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Il traduttore si scusa per gli errori

 

 

Sui risultati elettorali

del 14 aprile 2013

 

 

7.05.2013 - Fernando Arribas García * | prensapcv.wordpress.comTraduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

 

 

Il risultato finale delle elezioni del 14 aprile 2013 assegna all'opposizione più di 7 milioni e 362 mila voti, con un aumento di circa 770 mila voti rispetto alle elezioni del 7 ottobre 2012. Ma questo incremento, apparentemente impressionante, non è in realtà poi così grande. Si osservi quanto segue.

 

C'è stato un piccolo aumento dell'astensione dalle elezioni presidenziali del 7 ottobre (dal 19,8% al 20,4%, circa 107 mila astenuti in più). Tuttavia, questo incremento è stato più che compensato da una riduzione dei voti "nulli" (da 1,9% a 0,4%, circa 221 mila in meno). Come risultato netto, abbiamo un aumento del totale dei voti validi (+0,8%, circa 114 mila voti aggiuntivi). C'è stata anche una significativa riduzione dei voti agli "altri" (candidati diversi dai due principali) dal 7 ottobre al 14 aprile (-56,8%, circa 51 mila voti in meno).

 

In realtà, sia il volume di voti "nulli", come il voto per "altri" erano stati eccessivi nel 2012. In entrambi i casi, i risultati del 7 ottobre superarono i livelli che erano statisticamente attesi in base alle recenti tendenze storiche: ci sono stati circa 170 mila voti "nulli" e circa 60 mila voti agli "altri", più di quelli statisticamente attesi.

 

Queste anomalie statistiche verificatesi il 7 ottobre hanno una stessa spiegazione: il cambiamento di candidatura di una organizzazione che appoggiava Capriles e lo sostituì (ricordate il "fenomeno" Reyna Sequera, candidata che ottenne il 7 ottobre quasi 71 mila voti, dei quali 66 mila corrispondevano ad una lista che inizialmente appoggiava a Capriles), e l'annullamento dell'appoggio di altre tre organizzazioni al candidato dell'opposizione. In tutti i casi, questi cambiamenti sono stati fatti all'ultimo minuto e non si sono riflessi nella scheda elettorale che era già stata stampata.

 

Di conseguenza, a Capriles nel 2012 non vennero conteggiati circa 230 mila voti espressi in suo favore dagli elettori, ma utilizzando alcune delle schede che avevano cambiato candidato o annullato la loro posizione, tuttavia avevano la sua foto stampata sulla scheda. Si noti che il 14 aprile l'opposizione ha partecipato con una denominazione unica (MUD, Tavolo dell'Unità Democratica), eliminando così la possibilità che queste situazioni si potessero verificare di nuovo. Quindi la crescita dell'opposizione dal 2012 al 2013 non è stata di 770.000 voti, ma di circa 540 mila voti, per lo più provenienti probabilmente da quella parte di elettorato che si era astenuto il 7 ottobre.

 

 

Voto punitivo?

 

 

Il risultato finale del 14 aprile assegna al Presidente Maduro più di 7 milioni e 586 mila voti, il che rappresenta una riduzione rispetto al 7 ottobre di circa 605 mila voti, che molto probabilmente si sono astenuti in questa occasione. Si notino i seguenti fatti.

 

Il voto per il PSUV, principale partito dell'alleanza che guida il processo di cambiamento, ha subito solo una lieve diminuzione in termini proporzionali rispetto al 7 ottobre (-3,0%, circa 194 mila voti), e la maggior parte della diminuzione di voti è stata pagata dagli altri partiti dell'alleanza. In termini proporzionali, i partiti che più hanno sofferto sono stati IPCN (-64,2% rispetto al 7 ottobre, circa 45 mila voti in meno), PRT (-61,5%, 36 mila voti in meno), REDES (-52,4%, 104 mila voti), MEP (-49,9%, 93 mila voti), PPT (-46,6%, 103 mila voti) e PCV (-42,1% rispetto al voto del 7 ottobre, circa 206 mila voti in meno) [*]

 

L'argomentazione del "voto punitivo" è basata sul malcontento popolare di fronte alle gravi carenze della gestione governativa, gli effetti della svalutazione, i fallimenti del servizio elettrico, la scarsità di beni di consumo, l'aumento della criminalità e l'aumento dell'inflazione. Ma questo pone un problema statistico: se i risultati dell'alleanza fossero classificati semplicemente come "voto punitivo", allora questa punizione, a parità di condizioni ("con le altre variabili immutate") dovrebbe ripartirsi tra tutti i partiti dell'alleanza e a ciascuno toccherebbe una quota direttamente proporzionale al suo peso relativo in essa.

