poter sognare e vivere come meglio sarebbe difficile trovare in altre parti del mondo, c'è il clima giusto, perfetto tutto l'anno, il mare che non ha eguali, la gente è straordinaria. E poi c'è il baseball, quello vero, quello che negli USA si giocava fino agli anni '70, fatto di sudore e meritocrazia, dove si lavora per migliorarsi giorno dopo giorno e dove ogni partita è vista come una gioia e voglia di divertirsi. Dove il doping non migliora le prestazioni di nessuno e dove per battere un record non hai bisogno di aiuti esterni. Tutto è frutto del proprio sudore, dei propri sacrifici. Cuba è una scuola di vita dove lo sport è rispettato e valorizzato, dove gli sponsor ancora non hanno preso il sopravvento (ma durerà ancora per poco) cambiando lo stato delle cose.


Il baseball è Cuba e Cuba è il Baseball. Non c'è cubano che non abbia mai preso una mazza o un guanto o che non abbia giocato una partita di baseball. Lì cammini per strada e senti profumo di baseball, vedi i bambini che giocano con manici di scopa, palle di pezza e guanti aggiustati. Basta avere qualcosa che possa assomigliare a un attrezzo per giocare a baseball. Questo mi riporta indietro negli anni e cioè a quando ero bambino. A Nettuno, dove sono nato e cresciuto, era esattamente cosi, giocavamo per strada noi bambini sfidandoci di quartiere in quartiere. Nettuno potrebbe considerarsi in effetti la piccola Cuba, per passione, clima, mare, il lungomare (come il celebre Malecon de L'Avana) e il baseball. Per esempio a L'Avana c'è una piazza (El Parque Central) dove si radunano tutti i giorni dell'anno i tifosi di tutte le squadre di Cuba e parlano di baseball, di fianco al monumento di Josè Martì. La maggior parte sono tifosi degli Industriales, la squadra della Capitale e la più titolata del campionato cubano. I loro antagonisti sono gli Orientales di Santiago di Cuba e quando le 2 squadre si incontrano il paese quasi si ferma. Per forza di cose ci si deve schierare, è chiamato "il classico di Cuba". Anche Santiago è una squadra che ha vinto molto, ma meno vincente di quelli della capitale... A L'Avana ci sono molti emigranti e tutte le squadre sono ben rappresentate: vanno avanti a parlare di giocate, strategie e giocatori per l'intera giornata che è un piacere starli a sentire. Da noi invece c'è il Bar Nettuno dove si fanno processi e si preparano trasferte, dove tutti sanno, conoscono e hanno giocato a baseball, perchè non c'è un nettunese (come un cubano) che non abbia mai provato a giocare a baseball...


I giocatori cubani non hanno caratteristiche particolari. Loro rappresentano il baseball, li c'è tutto, il fuoricampista, i difensori, i corridori, battitori di media e grandi ladri di basi. Lascio da parte i lanciatori perchè ne parlerò in modo approfondito più avanti. A Cuba gli allenatori cercano di sfruttare al massimo le caratteristiche degli atleti che hanno a disposizione (e ne hanno tanti). Faccio l'esempio di Omar Linares perchè ho avuto la fortuna di conoscerlo, di allenarmi insieme, giocarci contro e vedergli fare cose per me impossibili. Sono contento di essere amico di Omar, il più grande atleta che ho visto su un diamante. Lui dentro il campo poteva occupare tutti i ruoli, un vero superman. Poteva lanciare, il suo braccio era sopra le 90 miglia, correva da casa a prima in meno di 4 secondi, essendo alto 1.85 qualcosa di eccezionale, poteva giocare interbase, seconda, esterno, ma preferirono farlo giocare in terza per rendere di più in battuta. Non ci sono altre parole per definire Omar Linares, soprannominato da ragazzo" El Nino de Oro "e ancora oggi chiamato "El Nino". Adesso è allenatore, si diverte dando tutta la sua esperienza come allenatore dei battitori: l'ho visto lo scorso anno, ho parlato con lui di tante cose e siamo un pò tornati inevitabilmente ai vecchi tempi. Cuba ha prodotto tanti campioni in tutta la sua storia, ne potrei citare talmente tanti che poi farei un torto a tanti amici se me ne dimenticassi uno soltanto. Ma Omar Linares è stato qualcosa di stratosferico e la generazione che lo ha visto giocare si deve, secondo me, ritenere fortunata a poter raccontare le sue gesta.


