Ai bambini che leggono

“L’Età d’Oro”

 

 

21.08.2013 - www.granma.cu

 

 

Questa rivista è per i bambini e naturalmente anche per le bambine. Senza le bambine non si può vivere, come non può vivere il nostro pianeta senza la luce. Il bambino deve lavorare, viaggiare, studiare, essere forte, essere attraente.

 

Il bambino può divenire affascinante anche se è brutto. Un bambino buono, intelligente e pulito è sempre bello. Però un bambino non è mai così bello come quando ha tra le sue mani di uomo forte un fiore per una sua amica o quando offre il braccio a sua sorella perché nessuno la offenda; così il bambino cresce e sembra un gigante, nasce per essere un cavaliere e la bambina nasce per essere madre.

 

Questo giornale si pubblica per conversare una volta al mese come buoni amici con i cavalieri di domani  e con le madri di domani, per raccontare alle bambine come è bello giocare con le bambole e intrattenere le visite e per dire ai bambini quello che devono sapere per diventare veri uomini.

 

Racconteremo tutto quello che vorranno sapere in maniera chiara, perchè capiscano bene.

 

Racconteremo tutto quello che hanno fatto gli uomini sinora.

 

Per questo si pubblica L’Età d’Oro, perché i bambini americani sappiano come si viveva nel passato e come si vive adesso in America e nelle altre nazioni, come si costruiscono tante cose di vetro e di ferro, la macchine a vapore, i ponti girevoli, o come funziona la luce elettrica.

 

Perché quando un bambino trova una pietra colorata, sappia perché è colorata e da dove deriva il colore, perché il bambino conosca i libri più famosi, dove si raccontano le battaglie e le religioni dei popoli antichi.

 

Parleremo di tutto quello che si fa nei laboratori dove succedono cose rare e interessanti come nei racconti di magia, che sono magie ancora più belle delle altre.

Diremo quello che si sa sul cielo, sulla terra e sulla profondità dei mari,  racconteremo racconti comici e romanzi per bambini, per quando, dopo aver studiato molto o giocato troppo, vogliano riposare.

 

Noi lavoriamo per i bambini, perché sono coloro che sanno amare, perchè i bambini sono la speranza del mondo e noi vogliamo che ci amino e ci considerino pezzetti del loro cuore.

 

 

Il Guatemala fu significativo para Martí

 

 

26.04.2013 - Randy Saborit Mora www.granma.cu

 

 

Il soggiorno di José Martí in Guatemala dal 1877 al 1878 fu significativo per la sua vita e la sua opera, ha affermato l’investigatore cubano Mauricio Núñez, nella cornice di una recente conferenza offerta nella capitale di questo paese.

 

In questo paese ebbe molti vincoli con il mondo intellettuale e accademico, a tal punto che lo considerano parte della storia del Guatemala, ha detto Núñez, uno degli organizzatori della “VIII Conferenza scientifica José Martí e le sfide del XXI Secolo per il Centro America e i Carabi” svolta di recente con partecipazione di esperti e delegati di Costarica, Venezuela, Cuba e Guatemala, in occasione del 160º anniversario della nascita dell’Apostolo di Cuba e del centenario della nascita del guatemalteco Manuel Galich.

 

La storia dell’Università di San Carlos del Guatemala (USAC) è molto relazionata al passaggio dell’Apostolo cubano in questa nazione, ha detto lo studioso della società culturale José Martí (SCJM) di Cuba.

 

Secondo il coordinatore editoriale della Rivista Honda della SCJM, "Il pensiero martiano, giustamente vincolato al destino e alla crescita dei popoli latinoamericani, ovviamente ha una trascendenza enorme ai nostri giorni.

 

 

Haiti: Cercando Martí

 

 

31.01.13 - www.granma.cu Leandro Maceo Leyva

 

 

Coscienti che per il peregrinare rivoluzionario e l’insaziabile ansia indipendentista di Martí, Haiti fu per lui un transito obbligato dal 1892 al 1895 in continue occasioni, ci disponiamo ad intraprendere il viaggio per quei paraggi di questa terra che l’Apostolo descrisse con maestria e sapienza nella sua prosa.

