Di bugia in bugia fino alla

 

stupidaggine finale?

 

 

 

25.10.2012  - Iroel Sanchez http://lapupilainsomne.jovenclub.cu/ pubblicato in CubAhora
[Youtube = http://www.youtube.com/watch?v=k4piDVtWQzU&feature=plcp]

 

 

 

 

Il 30 maggio 2012 il famoso giornalista USA Dan Rather scriveva sul suo sito web Dan Rather Reports: "Questo giornalista è stato informato che il presidente venezuelano Hugo Chavez ha un Rabdomiosarcoma Metastatico, un tumore molto aggressivo che è entrato 'nella fase finale'" e aggiungeva "Chavez ha lanciato la sua candidatura per la rielezione in Venezuela, ma diverse fonti - tra cui quella che ha rivelato il tipo di cancro di cui soffre - mi hanno detto che credono che non é sicuro che il dittatore sarà vivo per vedere i risultati".

"Non ci si aspetta che Chavez viva più di un paio di mesi al massimo" affermava l'ex reporter della catena televisiva statunitense CBS. Immediatamente, la macchina mediatica internazionale riproduceva la "notizia", ​​ricordando il curriculum di Rather e la sua copertura dell'assassinio Kennedy e il caso Watergate. Le fonti che osarono smentirlo erano qualificate come "ufficiali", mentre il famoso reporter, che esponeva la sua faziosità chiamando "dittatore" il Presidente venezuelano, era degno di tutto il credito. La cosa spiacevole è che, non importa le bugie che abbia detto, continuerà ad esserci in quei media che parteciparono, in modo militante, nella campagna elettorale venezuelana per, cinque mesi dopo le affermazioni di Rather, dover accettare la
schiacciante vittoria di Hugo Chavez.

Da quel momento, i mezzi di comunicazione in Caracas, Madrid e negli Stati Uniti non hanno smesso di lanciare nuovi falsi allarmi, il più recente dei quali - non l'ultimo - è stata la "morte" del leader della Rivoluzione cubana Fidel Castro. Ancora una volta "fonti degne di credito" hanno speculato sulla salute di Fidel, inventarono situazioni familiari e persino cercarono testimoni medici che dessero loro una diagnosi: "Ictus".
Da Cuba, i quattro gatti che organizza la Sezione di Interessi all'Avana degli Stati Uniti, come la blogger presumibilmente premiata per fare buon giornalismo, rilasciavano allegre interviste sul tema per svolgere il ruolo di testimoni in situ assegnato dai loro padroni.

Date le speculazioni sul suo stato di salute, Fidel, con l'astuzia di un buon guerrigliero, ha lasciato avanzare il nemico e gli ha teso un'imboscata: "È bastato un messaggio ai laureati del primo corso dell’Istituto di Scienze Mediche "Victoria de Girón"  per far sì che il pollaio della propaganda imperialista si eccitasse e le agenzie di stampa si lanciassero voraci dietro la menzogna". Poi li ha preso in giro con un finale sterminatore: "Non mi ricordo neanche di un mal di testa. Come testimonianza di quanto sono bugiardi, offro le foto che accompagnano questo articolo".

Ancora una volta brillano i media mainstream per la loro militanza politica e ruolo strumentale che non permettono loro di fermarsi un istante a riflettere se stanno informando la verità. Davanti al messaggio del Comandante ai medici cubani laureati nel 1962, nessuno dei grandi media di comunicazione ha ricordato l'etica della Rivoluzione cubana, ferma nella stessa definizione data da Fidel di "non mentire mai", né il percorso di falsità originate negli Stati Uniti  contro Cuba. Un "analista" di quelli che guadagna a Miami per insultare la Rivoluzione ha voluto salvare la sua reputazione dando la colpa ai social network su Internet. Come se i tentativi di assassinare il leader cubano, sia fisicamente che mediaticamente, non risalgano a quasi sessant'anni fa, quando la rete delle reti era lontano dall'esistere. Si tenta così di nascondere che l'aggressione dell'imperialismo e dei suoi servitori contro un un processo rivoluzionario necessita di bugie come alimento permanente. Il tale analista lo sa molto bene, è stato lui uno di quelli che -  pagato dal governo degli Stati Uniti - avvelenò l'ambiente dei mezzi di comunicazione della Florida contro i
Cinque Eroi cubani ingiustamente condannati lì.

Fidel nel suo articolo ricorda che un'altra stupidaggine scandalosa di una guerra che non é cessata: "Tutto il mondo ha creduto nell’aprile del 1961, alle notizie pubblicate dalle agenzie di stampa sul fatto che invasori mercenari di Girón o Baia dei Porci, come la si vuole chiamare, stavano giungendo a L’Avana quando in realtà alcuni di loro cercavano infruttuosamente di andare in barca alle navi da guerra degli yankee che li scortavano". Ma era impossibile vincere nelle notizie la battaglia che già avevano perso in campo militare.

Per citare alcuni recenti capitoli di questa guerra psicologica, dalla "fase finale" di Chavez, con cui si cercava anche di destabilizzare Cuba, sin qui, i media - nel loro tentativo di costruire loro ciò che la realtà cubana non gli fornisce - hanno cercato di convertire un
incidente stradale in un assassinio politico, una festa alimentare in sciopero della fame e un fantasma delle reti in polemista emigrato.

