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Il traduttore si scusa per gli errori

 

Il silenzio dei mascalzoni

 

 

17.06.2013 - Sara Rosenberg http://lapupilainsomne.wordpress.com/

 

 

 

El silencio de los sinvergüenzas

Sara Rosenberg

Hoy Venezuela ha recibido el premio de La FAO por los logros obtenidos en la erradicación del hambre.
Reproduzco una síntesis de la noticia:El presidente de Venezuela, Nicolás Maduro, recibió este domingo un reconocimiento a su país de parte de la Organización de Naciones Unidas para la Agricultura y Alimentación (FAO) por la lucha del Gobierno Bolivariano en contra de la desigualdad social y el hambre.
En una ceremonia realizada en Italia, el mandatario venezolano recibió el reconocimiento de manos del Director general de la FAO, José Graziano da Silva, quien durante su discurso agradeció a siete países de América Latina en su lucha contra el hambre y al pobreza extrema. “Unos 38 países han alcanzado las metas del milenio, de estos, 18 han cumplido con otro objetivo, el de la alimentación, que es el mas difícil de alcanzar”, dijo Graziano da Silva.
Además de Venezuela, en América Latina están siendo reconocidos Brasil, Chile, República Dominicana, Panamá y Uruguay. También aparecen los estados caribeños de Guyana y San Vicente y las Granadinas; además de naciones como Armenia, Azerbaiyán, Djibouti, Georgia, Ghana, Kuwait, Kirguistán, Samoa, San Tomé y Príncipe, Tailandia, Turkmenistán y Vietnam.
El director de la FAO dijo que los logros de estos países “deben celebrarse” porque “una de las metas más importantes para todos los Gobiernos tiene que ser la lucha contra la desigualdad y la reducción de la pobreza”. “A todos (los premiados) debo decirles que son la prueba viviente de cuando la sociedad se compromete y tiene la voluntad, lo que se puede traducir en acciones y resultados tangibles. Por tanto gracias, gracias por demostrarnos que todo esto es posible”, agregó el director. (…)
Venezuela recibe este reconocimiento por haber reducido en más de la mitad el índice de hambruna. Según cifras oficiales, en este país la década de los años 90, había cuatro millones de personas con hambre, lo cual representaba 15,5 por ciento de la población; mientras que actualmente la cifra porcentual de las personas que se hallan en esa situación se ubica en 2,5.
Después de leer esta noticia tan alentadora busco la información en los medios españoles. En El País y en El mundo, los dos periódicos cuyas campañas contra las democracias latinoamericanas – y especialmente contra Venezuela y Cuba – son constantes. Busco alguna línea, pero no encuentro ninguna información. Absolutamente nada. Y pienso que este silencio en un país donde muchos niños ya padecen hambre, donde se recortan los presupuestos de los comedores escolares y las familias acuden a centros de ayuda y bancos alimentarios para comer, es un silencio doblemente criminal y que los dibuja de cuerpo entero. Son medios criminales, que han hecho de la mentira y la corrupción su modus operandi. Mi vecina diría “unos sinvergüenzas”, y adopto esa calificación. Para completar la falta de información el diario El país se atreve, en un día como hoy, en el que merece la pena celebrar un avance social tan importante como es erradicar el hambre, una noticia infame, con un titular de antología colonialista:
Cito el titular de la absurda noticia :
El Gobierno venezolano quiere obligar a las madres a amamantar
La Asamblea Nacional votará el martes una ley que castiga la publicidad de fórmulas lácteas y biberones y prohíbe la prescripción de suero a recién nacidos. EWALD SCHARFENBERG Caracas
http://internacional.elpais.com/internacional/2013/06/16/actualidad/1371345652_337575.html
En este enlace podrán leer el contenido del artículo, que no tiene ni pies ni cabeza, porque toda mujer más o menos conciente sabe que la leche materna es lo mejor para su hijo, y que las grandes compañías deben ser controladas para evitar que utilicen métodos de publicidad destinados a vender sin importarles la salud de nadie, sino el negocio.
Si seguimos en la lógica del prolífico propagandista de la catástrofe y el imperio, el “periodista” Scharfenberg, tendríamos que echar por la borda todos los análisis médicos y científicos que se han hecho para defender la lactancia materna.
Como siempre, una pregunta, ¿Cuánto cobra el propagandista de Nestlé o de alguna compañía semejante, por artículos como este, justamente en el momento en que el gobierno de Venezuela recibe un premio tan trascendental por haber erradicado el hambre del pueblo?
Y así es, tal como dice mi vecina cuando le explico estas cosas ¡Qué sinvergüenzas!

