La necessità di un cambiamento

 

 

22.05.2013 -  Arthur Gonzalez http://heraldocubano.wordpress.com

 

 

Da diversi anni, il governo degli Stati Uniti, con l'eco di alcuni alleati, va chiedendo a Cuba che realizzi cambiamenti nel suo sistema politico, economico e sociale per realizzare un "transito pacifico verso la democrazia", non accettando una pluralità di pensiero così vicino al suo territorio e ancor meno la libera autodeterminazione del suo popolo.
 

A Cuba prima del 1959 ci fu un regime capitalista con un'economia dominata dal capitale statunitense, libera impresa, più di 20 partiti politici e altri simboli inalberati dagli Stati Uniti come esempio di "libertà".
 

Ma niente di tutto questo eliminò l'analfabetismo, la disuguaglianza di genere e di razza, di credo, la disoccupazione, le differenze sociali, i contadini senza terra, i tempi morti nei campi quando terminava il raccolto dello zucchero, la morte di innocenti per mancanza di cure mediche e le migliaia di morti, sparizioni e torture da parte dei regimi che hanno governato la Repubblica cubana.
 

Di fronte a tale contesto il popolo affrontò la tirannia di Fulgencio Batista, combattendo con le unghie e coi denti fino alla sua fuga il 31 dicembre 1958, iniziando il periodo rivoluzionario che per sempre ha rimosso questa situazione esistente nell'Isola
 

Ora, coloro che aspirano a che Cuba ritorni alla situazione di prima del 1959 presentano un panorama tetro e desolante, che richiede un profondo cambiamento simile a quello che ha ottenuta, nel 1959, il popolo cubano.
 

In questo senso, si constata che la disoccupazione giovanile continua ad aumentare e si stima che nel 2013 raggiungerà una media mondiale del 12,6% rispetto al 12,4% del 2012, secondo le stime dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) delle Nazioni Unite, pubblicate a Ginevra e quest'anno si prevede di registrare 73,4 milioni di giovani tra i 15 e i 24 anni disoccupati, rispetto ai 72,9 milioni dello scorso anno, anche se nessuno è di Cuba , poiché tale male non esiste più nell'Isola
 

Secondo l'OIL, é in pericolo il benessere di un'intera generazione, e sempre più giovani hanno sfiducia nel sistema socio-economico e politico del loro paese -  nessuno dei quali socialista - come hanno dimostrato le proteste di massa registrate in paesi come la Spagna e la Grecia contro le politiche dei tagli del governo.
 

Nel 2013, si sono registrati 3,5 milioni di giovani disoccupati più che nel 2007, l'anno in cui é scoppiata la crisi finanziaria globale. Gli esperti temono che la disoccupazione giovanile salga al 12,8% sino al 2018.
 

La disoccupazione nei paesi industrializzati supera ormai la media mondiale, con un 18,1 e nell'Unione Europea è aumentata di quasi il 25% tra il 2008 e il 2012. L'OIl non si aspetta un calo del 17% nella regione fino al 2016.
 

La più alta percentuale di disoccupazione regionale nei giovani l'ha registrata il Vicino Oriente, con il 28,3%, seguita dal Nord Africa, con il 23,7% e la più bassa è stata registrata nel sud ed est Asia, con il 9,3%.
 

Se è così secondo l'OIL, quando questi paesi inizieranno una transizione pacifica, come quella che richiede gli Stati Uniti a Cuba, per eliminare questo male che corrode il futuro di questi paesi?
 

Per fortuna a Cuba ciò non avviene. Il sistema socialista garantisce gli studi a tutti allo stesso modo, senza alcun pagamento e un lavoro dignitoso a ciascun cittadino. Quindi, chi deve cambiare?

 

 

La nesecidad de un cambio

Arthur Gónzalez

Desde hace varios años, el Gobierno norteamericano con el eco de algunos aliados, anda exigiéndole a Cuba que realice cambios en su sistema político, económico y social para lograr un “Tránsito pacífico hacia la democracia”, al no aceptar una pluralidad de pensamiento tan cerca de su territorio y menos aun la libre determinación de su pueblo.
En Cuba antes de 1959 existía un régimen capitalista con una economía dominada por el capital norteamericano, libre empresa, más de 20 partidos políticos y otros símbolos enarbolados por los Estados Unidos como ejemplos de “libertad”.
Sin embargo nada de esto eliminó el analfabetismo, la desigualdad de genero y de razas, la de credo, el desempleo, la diferencias sociales, los campesinos sin tierra, el tiempo muerto en los campos cuando terminaba la zafra azucarera, las muertes de inocentes por falta de asistencia médica y los miles de muertos, desaparecidos y torturados por parte de los regimenes que gobernaron la República cubana.
Ante ese panorama el pueblo se enfrentó a la tiranía de Fulgencio Batista, luchando a brazo partido hasta lograr su huida el 31 de diciembre de 1958, iniciándose el período revolucionario que eliminó para siempre ese panorama existen en la Isla.
Ahora los que ambicionan que Cuba regrese a la etapa de antes de 1959 presentan un panorama tétrico y desolador, que requiere de un profundo cambio similar al que logró el pueblo cubano en 1959.

En ese sentido, se constata que el desempleo juvenil seguirá en aumento y se calcula que en el 2013 alcanzará una media en todo el mundo del 12,6 por ciento, frente al 12,4 por ciento de 2012, según estimados de la Organización Internacional del Trabajo (OIT) de la ONU, publicados en Ginebra y se espera que este año se registren 73,4 millones de jóvenes entre 15 y 24 años sin empleo, frente a los 72,9 millones del año anterior, aunque ninguno es de Cuba, ya que ese mal no existe más la Isla.
Según la OTI, está en peligro el bienestar de una generación entera, y cada vez más jóvenes desconfían del sistema socioeconómico y político de sus países -ninguno de ellos socialista- como han mostrado las protestas masivas registradas en países como España o Grecia contra las políticas de recortes del gobierno.
En el 2013, se registran 3,5 millones de jóvenes desempleados más que en 2007, el año en que surgió la crisis financiera global. Los expertos temen que el desempleo entre los jóvenes aumente al 12,8 por ciento hasta 2018.
El desempleo en países industrializados ya supera la media mundial, con un 18,1 y en la Unión Europa aumentó casi un 25 por ciento entre 2008 y 2012. La OIT no espera que se baje del 17 por ciento en esa región hasta 2016.
La cuota más alta de desempleo regional en los jóvenes la registró el Cercano Oriente, con un 28,3 por ciento, seguida del norte de África, con un 23,7 por ciento, y la menor se registra en el sur y el este de Asia, con el 9,3 por ciento.
Si esto es así según la OTI, ¿cuándo estos países iniciarán una Transición pacífica, como la que le exige Estados Unidos a Cuba, para eliminar este mal que corroe el futuro de esos países?
Por suerte en la mayor de las Antillas esto no ocurre. El sistema socialista les garantiza los estudios a todos por igual, exento de todo pago y un trabajo digno a cada ciudadano. Entonces ¿quiénes tienen que cambiar?