 

Tuttavia questo non è accaduto. Fino al 14 aprile, il PSUV rappresentava il 78% dell'alleanza, per cui statisticamente questo partito avrebbe dovuto ricevere il 78% della "punizione", perdendo 472 mila voti. Allo stesso modo, il PCV (che rappresentava il 6% dell'alleanza), avrebbe dovuto perdere solo 36 mila voti e, seguendo la stessa logica, al PPT sarebbe dovuto corrispondere una riduzione di soli 16 mila voti, REDES 15 mila, al MEP 14 mila, a IPCN 5 mila e PRT 4 mila. Il fatto che la riduzione di voti dell'alleanza non sia distribuito proporzionalmente tra i partiti che la compongono e che il principale componente dell'alleanza sia stato il meno "punito" dall'elettorato, indebolisce l'ipotesi del "voto punitivo".

 

Ci devono esser stati, pertanto, altri fattori che sono entrati in gioco e che spiegano questi risultati. E' probabile, per esempio, che si sia verificato il fenomeno della "astensione punitiva", che già si presentò con forza nel 2007 e contribuì alla sconfitta elettorale del cosiddetto "chavismo" nel referendum sulla riforma costituzionale.

 

La relativamente piccola diminuzione di voti al PSUV, indebolisce anche l'ipotesi della diserzione o frammentazione intenzionale degli elettori di questa organizzazione per presunte tensioni o divisioni interne. Tutto indica che la reazione emotiva degli elettori del PSUV per la morte del presidente Chavez, ha temporaneamente unificato il partito proteggendolo da un ulteriore collasso. E' possibile, tuttavia, che alcune delle tensioni intra-PSUV siano state drenate da Tupamaros (77 mila voti in più rispetto al 7 ottobre), come si verificò anche in occasione delle elezioni parlamentari del 2010.

 

 

Il risultato del PCV

 

 

Il PCV ha subito una significativa riduzione dei voti: dai quasi 490 mila del 7 ottobre ai circa 284 mila del 14 aprile. Questa riduzione, anche se sensibile, non era del tutto inaspettata e non deve allarmare più di tanto. Il nostro Ufficio politico nella riunione dell'8 ottobre e l'XI Plenum del Comitato Centrale - realizzato due settimane dopo - aveva avvertito che questi 490 mila voti non erano "nostri", ma rappresentavano la volontà di diverse correnti del movimento operaio e popolare, di ampi settori classisti, critici, propositivi, autonomi e rivoluzionari, che sono a favore di un approfondimento del processo, di una sua depurazione e del conseguente orientamento verso il socialismo. Una parte di queste correnti hanno espresso le loro aspirazioni e il loro disaccordo lo scorso anno attraverso la nostra scheda. Non lo hanno fatto il 14 aprile, ma probabilmente torneranno a farlo ancora in futuro. Tuttavia, è nostro obbligo capire le cause di questa riduzione significativa della nostra base elettorale.

 

L'ipotesi del "voto punitivo" tuttavia è ancor meno adeguata per spiegare la riduzione del voto al PCV, che per il resto dell'alleanza. Non ha senso pensare che il partito che è stato meno coinvolto nelle attività di governo, sia stato uno dei più "puniti" dalla reazione popolare a questa gestione.