di Luis Carapinha | da www.avante.pt

chavez foto braccio follaTraduzione di Marx21.it

Sono passati più di tre mesi dalla morte di Hugo Chavez. Per nessuno è un segreto che, dentro e fuori il Venezuela, la scomparsa prematura del leader della rivoluzione bolivariana rappresenta una perdita irreparabile e che, in questa situazione, il processo di emancipazione si trova ad affrontare un quadro complesso mai presentatosi in precedenza. Tuttavia, non si illuda chi pensi che la rivoluzione sia sconfitta o si appresti a capitolare. L'alleanza della grande borghesia venezuelana, comandata e assistita da Washington, ha puntato molto su un programma destabilizzatore, ma si è ritrovata sconfitta nello scontro frontale delle presidenziali del 14 aprile e nell'operazione sovversiva che in seguito ha scatenato nelle strade e nella campagna di disconoscimento e impugnazione delle elezioni.

Per lunghi mesi le forze della reazione si erano preparate a questo scenario elettorale e post-elettorale. Spudoratamente, gli stessi nemici dichiarati della Costituzione bolivariana e protagonisti del golpe fallito del 2002 si sono presentati alle prime elezioni senza Chavez sotto l'ombrello di una campagna chiamata “Simon Bolivar”. Il candidato Capriles si è trasformato in simpatizzante di tutte le cause popolari, erigendosi addirittura in sostenitore del “genuino” chavismo. Insieme alla serrata campagna politico-mediatica è stata pianificata e attuata la guerra economica. Una guerra di logoramento della base elettorale e sociale della rivoluzione, promuovendo sabotaggi della rete elettrica, la penuria di prodotti alimentari ed essenziali e il tentativo di instaurare un clima di caos. Mentre medita soluzioni golpiste, l'opposizione non smette di agitare la presunta uscita dal solco delle riforme all'interno del movimento bolivariano e nell'apparato statale.

Il Venezuela è immerso in un processo rivoluzionario con caratteristiche proprie, per molti aspetti inedite. Con un percorso sinuoso, a partire dalla rivoluzione di liberazione nazionale che si cerca di consolidare sulla strada della transizione socialista, coraggiosamente proclamata da Chavez nel 2006 e riaffermata dall'attuale presidente, Nicolas Maduro, il paese vive le contraddizioni di un processo di trasformazioni incompleto, in cui il nuovo è appena germogliato e il vecchio ancora persiste. Nel campo bolivariano esiste la consapevolezza che i rapporti di produzione dominanti continuano ad essere capitalisti, della dipendenza dallo sfruttamento e l'esportazione di petrolio e dalle importazioni (alimentari, articoli di consumo e attrezzature). La campagna sovversiva della destra, che fa leva su più di sette milioni di voti, ha contribuito all'acutizzazione della congiuntura economica in cui emergono gli squilibri produttivi e strutturali dell'economia venezuelana nel contesto in cui la rivoluzione bolivariana ha elevato sensibilmente, non solo il PIL, ma anche la capacità di acquisto e di consumo di vasti strati.

La risposta del Governo consiste nel disarmare la destabilizzazione e far fronte ai problemi più acuti che causano il malessere sociale. Allo stesso tempo si cerca di avanzare con misure strategiche per elevare la capacità produttiva e la partecipazione dei lavoratori, senza la cui organizzazione non esiste soggetto rivoluzionario.

La determinazione delle masse venezuelane è il fattore preponderante. Anche senza la presenza fisica di Chavez, l'iniziativa rimane dalla parte del campo bolivariano. L'unità concreta delle forze antimperialiste e rivoluzionarie è essenziale, nel momento in cui gli Stati Uniti non hanno ancora riconosciuto Maduro e intensificano le pressioni per rovesciare il rapporto di forze in America Latina che non è favorevole all'imperialismo.

