La reale importanza del

voto cubano-americano

 

 

10.12.2012 - Jesús Arboleya Cervera  http://lapupilainsomne.jovenclub.cu/
 

 

 

Per essere considerati tra i più conservatori dello spettro politico USA, ha suscitato molto scalpore la notizia che almeno il 45% degli elettori cubano-americani  ha votato per la candidatura del presidente Barack Obama nelle ultime elezioni.

In realtà non dovrebbe causare tanta sorpresa. Come ha detto Alvaro Fernandez in uno dei suoi commenti, tali risultati non fare che confermare una tendenza apprezzabile negli ultimi anni, che è relazionata all'impatto dei nuovi immigrati e l'emergere di giovani nati o formati negli Stati Uniti, all'interno del set dei votanti.

Anche se alcuni ritengono che questi cambiamenti portano inevitabilmente al disinteresse per la questione cubana, non sembra che sia questo quello che è successo alle elezioni. Se gli elettori cubano-americani avessero votato per motivi esclusivamente economici, il più probabile é  che molti non lo avrebbero fatto per Obama. Né li ha mobilitati una riforma migratoria di cui non hanno bisogno o il problema dei clandestini. Infine, benché in effetti ad una popolazione con alti tassi di invecchiamento dovrebbe preoccupare le proposte repubblicane contro i benefici sociali, paradossalmente non fu questo segmento quello che ha votato per il presidente e gli altri candidati democratici.

Due fatti, in qualche modo connessi, saltano agli occhi come cause del risultato elettorale: la paura di molti per la politica verso Cuba ritornasse ai suoi fondamenti più ostili ed il rifiuto ideologico delle nuove generazioni al conservatorismo estremo dei repubblicani, essendo ancora una volta stabilita la differenza tra il cosiddetto "esilio storico" e la maggior parte del resto della società cubano americana con il conseguente indebolimento del predominio dell'estrema destra, che inoltre è stato danneggiata dal declino dei settori ultraconservatori USA con i quali é collegata.

Risulta evidente che la questione dei rapporti con Cuba costituisce una necessità esistenziale dei nuovi immigrati, mettendoli in diretta opposizione alle proposte repubblicane volte a limitare questi contatti. Ma questa contraddizione non è così evidente nel caso dei giovani, il cui legame con la loro patria d'origine ha un valore più diffuso e spesso nemmeno si materializza nella pratica.

Forse la ragione di base, consiste in un fenomeno che, per motivi politici, è rimasto nascosto nella analisi storica della comunità cubano-americana: l'affiliazione conservatrice ha poco a che fare con la cultura cubana, dove è quasi un'aberrazione il fondamentalismo religioso e l'intolleranza sociale che caratterizza questa corrente, per cui la sua preminenza in questo contesto solo si esplica a partire dalla sua identificazione con il progetto controrivoluzionario.

Nella misura in cui per altre ragioni, anche riflettendo un processo che comprende gran parte della società nord americana, questa filosofia ultra-conservatrice é rifiutata dalle nuove generazioni, inevitabilmente si produce  la messa in discussione delle premesse che le hanno servito da sostegno nella comunità cubano-americana, dicasi la politica nei confronti di Cuba, anche se in realtà non sia la principale priorità di questi elettori.

L'altro aspetto molto discusso è stato il significato del cambiamento avvenuto e del suo impatto concreto su vari aspetti della vita politica nord americana. In effetti, l'importanza del voto cubano-americano è stato ampiamente esagerato, poiché ha poca rilevanza al di là dell'enclave di Miami e neppure in questa regione ha determinato il trionfo del candidato presidenziale repubblicano in molte elezioni.

Tuttavia, questo non vuol dire che scartiamo il suo valore relativo, dal momento che la partecipazione e la coesione mostrata dagli elettori cubano-americani ha consentito un elevato livello di controllo delle strutture governative ed amministrative locali, potenziando la sua influenza ad altri livelli, come di solito avviene negli USA, soprattutto quando questo processo risulta funzionale agli interessi del sistema, come è stato il caso.

L'estrema destra cubano-americana è stata un "prodotto" della politica USA, non dell'importanza del voto cubano-americano, ma non avrebbe potuto plasmare la sua influenza senza l'esistenza di un elettorato che la ha fornito credibilità e accesso a posizioni di potere. Come il fattore della coesione per eccellenza è stata la belligeranza contro Cuba, la grandezza di quello che è successo non sta solo nel fatto che la "lobby cubano-americana" può perdere ascendente nella politica statunitense verso l'isola, ma che potrebbe anche essere colpito l'equilibrio di forze a livello locale, a detrimento della macchina  politica tradizionale.