 

Si noti che, come ha sottolineato l'Ufficio politico e il Comitato Centrale nel mese di ottobre, una delle componenti importanti del nostro voto proviene di solito dalle correnti classiste del movimento operaio. Questo era particolarmente vero nel 2012, come risultato della lunga offensiva guidata dal PCV per una nuova e rivoluzionaria legge sul lavoro (LOT) e in favore dell'approvazione della Legge sui Consigli dei lavoratori e lavoratrici. Negli oltre tre anni in cui durò questa campagna, per il PCV, in particolare attraverso la Corrente classista dei lavoratori "Cruz Villegas", si crearono stretti legami di collaborazione e appoggio reciproco con i settori più avanzati e organizzati della classe lavoratrice, che ebbe concreta espressione elettorale il 7 ottobre.

 

Ma nei mesi trascorsi tra le due elezioni presidenziali, questo rapporto è diventato un po' meno stretto, in parte perché già si era raggiunta la riforma della LOT, nonostante tutti i suoi difetti, e in parte perché gli eventi nazionali (tre elezioni in sei mesi, la malattia e la morte del presidente Chavez, la svalutazione ed i suoi effetti) hanno distratto il centro dell'attenzione del movimento operaio cambiando le sue priorità, ciò che ha inciso sulla politica del PCV.

 

 

Sindacalismo di classe e "astensione punitiva"

 

 

Si deve inoltre tener conto della tensione che esiste tra i settori più avanzati del movimento operaio-sindacale e il governo, in vista dei numerosi conflitti lavorativi che si sono verificati in questi ultimi anni, e la risposta insoddisfacente data dal governo a queste situazioni, sia come patrocinatore dei diversi enti e imprese dello Stato, che in qualità di responsabile e arbitro dei rapporti di lavoro attraverso gli Ispettorati e altre agenzie del Ministero del Lavoro (Mintrass). I numerosi casi di vessazioni e ostilità contro i Consigli dei lavoratori, l'ostacolo alla formalizzazione dei sindacati in processo di costituzione, il ritardo e la riluttanza nella discussione e firma dei contratti e accordi collettivi, il licenziamento ingiustificato e gli abusi generalizzati nel lavoro in cui è incorso il governo, tanto in qualità di parte padronale che nel Mintrass, hanno creato un clima di rabbia tra i lavoratori organizzati.

 

E a questo si aggiungono gli attacchi orchestrati negli ultimi due anni dal governo e dal PSUV contro l'Unione Nazionale dei Lavoratori (UNETE), nel processo di costituzione della cosiddetta Centrale Bolivariana Socialista dei Lavoratori (CBST), organizzazione di carattere padronale, dipendente e sottomessa al governo, che ha causato gravi danni alla già fragile unità del movimento operaio-sindacale. Non è un caso che UNETE, che aveva attivamente fatto campagna per la rielezione del presidente Chavez nel mese di ottobre, non abbia partecipato alla campagna per l'elezione dell'attuale presidente Maduro, che molti identificano come uno dei principali dirigenti del settore che ha scatenato la campagna di attacchi contro UNETE e il sindacalismo di classe autonomo.

 

Non abbiamo alcun dubbio che, con l'inibizione di UNETE, nel cui seno sviluppa la propria attività la Corrente classista dei lavoratori "Cruz Villegas", e il malessere generale tra i settori più coscienti e avanzati del movimento operaio-sindacale, il PCV abbia perso il 14 aprile decine di migliaia di voti che ci avevano accompagnato nelle precedenti elezioni presidenziali e che questa volta hanno ingrossato le fila della "astensione punitiva".

 

E' stato difficile per coloro che hanno subito gravi e ripetuti attacchi, generalmente attribuiti a un settore vicino al presidente Maduro, votare per lui. E il PCV non è riuscito a far loro comprendere appieno l'importanza delle elezioni che si avvicinavano e la necessità di rinviare temporaneamente le loro legittime lamentele di fronte alla contraddizione principale del momento, dal momento che la possibilità della soluzione reale delle loro rivendicazioni dipende dalla continuità e dall'approfondimento del processo rivoluzionario di cambiamento, nella prospettiva dell'obiettivo socialista.

 

* Membro del Comitato Centrale e del Dipartimento nazionale d'istruzione ideologica del PCV.