- See more at: http://www.marx21.it/internazionale/america-latina-e-caraibi/22444-venezuela-la-rivoluzione-si-difende.html#sthash.JzFf56RC.j6ejHeLQ.dpuf

di Luis Carapinha | da www.avante.pt

chavez foto braccio follaTraduzione di Marx21.it

Sono passati più di tre mesi dalla morte di Hugo Chavez. Per nessuno è un segreto che, dentro e fuori il Venezuela, la scomparsa prematura del leader della rivoluzione bolivariana rappresenta una perdita irreparabile e che, in questa situazione, il processo di emancipazione si trova ad affrontare un quadro complesso mai presentatosi in precedenza. Tuttavia, non si illuda chi pensi che la rivoluzione sia sconfitta o si appresti a capitolare. L'alleanza della grande borghesia venezuelana, comandata e assistita da Washington, ha puntato molto su un programma destabilizzatore, ma si è ritrovata sconfitta nello scontro frontale delle presidenziali del 14 aprile e nell'operazione sovversiva che in seguito ha scatenato nelle strade e nella campagna di disconoscimento e impugnazione delle elezioni.

Per lunghi mesi le forze della reazione si erano preparate a questo scenario elettorale e post-elettorale. Spudoratamente, gli stessi nemici dichiarati della Costituzione bolivariana e protagonisti del golpe fallito del 2002 si sono presentati alle prime elezioni senza Chavez sotto l'ombrello di una campagna chiamata “Simon Bolivar”. Il candidato Capriles si è trasformato in simpatizzante di tutte le cause popolari, erigendosi addirittura in sostenitore del “genuino” chavismo. Insieme alla serrata campagna politico-mediatica è stata pianificata e attuata la guerra economica. Una guerra di logoramento della base elettorale e sociale della rivoluzione, promuovendo sabotaggi della rete elettrica, la penuria di prodotti alimentari ed essenziali e il tentativo di instaurare un clima di caos. Mentre medita soluzioni golpiste, l'opposizione non smette di agitare la presunta uscita dal solco delle riforme all'interno del movimento bolivariano e nell'apparato statale.

Il Venezuela è immerso in un processo rivoluzionario con caratteristiche proprie, per molti aspetti inedite. Con un percorso sinuoso, a partire dalla rivoluzione di liberazione nazionale che si cerca di consolidare sulla strada della transizione socialista, coraggiosamente proclamata da Chavez nel 2006 e riaffermata dall'attuale presidente, Nicolas Maduro, il paese vive le contraddizioni di un processo di trasformazioni incompleto, in cui il nuovo è appena germogliato e il vecchio ancora persiste. Nel campo bolivariano esiste la consapevolezza che i rapporti di produzione dominanti continuano ad essere capitalisti, della dipendenza dallo sfruttamento e l'esportazione di petrolio e dalle importazioni (alimentari, articoli di consumo e attrezzature). La campagna sovversiva della destra, che fa leva su più di sette milioni di voti, ha contribuito all'acutizzazione della congiuntura economica in cui emergono gli squilibri produttivi e strutturali dell'economia venezuelana nel contesto in cui la rivoluzione bolivariana ha elevato sensibilmente, non solo il PIL, ma anche la capacità di acquisto e di consumo di vasti strati.

La risposta del Governo consiste nel disarmare la destabilizzazione e far fronte ai problemi più acuti che causano il malessere sociale. Allo stesso tempo si cerca di avanzare con misure strategiche per elevare la capacità produttiva e la partecipazione dei lavoratori, senza la cui organizzazione non esiste soggetto rivoluzionario.

La determinazione delle masse venezuelane è il fattore preponderante. Anche senza la presenza fisica di Chavez, l'iniziativa rimane dalla parte del campo bolivariano. L'unità concreta delle forze antimperialiste e rivoluzionarie è essenziale, nel momento in cui gli Stati Uniti non hanno ancora riconosciuto Maduro e intensificano le pressioni per rovesciare il rapporto di forze in America Latina che non è favorevole all'imperialismo.

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Sono passati più di tre mesi dalla morte di Hugo Chavez. Per nessuno è un segreto che, dentro e fuori il Venezuela, la scomparsa prematura del leader della rivoluzione bolivariana rappresenta una perdita irreparabile e che, in questa situazione, il processo di emancipazione si trova ad affrontare un quadro complesso mai presentatosi in precedenza. Tuttavia, non si illuda chi pensi che la rivoluzione sia sconfitta o si appresti a capitolare. L'alleanza della grande borghesia venezuelana, comandata e assistita da Washington, ha puntato molto su un programma destabilizzatore, ma si è ritrovata sconfitta nello scontro frontale delle presidenziali del 14 aprile e nell'operazione sovversiva che in seguito ha scatenato nelle strade e nella campagna di disconoscimento e impugnazione delle elezioni.