Questo non significa dire che i cubani americani sono condannati a perdere la loro influenza nel sud della Florida, ma che non basterà promettere fedeltà alla "causa controrivoluzionaria" per ottenere il sostegno di questi elettori,  ciò che apre spazio ad altri concorrenti con altri ordini del giorno. Questo suggerisce la sconfitta del parlamentare repubblicano David Rivera di fronte al democratico Joe Garcia, non tanto per l'appartenenza di partito di ciascuno, ma perché il tema centrale della controversia tra di loro, al di là del discredito di Rivera, è stata la politica verso Cuba.

Siamo quindi di fronte ad una situazione nuova, che richiede ad entrambe le parti di rivedere le loro proiezioni politiche nei confronti di questa comunità. Per i repubblicani, il discorso dell'estrema destra può diventare una potala che affonda le loro aspirazioni a livello locale e ostacolare il consenso con altri settori conservatori interessati a far affari con Cuba. Per i democratici, per parte loro, si apre la possibilità di ampliare la loro base sociale in un intorno finora avverso, ma questo dipenderà dal soddisfare le aspirazioni dei nuovi elettori, ciò che necessariamente include una politica più flessibile e attualizzata nel caso cubano .

E' anche nuova per quanto riguarda la politica cubana, perché dovrà porre il suo sguardo non solo sui nuovi emigrati, grandi beneficiari delle riforme migratorie recentemente approvate, ma sui giovani cubani americani, che  allo  stesso tempo pur rifiutando ciò che considerano l'ossessione irrazionale dei loro genitori e nonni, percepiscono Cuba come una realtà lontana e problematica, costringendo a pensare ad azioni per stimolare l'avvicinamento, se il paese vuole influire positivamente nel rapporto con loro.

Guardando al passato, alcuni a Cuba potrebbero pensare che non vale la pena ed il meglio é si dimentichino, ma sarebbe una pretesa impossibile, nè Cuba può ignorare una realtà che riveste un'importanza strategica per la nazione, né gli emigranti e i loro discendenti ignorare l'impatto del contatto con la loro patria d'origine sulla loro identità come persone.

La morale è forse che il tema dei rapporti con Cuba è una questione molto più vicino alla vita quotidiana dei cubani-americani di ciò che alcuni pensano e questo lo ha anche riflesso le passate elezioni.

 

 

 

 