Articolo pubblicato su Tribuna Popular 220 NdR

[*] Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV); Partito Comunista del Venezuela (PCV); Movimento Elettorale del Popolo (MEP); Patria per Tutti (PPT); Indipendenti per la Comunità Nazionale (IPCN); REDES; Partito Rivoluzionario del Lavoro (PRT)

 

 

Lezioni per Cuba

 

 

 

25.04.2013 - Osmany Sánchez | lajovencuba.wordpress.com Traduzione per Resistenze.org

https://www.youtube.com/watch?v=DOHgc1ZHyxE&list=UUtDIaNM2DNYn59qDGYx6gYw&feature=player_embedded


 

 

I risultati delle recenti elezioni in Venezuela hanno sorpreso tutti quelli che hanno seguito da vicino questo processo. Benché come sempre i mezzi di comunicazione dessero come vincitore Hennrique Carriles, i più obiettivi prevedevano persino una più ampia vittoria del processo rivoluzionario e la maggioranza dei sondaggi annunciavano non meno di 10 punti di vantaggio.

 

Perché è stata così di misura la vittoria? Perché ha ottenuto così tanti voti la destra? Da questo processo Cuba può trarre un grande insegnamento. Molti degli errori che hanno portato a questo risultato in Venezuela, forse li stiamo commettendo anche noi e si impone allora la necessità di riflettere su questo tema e non rimandare a domani ciò che dobbiamo fare oggi. Benché Capriles abbia ottenuto più di 7 milioni di voti, dubito molto che tutti coloro che lo hanno votato siano contrari al processo rivoluzionario in questo paese. Quello che succede è che, benché rappresentino la destra venezuelana più recalcitrante e facciano parte di quella borghesia che governò in Venezuela senza preoccuparsi dei poveri per decine di anni, durante la campagna elettorale si sono mascherati da Sinistra ed hanno confuso molte persone.

 

La destra in Venezuela ha promesso di mantenere le missioni sociali, di dare perfino la cittadinanza ai medici cubani - che alcune settimane dicevano essere agenti dell'intelligence dello stato - oltre al salario minimo promettono di eliminare la violenza (lo stato di Miranda in cui governa Capriles è uno dei più violenti) e altre promesse tipiche della demagogia e della politica tradizionale. Alla fine molti ingenui hanno pensato che stessero scegliendo tra due versioni del processo rivoluzionario.

 

In Venezuela la stampa borghese (El País, CNN, ecc.) che come sempre favorisce la destra ed è contro i governi progressisti, ha agito senza il minimo pudore. Pubblicazioni di dicerie e foto false che hanno stimolato la violenza e campagne diffamatorie contro il candidato della sinistra e contro la Rivoluzione Bolivariana, sono stati esempi della tanto decantata libertà d'espressione.

 

Appena alcuni giorni dopo, questa stampa corporativa, nelle elezioni del Paraguay, ha negato alla Sinistra ogni opportunità di promuovere la loro piattaforma politica negli spazi informativi. Altro esempio "della libertà d'espressione".

 

 

Lezioni per Cuba

 

 

Non basta che la Rivoluzione faccia molte cose a beneficio del popolo - al quale si deve - ma bensì è necessario che il popolo sia cosciente di questi risultati. Una delle caratteristiche più eccellenti di un capo rivoluzionario è la modestia, ma il processo rivoluzionario deve spogliarsi di ogni modestia, il popolo deve vedere cosa fa, quali sono i suoi risultati e i suoi obiettivi.

 

Dobbiamo dimenticarci che i nostri principali nemici sono quelli che per decenni hanno pianificato e ancora sognano aggressioni contro Cuba. Certo non dobbiamo ignorarli, ma le elezioni del 14 aprile in Venezuela ci insegnano che i più pericolosi sono proprio coloro che si travestono da rivoluzionari, agiscono come rivoluzionari con l'intenzione di confondere il popolo, presentandosi come i salvatori del processo rivoluzionario perché "sanno come si fa il socialismo".

 

Affrontare questi avversari è complesso, molti confusi non saranno d'accordo e riterranno che si stia colpendo uno di loro. La grande preoccupazione qui è la preparazione dei funzionari che affrontano il problema, e in provincia è molto più preoccupante. Al momento di prendere una decisione alcuni pensano più di guardarsi alle spalle che fare la cosa corretta. Secondo loro è meglio "tagliare la parte sana", prima di "ammalarsi".