Per lunghi mesi le forze della reazione si erano preparate a questo scenario elettorale e post-elettorale. Spudoratamente, gli stessi nemici dichiarati della Costituzione bolivariana e protagonisti del golpe fallito del 2002 si sono presentati alle prime elezioni senza Chavez sotto l'ombrello di una campagna chiamata “Simon Bolivar”. Il candidato Capriles si è trasformato in simpatizzante di tutte le cause popolari, erigendosi addirittura in sostenitore del “genuino” chavismo. Insieme alla serrata campagna politico-mediatica è stata pianificata e attuata la guerra economica. Una guerra di logoramento della base elettorale e sociale della rivoluzione, promuovendo sabotaggi della rete elettrica, la penuria di prodotti alimentari ed essenziali e il tentativo di instaurare un clima di caos. Mentre medita soluzioni golpiste, l'opposizione non smette di agitare la presunta uscita dal solco delle riforme all'interno del movimento bolivariano e nell'apparato statale.

Il Venezuela è immerso in un processo rivoluzionario con caratteristiche proprie, per molti aspetti inedite. Con un percorso sinuoso, a partire dalla rivoluzione di liberazione nazionale che si cerca di consolidare sulla strada della transizione socialista, coraggiosamente proclamata da Chavez nel 2006 e riaffermata dall'attuale presidente, Nicolas Maduro, il paese vive le contraddizioni di un processo di trasformazioni incompleto, in cui il nuovo è appena germogliato e il vecchio ancora persiste. Nel campo bolivariano esiste la consapevolezza che i rapporti di produzione dominanti continuano ad essere capitalisti, della dipendenza dallo sfruttamento e l'esportazione di petrolio e dalle importazioni (alimentari, articoli di consumo e attrezzature). La campagna sovversiva della destra, che fa leva su più di sette milioni di voti, ha contribuito all'acutizzazione della congiuntura economica in cui emergono gli squilibri produttivi e strutturali dell'economia venezuelana nel contesto in cui la rivoluzione bolivariana ha elevato sensibilmente, non solo il PIL, ma anche la capacità di acquisto e di consumo di vasti strati.

La risposta del Governo consiste nel disarmare la destabilizzazione e far fronte ai problemi più acuti che causano il malessere sociale. Allo stesso tempo si cerca di avanzare con misure strategiche per elevare la capacità produttiva e la partecipazione dei lavoratori, senza la cui organizzazione non esiste soggetto rivoluzionario.

La determinazione delle masse venezuelane è il fattore preponderante. Anche senza la presenza fisica di Chavez, l'iniziativa rimane dalla parte del campo bolivariano. L'unità concreta delle forze antimperialiste e rivoluzionarie è essenziale, nel momento in cui gli Stati Uniti non hanno ancora riconosciuto Maduro e intensificano le pressioni per rovesciare il rapporto di forze in America Latina che non è favorevole all'imperialismo.

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Sono passati più di tre mesi dalla morte di Hugo Chavez. Per nessuno è un segreto che, dentro e fuori il Venezuela, la scomparsa prematura del leader della rivoluzione bolivariana rappresenta una perdita irreparabile e che, in questa situazione, il processo di emancipazione si trova ad affrontare un quadro complesso mai presentatosi in precedenza. Tuttavia, non si illuda chi pensi che la rivoluzione sia sconfitta o si appresti a capitolare. L'alleanza della grande borghesia venezuelana, comandata e assistita da Washington, ha puntato molto su un programma destabilizzatore, ma si è ritrovata sconfitta nello scontro frontale delle presidenziali del 14 aprile e nell'operazione sovversiva che in seguito ha scatenato nelle strade e nella campagna di disconoscimento e impugnazione delle elezioni.

Per lunghi mesi le forze della reazione si erano preparate a questo scenario elettorale e post-elettorale. Spudoratamente, gli stessi nemici dichiarati della Costituzione bolivariana e protagonisti del golpe fallito del 2002 si sono presentati alle prime elezioni senza Chavez sotto l'ombrello di una campagna chiamata “Simon Bolivar”. Il candidato Capriles si è trasformato in simpatizzante di tutte le cause popolari, erigendosi addirittura in sostenitore del “genuino” chavismo. Insieme alla serrata campagna politico-mediatica è stata pianificata e attuata la guerra economica. Una guerra di logoramento della base elettorale e sociale della rivoluzione, promuovendo sabotaggi della rete elettrica, la penuria di prodotti alimentari ed essenziali e il tentativo di instaurare un clima di caos. Mentre medita soluzioni golpiste, l'opposizione non smette di agitare la presunta uscita dal solco delle riforme all'interno del movimento bolivariano e nell'apparato statale.

