Cuba: a 25 anni dall’inizio del Periodo speciale (III)

José Luis Rodríguez – http://www.cubacontemporanea.com

link II parte

cuba busL’impatto della crisi del Periodo speciale fu enorme per l’economia cubana. Il PIL cadde del 34,8%, tra il 1989 e il 1993, ritornando quell’anno al livello del 1981; le importazioni diminuirono del 75,3%; gli investimenti caddero  del 61,8%; l’agricoltura perse il 47,3% nel valore della sua produzione e la produttività del lavoro scese del 33,7%.

Inoltre, l’enorme pressione inflazionistica si espresse in un aumento della liquidità nelle mani della popolazione che superava il 66% del PIL e si manifestava, anche, nel deprezzamento del valore del peso cubano, quotato nell’economia informale tra i 120 e 150 pesos/USD nel primo trimestre del 1994, rispetto a 7 pesos per USD nel 1990. Allo stesso modo, il deficit di bilancio raggiunse il 33% del PIL nel 1993.

D’altra parte, nonostante la politica attuata per proteggere la popolazione, i consumi delle famiglie pro capite scese del 34,6% dal 1989 al 1993, con un apporto calorico che si ridusse del 34,5% e un apporto proteico che scese del 37,7%. Questo significava che -come media- la popolazione cubana consumò, nel 1993, solo 1863 calorie al giorno (il un minimo stimato in 2100) e 46 grammi di proteine, per un minimo di 56. Questi livelli di consumo rimarranno al di sotto del richiesto fino al 1996-1997. Questo si sarebbe segnalato come una delle probabili cause della comparsa di malattie come l’epidemia di neuropatia di origine tossico-nutrizionale, rilevata nel 1993, che avrebbe raggiunto un tasso di incidenza di 493,3 ogni 100000 abitanti, tra il 1992 e il 1996.

Allo stesso modo, i servizi di base come la fornitura di elettricità subirono anche gravi danni, dal momento che la generazione in relazione alla capacità installata scese sino al 38% nel 1994, che motivò, che già dal luglio 1992, cominciassero le interruzioni pianificate di energia elettrica in condizioni in cui il paese vide ridursi la propria disponibilità di petrolio, equivalente a circa 6,5 ​​milioni di tonnellate all’anno, con un taglio del 50% rispetto al 1989.

Alle conseguenze anteriormente segnalate si sarebbero sommate la crescita delle tensioni sociali che una situazione di crisi come quella balsadescritta provoca. Queste tensioni avranno la loro espressione più acuta con la cosiddetta crisi dei balseros (zattere), nella seconda metà del 1994. Tuttavia, un impatto di maggiore estensione e profondità nel tempo si sarebbe registrato come risultato del deterioramento degli standard di vita della popolazione -tra altri indicatori- a partire della caduta stimata del 56% dei salari reali in quattro anni, anche se altri autori considerano una riduzione fino all’ 80%.

Tuttavia, l’entità del danno a partire dall’aumento dei prezzi -come è stato stimato da diversi autori-  deve essere preso con riserva. Al riguardo segnalerei, con ragione, la ricercatrice Angela Ferriol che “… negli anni della crisi economica sparirono prodotti dell’offerta, altri apparirono, e si crearono e sparirono segmenti di mercato. Considerare tutti questi elementi con una stima dell’indice dei prezzi richiede trattamenti tecnicamente complessi, da una base di informazioni empiriche per quegli anni che non è disponibile e uno studio conciliato, in modo che le percentuali di variazione dell’indice dei prezzi al consumatore ( …) devono essere considerate con riserva”.

Allo stesso modo, nel corso di questi anni si produsse una distribuzione regressiva del reddito nel mezzo delle pressioni inflazionistiche presenti nel Periodo speciale, che si acutizzarono con l’introduzione delle rimesse in valuta estera per una parte della popolazione a partire dall’agosto 1993.

