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IL TRADUTTORE SI SCUSA PER GLI ERRORI 

   

 

GARCÍA MARQUEZ RACCONTA SU LATINOAMERICA

QUANDO PORTO’ A CLINTON UNA LETTERA DI FIDEL ...

PER FERMARE IL TERRORISMO ATTIVO IN FLORIDA CONTRO CUBA

 

 

2.02.12 - www.giannimina-latinoamerica.it

 

 

E’ in libreria dai primi di febbraio il n. 117 della rivista trimestrale Latinoamerica diretta da Gianni Minà. Quest’ultimo numero si caratterizza per due testimonianze fondamentali per capire lo stato del continente latinoamericano attualmente in grande evoluzione.

 

La prima è la cronaca, in prima persona, scritta dal premio Nobel della letteratura Gabriel García Marquez, nell’aprile del 1998, quando andò alla Casa Bianca per consegnare una lettera riservata che Fidel Castro gli aveva chiesto di portare all’allora presidente degli Stati Uniti Clinton.

 

Il leader cubano era preoccupato per la piega che stavano prendendo gli eventi a causa degli attentati terroristici organizzati a Miami e messi in atto a Cuba da frange di oppositori della Rivoluzione. Purtroppo García Marquez, in quella occasione, al contrario di altre, non riuscì ad incontrare il Presidente nordamericano, tanto che, considerata la delicatezza della situazione, il governo cubano decise di infiltrare in Florida 5 agenti dell’intelligence per smascherare le centrali eversive. Sono i cinque cubani ancora in carcere negli Stati Uniti, dopo 13 anni, per aver smascherato quella pagina controversa degli insanabili rapporti tra Stati Uniti e Cuba. Un contrasto che ora, come spiegano Salim Lamrani e Wayne Smith, è tornato d’attualità con il caso Gross, un contractor della Cia esperto di informatica, che era andato a Cuba, in teoria per dotare la comunità ebraica dell’Isola, di apparecchiature elettroniche, mentre ora è accusato di attività di spionaggio e sovversione interna.

 

La seconda testimonianza del n. 117 di Latinoamerica, è basata, invece, su un lungo approfondimento del giovane ricercatore Eder Gallegos che ha ricostruito con date, cifre, particolari e cartine geografiche la storia della “narcoguerra” in corso in Messico per contenere i vecchi e nuovi cartelli della droga. Una guerra che lo stato ha finora combattuto e perso, pagando il prezzo di 50mila morti e l’assassinio di una trentina di giornalisti. Singolare è che un massacro come questo che ha causato tanti morti quanto il conflitto in Iraq, non abbia risalto sull’informazione occidentale.

 

Latinoamerica, in questo numero, si occupa anche, con un saggio del politologo uruguaiano Raul Zibechi, del possibile insorgere di una sorta di guerra fredda nel continente fra gli Stati Uniti e le nazioni progressiste (Brasile, Argentina, Uruguay, Venezuela, Bolivia, Ecuador, ecc.) che stanno marcando con ardite scelte di grande rispetto sociale la vita del continente. Particolare attenzione all’Argentina della presidentessa Kirchner, in questi giorni in visita a Cuba che, dopo avere risolto qualunque pendenza con il Fondo monetario internazionale, ha varato leggi fra cui quelle sui media e sulla carta assolutamente d’avanguardia nel mondo monopolistico che, fino a ieri, ha condizionato il mercato dell’informazione occidentale.

 

Il terrorismo di stato che continua in Colombia, una riflessione sul risultato delle elezioni in Nicaragua e Guatemala e i saggi di Alberto Rabilotta e Samir Amin su una crisi finanziaria mondiale, incredibilmente più dolorosa per l’Europa che per l’America Latina (meno condizionata dalle agenzie di rating e dalla finanza speculativa) completano le pagine politiche del numero 117.

 

In quelle culturali, infine, da segnalare un ricordo di Saverio Tutino, un riassunto di quello che il Brasile sta preparando per festeggiare i 100 anni dalla nascita di Jorge Amado e un saggio sui 500 anni di resistenza culturale delle popolazioni delle Ande.