Il Venezuela è immerso in un processo rivoluzionario con caratteristiche proprie, per molti aspetti inedite. Con un percorso sinuoso, a partire dalla rivoluzione di liberazione nazionale che si cerca di consolidare sulla strada della transizione socialista, coraggiosamente proclamata da Chavez nel 2006 e riaffermata dall'attuale presidente, Nicolas Maduro, il paese vive le contraddizioni di un processo di trasformazioni incompleto, in cui il nuovo è appena germogliato e il vecchio ancora persiste. Nel campo bolivariano esiste la consapevolezza che i rapporti di produzione dominanti continuano ad essere capitalisti, della dipendenza dallo sfruttamento e l'esportazione di petrolio e dalle importazioni (alimentari, articoli di consumo e attrezzature). La campagna sovversiva della destra, che fa leva su più di sette milioni di voti, ha contribuito all'acutizzazione della congiuntura economica in cui emergono gli squilibri produttivi e strutturali dell'economia venezuelana nel contesto in cui la rivoluzione bolivariana ha elevato sensibilmente, non solo il PIL, ma anche la capacità di acquisto e di consumo di vasti strati.

La risposta del Governo consiste nel disarmare la destabilizzazione e far fronte ai problemi più acuti che causano il malessere sociale. Allo stesso tempo si cerca di avanzare con misure strategiche per elevare la capacità produttiva e la partecipazione dei lavoratori, senza la cui organizzazione non esiste soggetto rivoluzionario.

La determinazione delle masse venezuelane è il fattore preponderante. Anche senza la presenza fisica di Chavez, l'iniziativa rimane dalla parte del campo bolivariano. L'unità concreta delle forze antimperialiste e rivoluzionarie è essenziale, nel momento in cui gli Stati Uniti non hanno ancora riconosciuto Maduro e intensificano le pressioni per rovesciare il rapporto di forze in America Latina che non è favorevole all'imperialismo.

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chavez foto braccio follaTraduzione di Marx21.it

Sono passati più di tre mesi dalla morte di Hugo Chavez. Per nessuno è un segreto che, dentro e fuori il Venezuela, la scomparsa prematura del leader della rivoluzione bolivariana rappresenta una perdita irreparabile e che, in questa situazione, il processo di emancipazione si trova ad affrontare un quadro complesso mai presentatosi in precedenza. Tuttavia, non si illuda chi pensi che la rivoluzione sia sconfitta o si appresti a capitolare. L'alleanza della grande borghesia venezuelana, comandata e assistita da Washington, ha puntato molto su un programma destabilizzatore, ma si è ritrovata sconfitta nello scontro frontale delle presidenziali del 14 aprile e nell'operazione sovversiva che in seguito ha scatenato nelle strade e nella campagna di disconoscimento e impugnazione delle elezioni.

Per lunghi mesi le forze della reazione si erano preparate a questo scenario elettorale e post-elettorale. Spudoratamente, gli stessi nemici dichiarati della Costituzione bolivariana e protagonisti del golpe fallito del 2002 si sono presentati alle prime elezioni senza Chavez sotto l'ombrello di una campagna chiamata “Simon Bolivar”. Il candidato Capriles si è trasformato in simpatizzante di tutte le cause popolari, erigendosi addirittura in sostenitore del “genuino” chavismo. Insieme alla serrata campagna politico-mediatica è stata pianificata e attuata la guerra economica. Una guerra di logoramento della base elettorale e sociale della rivoluzione, promuovendo sabotaggi della rete elettrica, la penuria di prodotti alimentari ed essenziali e il tentativo di instaurare un clima di caos. Mentre medita soluzioni golpiste, l'opposizione non smette di agitare la presunta uscita dal solco delle riforme all'interno del movimento bolivariano e nell'apparato statale.

