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Nessuno potrà inimicare Brasile e Bolivia,

 

ha affermato Evo Morales

 

2.09.2013 - www.granma.cu

 

 

Il presidente Evo Morales ha affermato che nessuno potrà inimicare Brasile e Bolivia, ed ha segnalato che i due paesi mantengono eccellenti vincoli, ha informato PL.

 

In una conferenza stampa in occasione del Vertice dell’Unione delle Nazioni Sudamericane, Morales ha denunciato che ci sono settori interessati ad una rottura tra Brasilia e La Paz.

 

Poi, in un incontro bilaterale, la presidentessa brasiliana, Dilma Rousseff, ha espresso la sua condanna totale per la partenza del senatore Roger Pinto della Bolivia, con l’aiuto di un diplomatico brasiliano, e  ha detto che la permanenze del senatore dell’opposizione in territorio brasiliano in qualità di rifugiato è una decisione del Comitato Nazionale per i Rifugiati (CONARE).

 

Secondo il recentemente nominato ministro degli esteri brasiliano, Luiz Alberto Figueiredo: "Al principio della riunione, la Presidentessa ha espresso la sua indignazione al   presidente Evo per l’episodio completo sulla ritirata del senatore Pinto dalla nostra ambasciata a La Paz”.

 

A sua volta  Morales  ha detto che la Bolivia invierà informazioni sulle denunce contro Pinto, che includono accuse di corruzione, sia al CONARE come alla Procura  brasiliana. “Abbiamo sufficiente maturità politica per evitare qualsiasi tipo di confronto”, ha sottolineato Morales.

 

 

Fuga di un senatore dell’opposizione boliviana in Brasile mette in crisi i rapporti diplomatici tra i due paesi latinoamericani

 

 

27.08.2013 - www.cubadebate.cu

 

 

La presidentessa brasiliana, Dilma Rousseff, ha criticato oggi la fuga verso Brasile del senatore oppositore boliviano Roger Pinto, perseguito dalla giustizia boliviana per corruzione.

 

“Credo che si sia messa a rischio la vita del senatore boliviano oppositore, tirandolo fuori senza salvacondotto dall’ambasciata del Brasile in Bolivia”, ha detto Rousseff dopo partecipare ad una sessione nel Senato.

 

La fuga di Pinto, che aveva ottenuto dal Brasile asilo politico, ma non aveva autorizzazione della Bolivia per abbandonare la missione, è stata organizzata da un diplomatico brasiliano ed ha messo a rischio la sicurezza del legislatore, ha sottolineato.

 

Ha puntualizzato che un paese civilizzato e democratico protegge i suoi rifugiati e deve assicurare la loro sicurezza, soprattutto in ciò che si riferisce alla loro integrità fisica. Il Brasile non avrebbe mai accettato l’uscita senza il salvacondotto del governo boliviano. Questa azione ha originato ieri sera una situazione diplomatica con Bolivia e la dimissione del cancelliere Antonio Patriota dopo un incontro con la capa di Stato nel Palazzo di Planalto (sede della Presidenza). In sostituzione di Patriota, la dignitaria ha nominato come nuovo ministro degli Esteri l’ambasciatore Luiz Alberto Figueiredo Machado che si sdebitava fino al momento come rappresentante del Brasile alle Nazioni Unite.

 

Rousseff ha inoltre respinto le dichiarazioni alla stampa del diplomatico brasiliano Eduardo Saboia, responsabile della fuga del senatore boliviano, che ha paragonato la sede diplomatica a La Paz, con un centro di tortura del regime militare brasiliano (Doi-Codi).

 

“Io sono stata a Doi-Codi, io so quello che era Doi-Codi, e vi assicuro che è tanto distante il Doi-Codi dall’ambasciata brasiliana a La Paz, come è distante il cielo dall’inferno”, ha enfatizzato.

 

Rifugiato da 15 mesi nell’ambasciata del Brasile a La Paz, il senatore è entrato in questa nazione, dopo essere stato trasportato in un auto con targa diplomatica fino alla località brasiliana di Corumbà, nello stato del Mato Grosso do Sul.

 

Il politico è stato condannato nel giugno scorso ad un anno di carcere da un tribunale di La Paz che lo ha dichiarato colpevole di danni economici allo Stato per un valore di circa 1,7 milioni di dollari, mentre era perseguito per un’altra ventina di cause.

 

L’asilo politico è stato concesso poco dopo essere entrato all’ambasciata brasiliana, ma il suo Governo gli ha negato il salvacondotto per considerare che aveva delle cause pendenti con la giustizia.