Il coefficiente Gini mostrava, verso il 1989, un valore di 0,25, che denotava una distribuzione equa dei redditi. Le stime disponibili per gli anni 90 indicavano che il valore di questo rapporto salì a un valore tra 0,38 e 0,40, riflettendo il deterioramento sofferto, ma anche così, l’indicatore rimaneva al di sotto dei più importanti paesi dell’America Latina. In effetti, il coefficiente Gini negli anni ’90 in Brasile ha raggiunto 0.63; 0.52 in Argentina, Cile e Messico; 0,44 in Uruguay e 0,42 in Costarica.

Nonostante tutti gli sforzi da parte dello Stato per ridurre l’impatto della crisi, non fu possibile evitare, in questi anni, l’inizio di un processo di ri-stratificazione sociale. Secondo la sociologa Mayra Espina, questo processo portò a che l’indice della popolazione a rischio di non soddisfare le proprie esigenze di base aumentasse dal 6,3% nel 1986 al 14,7% nel 1995.

La distribuzione regressiva del reddito ebbe come base la diversificazione delle sue fonti a causa dell’espansione dell’economia sommersa e del lavoro non statale così come le rimesse e la creazione di fonti di reddito differenziali in valuta per parte dei lavoratori.

Questa polarizzazione sociale creò condizioni favorevoli per l’aumento dei comportamenti antisociali, con fenomeni come la prostituzione, la corruzione e la criminalità, comportamenti in cui si esprimeva una perdita di valori morali per un segmento della popolazione.

Nel discorso pronunciato dal presidente Raul Castro, di fronte all’Assemblea Nazionale nel luglio 2013, si sarebbe riconosciuto l’impatto di questa situazione affermando: “Abbiamo percepito con dolore, lungo i più di 20 anni di Periodo speciale, l’accresciuto deterioramento dei valori morali e civili, quali l’onestà, la decenza, la vergogna, il decoro, l’onore e la sensibilità ai problemi degli altri”.

Nonostante le enormi difficoltà incontrate, Cuba avrebbe, gradualmente, superato, a partire dal 1994, i peggiori impatti del Periodo speciale sulla base di enormi sacrifici e senza rinunciare ai suoi principi.

(Continua link alla IV parte)

* L’autore è un consulente del Centro di Ricerca sull’Economia Mondiale.

* Questo lavoro si basa sul capitolo II del libro Il Periodo Speciale a Cuba: la battaglia economica, in corso di pubblicazione da parte dell’autore

Cuba: a 25 años del inicio del Período especial (III)

Por José Luis Rodríguez
 
 El impacto de la crisis del Período especial fue enorme para la economía cubana. El PIB cayó 34,8% entre 1989 y 1993, retrocediendo ese año al nivel de 1981; las importaciones se redujeron 75,3%; las inversiones bajaron 61,8%; la agricultura perdió 47,3% en el valor de su producción y la productividad del trabajo descendió 33,7%.
 
 Adicionalmente, la enorme presión inflacionaria se expresó en un aumento de la liquidez en manos de la población que superaba el 66% del PIB y se manifestaba también en la depreciación del valor del peso cubano, cotizado en la economía informal entre 120 y 150 pesos por USD en el primer trimestre de 1994, frente a 7 pesos por USD en 1990. De igual modo, el déficit de presupuesto llegó al 33% del PIB en 1993.
 
 Por otro lado, y a pesar de la política implementada para proteger a la población, el consumo de los hogares por habitante cayó 34,6% de 1989 a 1993, con un insumo calórico que se redujo 34,5% y un insumo proteico que descendió 37,7%. Esto significaba que -como promedio- la población cubana consumió en 1993 solo 1 863 kilocalorías diarias (de un mínimo estimado en 2 100) y 46 gramos de proteína, de un mínimo de 56. Tales niveles de consumo se mantendrían por debajo de lo requerido hasta 1996-1997. Esta se señalaría como una de las causas probables de la aparición de enfermedades como el brote de neuropatía de origen tóxico-nutricional detectado en 1993, que alcanzaría una tasa de incidencia de 493,3 por 100 000 habitantes entre 1992 y 1996.
 