Il Venezuela è immerso in un processo rivoluzionario con caratteristiche proprie, per molti aspetti inedite. Con un percorso sinuoso, a partire dalla rivoluzione di liberazione nazionale che si cerca di consolidare sulla strada della transizione socialista, coraggiosamente proclamata da Chavez nel 2006 e riaffermata dall'attuale presidente, Nicolas Maduro, il paese vive le contraddizioni di un processo di trasformazioni incompleto, in cui il nuovo è appena germogliato e il vecchio ancora persiste. Nel campo bolivariano esiste la consapevolezza che i rapporti di produzione dominanti continuano ad essere capitalisti, della dipendenza dallo sfruttamento e l'esportazione di petrolio e dalle importazioni (alimentari, articoli di consumo e attrezzature). La campagna sovversiva della destra, che fa leva su più di sette milioni di voti, ha contribuito all'acutizzazione della congiuntura economica in cui emergono gli squilibri produttivi e strutturali dell'economia venezuelana nel contesto in cui la rivoluzione bolivariana ha elevato sensibilmente, non solo il PIL, ma anche la capacità di acquisto e di consumo di vasti strati.

La risposta del Governo consiste nel disarmare la destabilizzazione e far fronte ai problemi più acuti che causano il malessere sociale. Allo stesso tempo si cerca di avanzare con misure strategiche per elevare la capacità produttiva e la partecipazione dei lavoratori, senza la cui organizzazione non esiste soggetto rivoluzionario.

La determinazione delle masse venezuelane è il fattore preponderante. Anche senza la presenza fisica di Chavez, l'iniziativa rimane dalla parte del campo bolivariano. L'unità concreta delle forze antimperialiste e rivoluzionarie è essenziale, nel momento in cui gli Stati Uniti non hanno ancora riconosciuto Maduro e intensificano le pressioni per rovesciare il rapporto di forze in America Latina che non è favorevole all'imperialismo.

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Nicolás Maduro domanda politiche efficaci contro la fame

 

Il Presidente del Venezuela, Nicolás Maduro, ha sottolineato a Roma l’importanza d’implementare politiche efficaci per lottare contro la fame nel mondo, segnalando l’accesso all’alimentazione come una sfida primordiale, ha riportato PL.

Maduro ha ricevuto un riconoscimento durante la Conferenza d’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Agricoltura e l’Alimentazione - FAO – per i risultati del Venezuela nella lotta contro la fame.

Il presidente veenzuelano ha sottolineato d’aver ricevuto questo premio a nome del leader bolivariano Hugo Chávez, che si era consacrato tanto a questa causa.

“Questa distinzione mette in evidenza gli sforzi realizzati in maniera sostenuta negli ultimi anni per combattere questo flagello ed ha risaltato l’importanza dell’esistenza di politiche molto chiare, che proteggano la popolazione”, ha detto, ed ha dichiarato che nel suo paese l’accesso all’alimentazione è considerato un diritto umano, appoggiato dall’esistenza di un ministero che s’incarica di questi temi.

Oggi il Venezuela riceve il premio della FAO per i risultati conseguiti nell'eliminazione della fame.

Riporto una sintesi della notizia:

Il presidente del Venezuela, Nicolas Maduro, ha ricevuto domenica un riconoscimento al suo Paese da parte dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Agricoltura e l'Alimentazione  (FAO) per la lotta del Governo Bolivariano contro la disuguaglianza sociale e la fame.

In una cerimonia realizzata in Italia, il Presidente ha ricevuto il riconoscimento dalle mani del Direttore Generale della FAO, José Graziano da Silva, che nel suo intervento ha ringraziato sette paesi dell'America Latina nella lotta contro la fame e la povertà estrema. "Alcuni dei 38 paesi hanno raggiunto gli obiettivi del millennio, di questi, 18 hanno soddisfatto altri obiettivi, quello dell'alimentazione, che è il più difficile da raggiungere", ha detto Graziano da Silva.

Oltre al Venezuela, in America Latina sono stati riconosciuti Brasile, Cile, Repubblica Dominicana, Panama e Uruguay. Anche appaiono gli stati caraibici della Guyana e San Vincente e le Grenadine; oltre a nazioni come l'Armenia, l'Azerbaigian, Djibouti, Georgia, Ghana, Kuwait, Kirghizistan, Samoa, Sao Tome e Principe, Thailandia, Turkmenistan e Vietnam.

Il direttore della FAO ha detto che i risultati di questi paesi "devono essere celebrati" perché "uno degli obiettivi più importanti per tutti i Governi deve essere la lotta contro la disuguaglianza e la riduzione della povertà". "A tutti (i premiati) devo dire che sono la prova vivente che quando la società si impegna e ha la volontà, ciò può essere tradotto in azioni e risultati tangibili. Quindi grazie, grazie per dimostrarci che ciò è possibile", ha aggiunto il direttore. (...)