 

In quei tempi l’uomo della “Età d’Oro” preparava la guerra necessaria per la quale era imprescindibile riunire tutte le forze possibili.

 

Oggi, seguendo i passi di Martí per la geografia di Haiti, incontriamo una realtà distante nel tempo, molte volte lontana da quello che un viaggiatore vede da un vaporetto o da un mulo, ma ugualmente con la sorpresa della vigenza del legato che in più di un’occasione fa pensare che l’Eroe Nazionale cubano ha concluso di recente la sua marcia.

 

Il percorso cominciò dall’Hotel Francia, a Puerto Príncipe, dove giunse un pomeriggio d’autunno per incontrare emigranti e patrioti cubani, come Juan Massó Parra e Rosendo Rivera. Giungendo alla residenza che oggi si chiama Oloffon, ci riceve Yanithe, una giovane haitiana, che, come le sue compagne, ci assicura di non sapere nulla di quella storica data.

 

Lo stesso accade a Gonaïves, il villaggio dove Martí giunse l’8 settembre del 1892 in un momento raccontato dalla storia come il primo scontro dell’Eroe con la miseria haitiana, riflessa quando scrisse: “Non avevo mai visto, nel mio molto vedere, una terra più triste nè devastata di questo angolo haitiano, che dal vapore quando si entra somiglia alla morte e non vive nel sue strade fangose di altro che l’elemosina e gli appetiti”.

 

La Gonaïves vista da Martí ha cambiato il suo aspetto. La maggioranza delle sue strade non sono più piene di fango, ma la miseria di cui parlò, s’intravede ancora in più di uno sguardo.

 

Il percorso deve continuare. Risaliamo La Mermelada, una ripida salita di obbligato e difficile accesso per i viaggiatori che cercano di giungere a Cabo Haitiano, lasciando indietro il Dipartimento Artibonite, del quale Gonaïves è capoluogo.

 

A Cabo Haitiano, scopriamo una cittadina coloniale che ci offre, come a Martí, un’ impressione diversa da quella di Gonaïves: "La città è un attivissimo porto, dove entrano e partono navi e golette per tutti i Carabi”.

 

Cabo Haitiano conserva, inoltre, luoghi storici obbligati e da visitare, come la strada che porta il nome dell’Apostole e la casa del suo amico, Ulpiano Dellundé, nella quale visse in varie opportunità, dove si vede una sua foto che, assieme alla targa all’entrata ricorda il suo soggiorno nella memoria dei nativi e dei visitatori.

 

Seguendo le orme dell’Eroe, visitiamo Ouanaminthe, l’animato villaggio di frontiera con la Repubblica Dominicana, come lo definì Martí e nel quale disse di aver conosciuto l’ allegria popolare, e delle belle donne dagli eleganti movimenti.

 

A Ouanaminthe, Martí fu anche testimone del movimento di frontiera che si sviluppa - oggi su un nuovo ponte- e come allora attraversa il fiume Massacre, dove i lunedì e i venerdì si apprezza con maggior forza l’andare e venire delle persone che approfittano in continuazione per trasferire merci da un paese all’altro “e il contrabbando è amato e difeso come la vera giustizia”.

 

L’ultima sosta è a Fort-Liberté, dove Martí conobbe la bontà del suo amico Nephtalí, che lo ospitò e gli offerse cibo. Lì, nella punta della baia, si erigono ancora le rovine dell’antico forte che sentì su di sè i passi dell’Apostolo.

 

È stato un percorso per una rotta che parla dell’importanza fisica e umana e dei passi di un uomo che ha saputo identificare come potenza di vincolo l’amicizia e la fraternità tra le nazioni, le culture e i popoli.

 

 

Omaggi all’Eroe cubano José

Martí nella capitale messicana

 

 

Nell’anniversario della nascita dell’Eroe cubano José Martí (28 gennaio del 1853 - 19 maggio del 1895) nella capitale del Messico, si sono svolti diversi omaggi, iniziando da una breve cerimonia in cui è stata posta una corona di fiori davanti alla statua dell’Eroe, e si trova nella spianata davanti al Centro Culturale che porta il suo nome, nel centrale Paseo de la Reforma.