 

Cospirando irresponsabilmente contro la loro credibilità, sono passati di menzogna in menzogna sino a questa nuova stupidaggine, che per coloro che hanno fatto dell'inganno uno stile di vita, non conosce fine.

 

 

De mentira en mentira hasta el papelazo ¿final? (+ video)

Iroel Sánchez http://lapupilainsomne.jovenclub.cu/

El 30 de mayo de 2012 el célebre periodista norteamericano Dan Rather decía en su sitio en Internet Dan Rather Reports: “A este reportero se le informó que el presidente venezolano Hugo Chávez tiene un Rabdomiosarcoma Metastásico, un cáncer muy agresivo que ha entrado ‘en su etapa final’”, y agregaba “Chávez lanzó su candidatura para la reelección en Venezuela, pero varias fuentes —incluyendo la que reveló el tipo de cáncer que padece— me dijeron que ellos creen que es dudoso que el dictador esté con vida para ver los resultados”.

“No se espera que Chávez viva más que un par de meses a lo sumo“, afirmaba el exreportero de la cadena de televisión norteamericana CBS. De inmediato, la maquinaria mediática internacional reproducía la “noticia”, recordando el curriculum de Rather y sus coberturas del asesinato de Kennedy y el caso Watergate. Las fuentes que se atrevieron a desmentirlo fueron calificadas de “oficialistas”, mientras que el famoso reportero que exponía su parcialidad, llamando “dictador” al Presidente venezolano, era digno de todo crédito. Lo lamentable es que, no importa las mentiras que haya dicho, lo seguirá siendo en esos medios que participaron de manera militante en la campaña electoral venezolana para, cinco meses después de las afirmaciones de Rather, tener que aceptar la aplastante victoria de Hugo Chávez.

De entonces acá, los medios de comunicación asentados en Caracas, Madrid y Estados Unidos no han dejado de lanzar nuevos bulos, el más reciente de los cuales -que no el último- ha sido la “muerte” del líder de la Revolución cubana Fidel Castro. Otra vez “fuentes dignas de todo crédito” especularon con la salud de Fidel, inventaron situaciones familiares y hasta buscaron testimonios médicos que les dieran un diagnóstico: “embolia masiva”. Desde Cuba, los cuatro gatos que organiza la Sección de Intereses de Estados Unidos en La Habana -como la bloguera supuestamente premiada por hacer buen periodismo- daban alegres entrevistas sobre el tema para cumplir el papel de testigos in situ asignado por sus amos.

Ante las especulaciones sobre su estado de salud, Fidel, con la astucia del buen guerrillero, dejó avanzar al enemigo y le tendió una emboscada: ”Bastó un mensaje a los graduados del primer curso del Instituto de Ciencias Médicas “Victoria de Girón”, para que el gallinero de propaganda imperialista se alborotara y las agencias informativas se lanzaran voraces tras la mentira”. Luego se burló de él con un final exterminador: “No recuerdo siquiera qué es un dolor de cabeza. Como constancia de cuan mentirosos son, les obsequio las fotos que acompañan este artículo”.

Otra vez brillan los grandes medios de comunicación por su militancia política y papel instrumental que no les permite detenerse un instante a meditar si están informando la verdad. Ante el mensaje del Comandante a los médicos cubanos graduados en 1962, ningún gran medio de comunicación recordó la ética de la Revolución cubana, asentada en la propia definición dada por Fidel de “no mentir jamás”, ni tampoco la trayectoria de falsedades originadas en Estados Unidos contra Cuba. Un “analista” de los que cobra en Miami por insultar a la Revolución ha querido salvar su reputación culpando a las redes sociales en Internet. Como si los intentos de asesinar al líder cubano -tanto física como mediáticamente- no se remontaran casi sesenta años atrás cuando la Red de redes estaba muy lejos de existir. Se intenta así esconder que la agresión del imperialismo y sus servidores contra un proceso revolucionario necesita de la mentira como un alimento permanente. El tal analista lo sabe muy bien, fue él uno de los que -pagado por el gobierno norteamericano- envenenó desde los medios de comunicación de La Florida el ambiente contra los Cinco héroes cubanos injustamente condenados allí.

Fidel en su artículo recuerda otro papelazo escandaloso de una guerra que no ha cesado: “Todo el mundo creyó, en abril de 1961, las noticias publicadas por las agencias cablegráficas acerca de que los invasores mercenarios de Girón o Bahía de Cochinos, como se le quiera llamar, estaban llegando a La Habana, cuando en realidad algunos de ellos trataban infructuosamente de llegar en botes a las naves de guerra yankis que los escoltaban”. Pero era imposible ganar en las noticias la batalla que ya habían perdido en el terreno militar.

Por citar algunos capítulos recientes de esa guerra sicológica, desde “la etapa final” de Chávez, con la que también se pretendía desestabilizar a Cuba, hasta acá, los medios –en su afán por construir ellos mismos lo que la realidad cubana no les provee- han intentado convertir un accidente de tránsito en asesinato político, un festín alimentario en huelga de hambre y un fantasma de las redes en polemista emigrado. Conspirando irresponsablemente contra su credibilidad, han ido de mentira en mentira hasta este nuevo papelazo que, para quienes han hecho del engaño un modo de vida, no conoce el final. (Publicado en CubAhora)

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