Il Venezuela riceve questo riconoscimento per aver ridotto di oltre la metà il tasso di fame. Secondo i dati ufficiali, in questo paese nel decennio degli anni '90, c'erano quattro milioni di persone che soffrivano la fame, che rappresentano 15,5% della popolazione; mentre oggi il dato percentuale di persone che si trovano in questa situazione é del 2.5.

 
Dopo aver letto questa notizia così incoraggiante cerco informazioni nei media spagnoli. In El Pais e ne El Mundo, i due giornali le cui campagne contro le democrazie latino-americane - e soprattutto contro il Venezuela e Cuba - sono costanti. Cerco qualche linea, ma non riesco a trovare alcuna notizia. Assolutamente niente. E penso che questo silenzio, in un paese dove molti bambini già soffrono di fame, dove si tagliano i bilanci delle mense scolastiche e famiglie affollano i centri di soccorso e le banche alimentari per mangiare, è un silenzio doppiamente criminale e che la dice lunga. Sono media criminali, che hanno fatto della menzogna e della corruzione il loro modus operandi.

 

La mia vicina direbbe "mascalzoni" e adotto tale classificazione. Per completare la mancanza di informazione il quotidiano El Pais osa, in un giorno come oggi, in cui varrebbe la pena celebrare il progresso sociale tanto importante come sradicare la fame, una notizia infame con un titolo da antologia colonialista; cito il titolo dell'assurda notizia:

Il Governo venezuelano vuole costringere le madri ad allattare

L'Assemblea Nazionale voterà martedì una
legge che punisce la pubblicità di alimenti per lattanti e  biberon e proibisce la prescrizione di siero a neonati.
EWALD SCHARFENBERG Caracas
 


http://internacional.elpais.com/internacional/2013/06/16/actualidad/1371345652_337575.html
 


In questo link potrete leggere il contenuto di questo articolo che non ha né capo né coda, perché ogni donna, più o meno consapevole, sa del fatto che il latte materno è il meglio per il loro bambino, e che le grandi aziende devono essere controllate per evitare che utilizzino metodi pubblicitari destinati a vendere senza dar importanza alla salute di nessuno, ma al business.

Se seguiamo la logica del profilo propagandista della catastrofe e dell'obbligo, del "giornalista" Scharfenberg, dovremmo buttare a mare tutte le analisi mediche e scientifiche che sono state fatte per proteggere l'allattamento al seno.

Come sempre, una domanda, quanto guadagna il propagandista della Nestlé o di una società simile, per articoli come questo, proprio nel momento in cui il governo del Venezuela riceve un premio tanto importante per aver sradicato la fame dal popolo?

E così, come dice la mia vicina quando le spiego queste cose: Che mascalzoni!

 

 

