Il Che oggi

 

 

 

14.06.2013 - www.granma.cu

 

 

Pensare al Che 46 anni dopo il suo assassinio è una sfida e bisogna assumerlo con modestia. Bisognerebbe risaltare innanzitutto l’impressionante sopravvivenza del suo esempio. Il tempo trascorso dalla sua morte è più lungo di quello della sua esistenza interrotta in piena gioventù. Successive generazioni l’hanno accompagnato. Rinacque in uomini e donne che l’amarono senza averlo conosciuto e per lui diedero le loro vite una ed un’altra volta.

 

La sua validità è stata permanente. Trasformata in simbolo, la sua immagine percorre il mondo. A lei si afferrano e l’alzano quelli che cercano di cambiare la realtà. È il viso che incoraggia la Rivoluzione del nostro tempo.

 

Al di sopra di qualunque analisi scientifica è ovvio che per molti il Che vive, è inseparabile dalle loro lotte, sacrifici e sogni.

 

La sfida per quelli che pensano al Che è tentare di farlo nella maniera guevariana, immaginando come lo farebbe lui, col suo modo di pensare sempre creatore e libero da legami. Pretendo condividere con voi solo poche riflessioni su un tema che esigerebbe un impegno sistematico e di maggiore profondità.

 

Dobbiamo evadere le pochezze di quelli che riducono il Che alla sua impresa guerrigliera od ai suoi criteri sulla costruzione del socialismo in Cuba ed alla strategia della lotta armata per l’America Latina di solo mezzo secolo fa, presentandolo come una figura abbagliante da un passato glorioso. In tutti questi campi consegnò degli apporti di valore eccezionale che sono stati decisivi per lo sviluppo posteriore ed oggi hanno piena attualità in un Continente dove milioni si affannano nella ricerca di un “nostro socialismo”, multicolore, che trova nel Che il suo punto di incontro nella sua diversità.

 

Il Che è stato assassinato in Bolivia e la sua avanguardia guerrigliera militarmente sconfitta, ma nell’Altopiano ha trionfato finalmente un movimento del quale formano parte i prosecutori del suo eroico distaccamento, che lo rivendicano come paradigma ed hanno fatto di Vallegrande e La Higuera luoghi sacri di un nuovo socialismo.

 

L’Impero cercò in vano di farlo sparire. Lui ritornò vittorioso nella Venezuela bolivariana e chavista, in Ecuador, in Nicaragua, in Argentina, in Brasile, in Uruguay, nei Caraibi, nei movimenti popolari che hanno in lui la loro migliore guida.

 

La sua visione di un progetto di emancipazione sociale di portata continentale si trasformò in una realtà che lotta per consolidarsi già in un numero crescente di paesi e che sboccherà in un’America Latina e nei Caraibi liberi dalla dominazione straniera e di ogni forma di sfruttamento.

 

Anticipando a molti scoprì le debolezze e contraddizioni del sistema sovietico che inevitabilmente avrebbero portato alla sua sconfitta. Seppe inoltre denunciare la loro mancanza di spirito internazionalista, l’abbandono della solidarietà effettiva con quelli che lottavano per la loro liberazione.

 

Di fronte all’eurocentrismo che frenava il movimento rivoluzionario, la decade del Sessanta ha visto sorgere una nuova sinistra che discusse gli schemi del chiamato “socialismo reale” mentre dal processo decolonizzante germogliava un Terzo Mondo che si impegnava a cercare le sue proprie vie per superare il capitalismo. La Rivoluzione cubana sarebbe parte inseparabile di questo processo ed Ernesto Guevara il suo pensatore più rilevante che più si sforzò per sintetizzare l’esperienza cubana e per dotare di un’elaborazione teorica il terzomondismo e dare una nuova vitalità all’ideale socialista per portare freschezza antidogmatica, indipendenza creativa ed autentica militanza combattiva.

 

Precisamente perché lui stava lottando con le armi nella mano, trasformando in pratica reale le sue convinzioni, il Che non fu presente fisicamente nella Conferenza Tricontinentale né nella creazione dell’Organizzazione Latinoamericana di Solidarietà ma nessuno dubita che entrambe devono a lui la loro esistenza.

 

Non fu per caso che C. Wright Mills dedicò al Che il capitolo finale del suo ultimo libro dove volle riunire i principali testi del pensiero socialista.

 

Cinque anni fa Frei Betto ha scritto: “Oggi, per riassumere il lascito del Che e per celebrare i suoi ottanta anni dobbiamo mantenere il cuore e gli occhi sulla preoccupante situazione del nostro pianeta, dove impera l’egemonia del neoliberalismo. Moltitudini, soprattutto giovani, sono attratte dall’individualismo e non dallo spirito comunitario, dalla competitività e non dalla solidarietà; dall’ambizione smisurata e non dalla lotta in favore dello sradicamento della miseria.”

 

Ed aggregava, il domenicano rivoluzionario: “quale è la migliore maniera di commemorare gli ottanta anni del Che? Credo che il migliore regalo sarebbe vedere le nuove generazioni credendo e lottando per un altro mondo possibile, dove la solidarietà sia abitudine, non virtù; la pratica della giustizia un’esigenza etica; il socialismo il nome politico dell’amore.”

 

Queste parole servono anche per questo anniversario ottanta cinque. Questo regalo è nella coscienza e nei sentimenti dei giovani. A loro bisogna arrivare, però come lo faceva il Che. Senza imposizioni scolastiche né stereotipi burocratici, senza ipocrisia. Si tenta di aiutarli a pensare ed a sentire per loro stessi, con intera libertà. Educare, creare coscienza, era per lui un compito chiave, urgente, per avanzare verso una nuova società in lotta costante contro l’eredità dell’egoismo e del materialismo individualista.

 

Per questo motivo ha affermato che “il tremendo crimine storico di Stalin è stato avere disprezzato l’educazione comunista ed aver istituito il culto rigido all’autorità.”

Per il Che educare gli uomini, aiutarli a forgiare una nuova coscienza che assuma i valori della società che si vuole conquistare è missione principale dell’avanguardia rivoluzionaria la quale, se in realtà lo è, non può cadere nell’ idea ingannevole che il socialismo possa impiantarsi per decreto né che l’ideologia si può catturare in un manuale.

 

Niente educa tanto efficacemente come l’esempio e per questo motivo lui è stato e sarà sempre il nostro miglior educatore.

 

A lui bisogna ritornare adesso, quando ci buttiamo nel processo necessario per cambiare tutto quello che debba essere cambiato nel nostro progetto economico e sociale. Affinché questo processo trionfi e renda migliore il socialismo possibile adesso a Cuba è necessario fortificare ed approfondire la nostra cultura rivoluzionaria. È impossibile sottolineare l’importanza strategica, decisiva, di questa battaglia sul terreno delle idee e della coscienza, senza ricordare colui che seguirà a convocarci, ieri come oggi a lottare Hasta la Victoria Siempre.

Ricardo Alarcon


L’Avana, 14 giugno 2013
Colloquio Che Guevara nell’ora attuale a 85 anni dal suo natalizio