 De igual modo, servicios básicos como el suministro eléctrico también sufrieron fuertes afectaciones, ya que la generación en relación con la capacidad instalada se redujo hasta 38% en 1994, lo cual motivó que ya desde julio de 1992 comenzaran los cortes programados de electricidad, en condiciones en que el país vio reducida su disponibilidad de petróleo equivalente a unas 6,5 millones de toneladas anuales, para un recorte de 50% respecto a 1989.
 
 A las consecuencias anteriormente señaladas se sumaría el incremento de las tensiones sociales que una situación de crisis como la descrita provoca. Estas tensiones tendrían su expresión más aguda con la llamada crisis de los balseros en el segundo semestre de 1994. Sin embargo, un impacto de mayor extensión y calado en el tiempo se registraría como consecuencia del deterioro del nivel de vida de la población, que se manifiesta -entre otros indicadores- a partir de una caída estimada de 56% del salario real en cuatro años, aunque otros autores consideran una disminución de hasta 80%.
 
 No obstante, la magnitud de ese deterioro a partir del incremento en los precios -tal y como ha sido estimado por diversos autores- debe ser tomada con reserva. Al respecto señalaría con razón la investigadora Angela Ferriol que “…en los años de la crisis económica desaparecieron productos de la oferta, aparecieron otros, y se crearon y desaparecieron segmentos del mercado. Considerar todos esos elementos en un estimado del índice de precios requiere de tratamientos técnicamente complejos, de una base de información empírica para esos años que no está disponible y de un estudio conciliado, por lo que los porcentajes de variación del índice de precios al consumidor (…) deben ser considerados con reserva”.
 
 De igual forma, durante estos años se produjo una distribución regresiva de los ingresos en medio de las presiones inflacionarias presentes en el Período especial, las que se agudizarían con la introducción de las remesas de divisas a una parte de la población a partir de agosto de 1993.
 
 El coeficiente Gini mostraba hacia 1989 un valor de 0,25, que denotaba una distribución de ingresos equitativa. Los estimados disponibles para los años 90 muestran que el valor de ese coeficiente se elevó a una cifra entre 0,38 y 0,40, lo cual refleja el deterioro sufrido, aunque, aun así, el indicador se mantenía por debajo de los más importantes países de América Latina. En efecto, el coeficiente Gini en los años 90 llegaba a 0,63 en Brasil; 0,52 en Argentina, Chile y México; 0,44 en Uruguay y 0,42 en Costa Rica.
 
 A pesar de los esfuerzos realizados por el Estado para minorar el impacto de la crisis, no fue posible impedir en estos años el inicio de un proceso de reestratificación social. Según la socióloga Mayra Espina, este proceso llevó a que el índice de población en riesgo de no satisfacer sus necesidades elementales aumentara de 6,3% en 1986 a 14,7% en 1995.
 
 La distribución regresiva de ingresos tuvo como base la diversificación de sus fuentes debido a la expansión de la economía sumergida y el trabajo no estatal, así como las remesas y la creación de fuentes de ingresos diferenciales en divisa para una parte de los trabajadores.
 
 Esta polarización social creó condiciones favorables para el incremento de las conductas antisociales, con fenómenos tales como la prostitución, la corrupción y el delito, comportamientos en los que también se expresaba una pérdida de valores morales por un segmento de la población.
 
 En el discurso pronunciado por el presidente Raúl Castro ante la Asamblea Nacional en julio de 2013, se reconocería el impacto de esta situación al señalar: “Hemos percibido con dolor, a lo largo de los más de 20 años de Período especial, el acrecentado deterioro de valores morales y cívicos, como la honestidad, la decencia, la vergüenza, el decoro, la honradez y la sensibilidad ante los problemas de los demás”.
 
 A pesar de las enormes dificultades enfrentadas, Cuba rebasaría gradualmente a partir de 1994 los peores impactos del Periodo especial a base de enormes sacrificios y sin renunciar a sus principios.
 
 (Continuará)
 
 * El autor es asesor del Centro de Investigaciones de la Economía Mundial.
 
 * Este trabajo se basa en el capítulo II del libro El Período especial en Cuba: la batalla económica, en proceso de publicación por el autor.

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