El silencio de los sinvergüenzas

Sara Rosenberg

Hoy Venezuela ha recibido el premio de La FAO por los logros obtenidos en la erradicación del hambre.
Reproduzco una síntesis de la noticia:El presidente de Venezuela, Nicolás Maduro, recibió este domingo un reconocimiento a su país de parte de la Organización de Naciones Unidas para la Agricultura y Alimentación (FAO) por la lucha del Gobierno Bolivariano en contra de la desigualdad social y el hambre.
En una ceremonia realizada en Italia, el mandatario venezolano recibió el reconocimiento de manos del Director general de la FAO, José Graziano da Silva, quien durante su discurso agradeció a siete países de América Latina en su lucha contra el hambre y al pobreza extrema. “Unos 38 países han alcanzado las metas del milenio, de estos, 18 han cumplido con otro objetivo, el de la alimentación, que es el mas difícil de alcanzar”, dijo Graziano da Silva.
Además de Venezuela, en América Latina están siendo reconocidos Brasil, Chile, República Dominicana, Panamá y Uruguay. También aparecen los estados caribeños de Guyana y San Vicente y las Granadinas; además de naciones como Armenia, Azerbaiyán, Djibouti, Georgia, Ghana, Kuwait, Kirguistán, Samoa, San Tomé y Príncipe, Tailandia, Turkmenistán y Vietnam.
El director de la FAO dijo que los logros de estos países “deben celebrarse” porque “una de las metas más importantes para todos los Gobiernos tiene que ser la lucha contra la desigualdad y la reducción de la pobreza”. “A todos (los premiados) debo decirles que son la prueba viviente de cuando la sociedad se compromete y tiene la voluntad, lo que se puede traducir en acciones y resultados tangibles. Por tanto gracias, gracias por demostrarnos que todo esto es posible”, agregó el director. (…)
Venezuela recibe este reconocimiento por haber reducido en más de la mitad el índice de hambruna. Según cifras oficiales, en este país la década de los años 90, había cuatro millones de personas con hambre, lo cual representaba 15,5 por ciento de la población; mientras que actualmente la cifra porcentual de las personas que se hallan en esa situación se ubica en 2,5.
Después de leer esta noticia tan alentadora busco la información en los medios españoles. En El País y en El mundo, los dos periódicos cuyas campañas contra las democracias latinoamericanas – y especialmente contra Venezuela y Cuba – son constantes. Busco alguna línea, pero no encuentro ninguna información. Absolutamente nada. Y pienso que este silencio en un país donde muchos niños ya padecen hambre, donde se recortan los presupuestos de los comedores escolares y las familias acuden a centros de ayuda y bancos alimentarios para comer, es un silencio doblemente criminal y que los dibuja de cuerpo entero. Son medios criminales, que han hecho de la mentira y la corrupción su modus operandi. Mi vecina diría “unos sinvergüenzas”, y adopto esa calificación. Para completar la falta de información el diario El país se atreve, en un día como hoy, en el que merece la pena celebrar un avance social tan importante como es erradicar el hambre, una noticia infame, con un titular de antología colonialista:
Cito el titular de la absurda noticia :
El Gobierno venezolano quiere obligar a las madres a amamantar
La Asamblea Nacional votará el martes una ley que castiga la publicidad de fórmulas lácteas y biberones y prohíbe la prescripción de suero a recién nacidos. EWALD SCHARFENBERG Caracas
http://internacional.elpais.com/internacional/2013/06/16/actualidad/1371345652_337575.html
En este enlace podrán leer el contenido del artículo, que no tiene ni pies ni cabeza, porque toda mujer más o menos conciente sabe que la leche materna es lo mejor para su hijo, y que las grandes compañías deben ser controladas para evitar que utilicen métodos de publicidad destinados a vender sin importarles la salud de nadie, sino el negocio.
Si seguimos en la lógica del prolífico propagandista de la catástrofe y el imperio, el “periodista” Scharfenberg, tendríamos que echar por la borda todos los análisis médicos y científicos que se han hecho para defender la lactancia materna.
Como siempre, una pregunta, ¿Cuánto cobra el propagandista de Nestlé o de alguna compañía semejante, por artículos como este, justamente en el momento en que el gobierno de Venezuela recibe un premio tan trascendental por haber erradicado el hambre del pueblo?
Y así es, tal como dice mi vecina cuando le explico estas cosas ¡Qué sinvergüenzas!

 

 

Obbligo di allattare

 

Koldo Campos Sagaseta scrittore, poeta e umorista basco; da: rebelion.org; 18.6.2013

traduzione di Daniela Trollio Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli” http://ciptagarelli.jimdo.com/

 

 

 

Nello stesso giorno il cui la FAO, organismo delle Nazioni Unite, si complimentava con il Venezuela per aver soddisfatto il suo impegno nella battaglia contro la fame, i grandi media di comunicazione mettevano in allarme il mondo rispetto ai piani del Venezuela di obbligare le madri ad allattare i loro figli e di proibire i biberon.

 

Quello che il parlamento bolivariano si dispone a proibire è la pubblicità di prodotti lattei artificiali nei centri di salute ma, come recita una vecchia massima giornalistica, “Non si può permettere che la verità ti rovini un titolone”.

 

Così i grandi media, sia sulla stampa che in televisione, oltre a tacere del riconoscimento delle Nazioni Unite al Venezuela per aver sradicato la fame, si sono accinti al compito di diffondere la “sinistra” misura che quel paese latinoamericano si propone di adottare e che, in realtà, è già stata adottata da anni nei nostri ospedali.

 

Quello che ancora quei grandi media non sanno e che io, con lo stesso rigore giornalistico che usano loro, svelerò in questo articolo come primizia informativa, è che il parlamento venezuelano si dispone anche a sostituire il tradizionale “Padre Nostro” con un altro più adatto ai nuovi tempi che il Venezuela vive e che, se approvato, suonerebbe così: “Madre nostra che ci dai il seno, santificata sia la tua opera, venga a noi il tuo latte e che il nutrimento venga da un petto o dall’altro, dacci oggi il nostro latte di ogni giorno, e non comprare i suoi succedanei così come non lo faremo noi, perché non c’è nulla di più sano del capezzolo, e liberaci dal mal Nestlé”.