 

Alla cerimonia, in cui ha parlato l’ambasciatore dell’Isola, Dagoberto Rodríguez, hanno partecipato messicano e cubani residenti.

 

Questo monumento presenta inciso il testo : A José Martí. Per la libertà dell’America, fu creato in bronzo dal celebre scultore e pittore messicano Ernesto Tamariz (1904-1988).

 

Nel Centro Culturale è stata inaugurata l’esposizione collettiva intitolata “Martí nelle belle arti”, che resterà aperta sino al 24 febbraio.

 

Inoltre è stato realizzato un omaggio letterario all’insigne indipendentista, poeta e giornalista.

 

Tra le molte attività, un concerto della Nueva Trova Cubana, con la partecipazione di Beni Capote, Yuri Casanova, Manolito Mulet e Lorenzo Cisneros (Topete), tra gli altri.

L’organizzatore dell’ultima guerra per l’indipendenza di Cuba visse in Messico in varie occasioni e vi trascorse momenti importanti della sua feconda esistenza.

 

Il dottore messicano Alfonso Herrera Franyutti ha scritto un documentato e interessante libro sulla permanenza di Martí in Messico, e nel suo testo l’autore racconta che in un incontro con degli amici messicani, Martì disse: “Voi avrete il piacere di vedere Cuba Libera, io no, perchè devo compiere una missione nella quale soccomberò”.

 

Quello fu un presagio, perchè poco tempo dopo moriva in combattimento contro l’esercito colonialista spagnolo a Dos Ríos, nell’oriente della sua Patria.

 

Martí, in quella memorabile occasione aggiunse : "Messico caro, odi il clamore di un figlio tuo che non è nato da te!”.

 

 


Sui passi di José Martí
Il Teatro Villanueva

 

 

16.1.13 - R.Marrero Yanes investigazione ‘Martí a L’Avana’, della Società Culturale José Martí www.granma.cu

 

 

Questo elegante edificio fu costruito vicino alla Muraglia nel 1846, situato nell’isoalto compreso tra le strade Colón, Morro, Zulueta e Refugio, nell’attuale municipio de L’Avana Vecchia.

 

Originariamente si chiamò Circo Habanero e poteva accogliere 1300 spettatori e il suo padrone era Miguel Nin Pons. Lo scenario serviva per la presentazione di opere liriche e teatrali, ed era il preferito dalle compagnie di attori e maghi e per gli spettacoli di varietà.

 

Nel 1853, alla morte dell’intendente Villanueva, il Circo adottò il nome di Teatro Villanueva, in sua memoria.

 

José Julián Martí Pérez e il suo maestro Rafael María de Mendive frequentavano abitualmente questo luogo. Il 22 gennaio del 1869, varie squadre di volontari attaccarono il Teatro in cui era stato presentato un programma incendiario con il fine di raccogliere fondi per alcuni insolventi, e un’opera di costume che era stata interrotta alla nona scena con grida di ‘Viva l’indipendenza’, ‘Viva Cuba’ e ‘Viva Céspedes’.

 

Nel mezzo della sparatoria, Doña Leonor Pérez Cabrera (1828-1907), la madre di Martí, uscì per le strade alla ricerca di suo figlio, che poi ricordò l’incidente negli articoli “Il fatto di ieri”, “Messico” (1875) e nei “Versos Sencillos”, numero XXVII, (1891).

 

Quei fatti scatenarono il terrore contro i rivoluzionari e furono saccheggiati il palazzo di Miguel Aldama e la casa di Leonardo Montes.

 

Il caffè El Louvre fu attaccato con una sparatoria. Cominciava così l’esodo di migliaia di famiglie all’estero.

 

Chiuso il teatro nel 1869, divenne poi una casa per abitazione; nel 1887 fu demolito e lì si costruì la fabbrica di sigari La Corona.