La verdadera importancia del voto cubanoamericano

Jesús Arboleya Cervera

Por ser considerados entre los más conservadores del espectro político estadounidense, bastante revuelo ha causado la noticia de que al menos un 45 % de los electores cubanoamericanos votó por la candidatura del presidente Barack Obama, en las pasadas elecciones.
En realidad no debiera causar tanta sorpresa. Como dijo Álvaro Fernández en uno de sus comentarios, tales resultados no hacen más que confirmar una tendencia apreciable desde hace algunos años, que está relacionada con el impacto de los nuevos inmigrantes y la emergencia de jóvenes nacidos o formados en Estados Unidos, dentro del conjunto de votantes.
Aunque algunos opinan que estos cambios conducen inevitablemente al desinterés por el tema cubano, no parece que fue esto lo acontecido en las elecciones. Si los electores cubanoamericanos hubiesen votado por razones exclusivamente económicas, lo más probable es que tantos no lo hubieran hecho por Obama. Tampoco los movilizó una reforma migratoria que no necesitan o el problema de los indocumentados. Por último, aunque efectivamente a una población con altos índices de envejecimiento debiera preocuparle las propuestas republicanas contra los beneficios sociales, paradójicamente no fue este segmento el que votó por el presidente u otros candidatos demócratas.
Dos hechos, de cierta forma relacionados, saltan a la vista como causas del resultado electoral: el temor de muchos a que la política hacia Cuba regresara a sus fundamentos más hostiles y el rechazo ideológico de las nuevas generaciones al extremo conservadurismo de los republicanos, quedando otra vez establecida la diferencia entre el llamado “exilio histórico” y la mayoría del resto de la sociedad cubanoamericana, con el consecuente debilitamiento del predominio de la extrema derecha, que además se vio afectada por el retroceso de los sectores ultraconservadores estadounidenses, con los cuales se vinculan.
Resulta evidente que el tema de las relaciones con Cuba constituye una necesidad existencial de los nuevos inmigrantes, colocándolos en franca oposición con las propuestas republicanas encaminadas a limitar estos contactos. Pero esta contradicción no resulta tan clara en el caso de los jóvenes, cuyo vínculo con su patria de origen tiene un valor más difuso e incluso muchas veces ni siquiera se materializa en la práctica.
Quizá la razón de base, consiste en un fenómeno que por razones políticas ha quedado oculto en el análisis histórico de la comunidad cubanoamericana: la afiliación conservadora poco tiene que ver con la cultura cubana, donde casi resulta una aberración el fundamentalismo religioso y la intolerancia social que caracteriza a esta corriente, por lo que su preeminencia en este contexto solo se explica a partir de su identificación con el proyecto contrarrevolucionario.
En la medida en que por otras razones, incluso reflejando un proceso que engloba a buena parte de la sociedad norteamericana, esta filosofía ultraconservadora es rechazada por las nuevas generaciones, inevitablemente se produce el cuestionamiento de las premisas que le han servido de sustento dentro de la comunidad cubanoamericana, dígase la política hacia Cuba, aunque ésta efectivamente no sea la principal prioridad de estos electores.
El otro aspecto muy discutido ha sido la significación del cambio ocurrido y su impacto real en diversos aspectos de la vida política norteamericana. En realidad, la importancia del voto cubanoamericano ha sido bastante exagerada, ya que apenas tiene relevancia más allá el enclave miamense y ni siquiera en esta región ha determinado el triunfo del candidato presidencial republicano en múltiples elecciones.
Sin embargo, esto no quiere decir que descartemos su valor relativo, toda vez que la participación y cohesión mostrada por los electores cubanoamericanos ha posibilitado un alto nivel de control de las estructuras gubernamentales y administrativas locales, potenciando su influencia a otros niveles, como ocurre usualmente en Estados Unidos, sobre todo cuando este proceso resulta funcional a los intereses del sistema, como ha sido el caso.
La extrema derecha cubanoamericana ha sido un “producto” de la política norteamericana, no de la importancia del voto cubanoamericano, pero no hubiese podido plasmar su influencia sin la existencia de un electorado que le aportó credibilidad y acceso a posiciones de poder. Como el factor de cohesión por excelencia ha sido la beligerancia contra Cuba, la magnitud de lo ocurrido radica no solo en que el “lobby cubanoamericano” puede perder ascendencia en la política de Estados Unidos hacia la Isla, sino en que también podría verse afectado el balance de fuerzas a escala local, en detrimento de la maquinaria política tradicional.
Esto no quiere decir que los cubanoamericanos están condenados a perder su influencia en el sur de la Florida, sino que no bastará prometer fidelidad a la “causa contrarrevolucionaria” para ganar el apoyo de estos votantes, lo que abre espacio a otros competidores con otras agendas. Así induce a pensar la derrota del congresista republicano David Rivera frente al candidato demócrata Joe García, no tanto por la afiliación partidista de cada cual, sino porque el tema central de la disputa entre ambos, más allá del desprestigio de Rivera, fue el referido a la política hacia Cuba.
Estamos, por tanto, ante una situación nueva, que obliga a ambos partidos a revisar sus proyecciones políticas hacia esta comunidad. Para los republicanos, el discurso de la extrema derecha puede convertirse en una potala que hunda sus aspiraciones a escala local y dificulte el consenso con otros sectores conservadores interesados en los negocios con Cuba. Para los demócratas, por su parte, se abre la posibilidad de ampliar sus bases sociales en un entorno hasta ahora adverso, pero ello dependerá de satisfacer las aspiraciones de los nuevos electores, lo que necesariamente incluye una política más flexible y contemporizadora en el caso cubano.
También es nueva en lo que respecta a la política cubana, ya que tendrá que poner su mirada no solo en los nuevos emigrados, grandes beneficiarios de las reformas migratorias aprobadas recientemente, sino en los jóvenes cubanoamericanos, los cuales, al mismo tiempo que rechazan lo que consideran la obsesión irracional de sus padres y abuelos, perciben a Cuba como una realidad distante y problemática, obligando a pensar en acciones que estimulen el acercamiento, si el país pretende influir positivamente en la relación con los mismos.
Mirado hacia el pasado, algunos en Cuba pueden pensar que no vale la pena y lo mejor es que se olviden, pero ello sería una pretensión imposible, ni Cuba puede desentenderse de una realidad que reviste una importancia estratégica para la nación, ni los emigrados y sus descendientes desconocer el impacto del contacto con su patria de origen en su propia identidad como personas.
La moraleja es quizá el tema de las relaciones con Cuba es un asunto mucho más cercano a la vida cotidiana de los cubanoamericanos que lo que algunos piensan y eso también lo reflejó las pasadas elecciones.