Di lanciatori Cuba ne ha prodotti tantissimi e tutti di grandissimo valore. Ne ho conosciuti ed affrontati molti, infatti ancora oggi (purtroppo per noi battitori) la generazione che va dagli anni ‘80 alla seconda metà degli anni ‘90 viene considerata la più ampia sfornata di lanciatori mai espressa dal campionato cubano. Per darvi una dimensione delle loro qualità, per far capire quanto fossero forti, faccio un piccolo esempio: potete chiedere anche ai miei compagni dell'epoca, i vari Ceccaroli, Bianchi, Carelli, Fochi, Trinci, Gambuti, Mazzieri, Cabalisti (tutti grandi campioni che saluto con affetto) e tutti i componenti di quel fantastico gruppo che era il Club Italia che poi ha fatto le fortune della Nazionale Italiana. I lanciatori da noi affrontati si chiamavano Braudilio Vinnent (uno dei migliori della storia cubana), Julio Romero, Pablo Miguel Abreu, Lazaro Valle, Rene Arocha, Euclide Rojas, Jorgue Luis Valdes, Omar Ajete, Rafael Castillo, Rolando Arrojo, Omar Luis, Orlando "El Duque" Hernandez, Jose Contreras, Rogelio Garcia ed altri che magari che in questo momento mi sfuggono. Per esempio, pensate che "El Duque", in seguito approdato in Major League dove ha vinto 4 anelli (3 con gli Yankees e uno con i Chicago White Sox), a Cuba non era considerato tra i migliori e con la "Seleccion", ovvero la Nazionale cubana quasi mai lanciava le partite di cartello. Questo per darvi l'esatta dimensione della loro forza. Atleti straordinari, di ognuno di loro potrei raccontare almeno un aneddoto.


Del baseball cubano ammiro la determinazione, il modo di affrontare le partite, la preparazione alla gara, tutti la vivono in maniera intensa, dal manager al magazziniere e un giocatore seduto in panchina quando entra è sempre pronto, fanno tutto al doppio della velocità degli altri.


Se mi chiedete cosa ha reso vincente negli anni i cubani direi la loro dedizione al gioco, la preparazione, ma soprattutto la loro situazione politica: bisognerebbe parlarne molto, comunque la differenza l'hanno fatta la voglia di emergere e di riscatto.


Vorrei anche dirvi del'insegnamento del baseball cubano e cosa dovremmo imparare assolutamente da loro. Sicuramente la disciplina, il conoscere il baseball in ogni minimo dettaglio, mai farsi trovare impreparati in ogni azione di gioco, essere furbi, scaltri e se un avversario in quel giorno è più forte di te cercare in qualche modo di metterlo in difficoltà per cambiare l'inerzia della partita. Ma soprattutto mai accettare il risultato facile, semplice, qualunque esso sia, positivo o negativo, e cioè dare sempre qualcosa di proprio in ogni partita.


Mi sarebbe piaciuto giocare, ma è un sogno e quindi esagero, in un diamante composto da Orestes Kindelan in prima base, Antonio Pacheco in seconda, Omar Linares in terza, Ruggero Bagialemani interbase... Scusate se mi sono permesso ma è un gioco, quello che ho usurpato è il posto di German Mesa, detto il Mago, il più forte interbase che io abbia mai visto... sono contento e orgoglioso di essermi potuto allenare e imparare molto da loro. Un giorno mi piacerebbe vedere giocare in Italia "El Duque" Hernandez, per me è come un fratello.


Finisco qua. Di considerazioni ce ne sono tantissime altre e parlarne in poche righe sarebbe riduttivo. Alle prossime puntate.