 

Colui che accetta un incarico di direzione a Cuba deve farlo per convinzione e se un giorno si sentirà stanco, dovrà cedere il passo affinché un altro continui il lavoro. Ciò che è imperdonabile è che qualcuno pensi prioritariamente di guardarsi le spalle e che ciò sia corretto. Questo è un altro degli insegnamenti delle elezioni in Venezuela. Amici che sono stati là, raccontano che la politica della Rivoluzione Bolivariana non sempre si implementa nella base e ciò è molto dannoso, per questo Maduro sta richiamando a fare la politica di strada, per conoscere le preoccupazioni del popolo.

Dove non arrivi un medico tempestivamente a prestare soccorso, quando prevale il nepotismo, dove non si prestino buoni servizi, dove i burocrati pascino, là perdiamo terreno. Non ci può essere frase più dannosa per un rivoluzionario che quando qualcuno dinanzi a un'indolenza dirà: "Queste cose non si risolvono…"

 

Ogni giorno diventa più evidente che senza una stampa attiva, professionista, seria e soprattutto rivoluzianaria, non possono realizzarsi con successo le trasformazioni che ci siamo proporsi per perfezionare il nostro sistema sociale, per fare la cosa più giusta ogni giorno. Non può essere che la realtà vada da una parte e la stampa da un'altra e non mi sto riferendo ai soliti caschi di banane del giornalista. Ovviamente neanche tutto dipende dalla stampa, il tema è più complesso.

 

Ricordo che in un documentario sul colpo di stato contro il presidente Hugo Chávez nel 2002 in Venezuela, c'è una scena nella quale egli si riunisce con i suoi compagni e insiste sull'importanza di andare sui mezzi d'informazione quando si visita uno stato, una città e critica quelli che non lo fanno. A Cuba abbiamo molto da imparare da ciò e dagli altri insegnamenti di questo 14 aprile.

 

Con una lettera indirizzata a Haydée Santamaría e a Melba Hernandez, incaricate di stampare La Storia mi assolverà, Fidel diceva loro: "Se vogliamo che gli uomini ci seguano occorre indicare loro una strada e una meta degna di qualunque sacrificio. Ciò che è stato sedimentato col sangue deve essere costruito con le idee". Il nostro popolo è rivoluzionario e ha fiducia che il suo governo si preoccupi per i suoi problemi, ma non possiamo dimenticare che c'è una campagna mediatica che si dedica a dire il contrario.

 

Non può essere che ogni volta che appare in televisione un nostro dirigente, lo faccia "litigando" perché ci sono cose fatte male. Occorre creare spazi per parlare al popolo, che venga detto loro quali sono le proiezioni, dove vanno i risultati delle trasformazioni che si realizzano ed infine mostrare loro non soltanto l'obiettivo, ma anche la strada, è molto importante conoscere la strada. So che ci sono cose che devono procedere nascoste, non sono ingenuo, ma noi non stiamo andando a braccetto col secretismo.

 

I detrattori del nostro sistema ci dicono che dobbiamo abbandonarlo per trasformarci in un paese "normale" e questo si traduce in privatizzare, eliminare politiche sociali, infine mettere il paese nelle mani delle multinazionali. Per molte ragioni noi non siamo un paese normale, in qualunque senso si impieghi questa parola e neanche possiamo aspirare a esserlo, le decisioni che prendiamo partono da questo assunto.

Non si tratta di seguire ricette e modelli altrui, di importare lezioni di democrazia o cercare la soluzione fuori dal paese, le soluzioni devono venire dalle nostre proprie forze. Non c'interessa legittimarci davanti a nessuno per quello che stiamo facendo in questi momenti, bensì semplicemente, fare quello che ci tocca per riuscire nel socialismo sostenibile e prospero di cui tanto parla Raúl e che tanta paura fa al nord.

 

Queste sono alcune considerazioni a riguardo: che cosa ne pensate?