… e lo spettacolo di Miami

Fernando Buen Abad Domínguez / Resumen Latinoamericano

cantor imperioLa cosa meno importante è come si chiamano (o si fanno chiamare) mentre svolgano  il loro servile compito di diventare burattini di un progetto in cui gli ego più mediocri servono ad accumulare potere e denaro   oligarchico.

Sono un esercito di individualismi gravemente danneggiati, dall’ideologia della classe dominante, che li  ha portati all’Everest delle più infami lussurie antidemocratiche e alienanti. E si credono “talentosi”.  Fermiamoci per ora, a: farandula (Prov. Farandoulo). 1. f. Professione e ambiente degli attori. 2. f. Vecchia compagnia di teatro di strada, soprattutto di commedie. 3. f. dispregiativo, Cuba, Il Salvador., Ur. E Ven. L’ambiente della vita  notturna costituito da figure del business, sport, della politica e dello spettacolo.

A differenza di altri spettacoli, quello di Miami è dipendente da una tradizione golpista coltivata all’ombra dei peggiori interessi commerciale e criminali,  delle peggiori mafie che la storia yankee ha ospitato e adottato. La sua Alma Mater monetaria appoggia legami ideologici con la morale borghese dell’ipocrisia, della doppia morale, del tradimento, della criminalità organizzata, della prostituzione e di tutto ciò che il capitalismo è in grado di infettare nella sua folle corsa  per accumulare ricchezze e umiliare la maggior parte degli umani. E si mostrano spudoratamente nei media che la borghesia gli fornisce.

Non pochi dei ragazzi e delle ragazze incubate nel mondo dello spettacolo a Miami, anche se hanno certificati di nascita variopinti,  sono collaboratori volontari e  forniscono, con gioia di “raiting” (classifica), le loro  decime per finanziare operazioni golpiste. La loro fama e  qualità istrioniche  non bastano a nascondere la  mentalità sottomessa e reazionaria. Sono mercenari che lo stesso cantano per il Papa che per la  Casa Bianca, che interpretano narco-novelle cosi come pastorali. Consapevoli che sono tutti lo stesso letamaio -e ogni uno di loro- sotto il destino manifesto della fama e del glamour di paccottiglia con cui si celebrano loro stessi. E hanno seguaci, acquirenti,  fedeli e promotori.

La logica del business ha sempre, una spiegazione molto chiara: “L’industria dello spettacolo più grande al mondo  è, naturalmente, negli USA, e secondo i dati di PricewaterhouseCoopers, genererà un profitto di circa 726000 milioni di dollari quest’anno”.  E quanto più si avvicinino a questa cifra i “famosi” di Miami, più potere contra campagna anticubanaraggruppano  per metterlo ai piedi dell’impero che gli fornisce alloggio, cittadinanza e identità nel regno dei venditori ambulanti. Per avvicinarsi,  più che possono alle grande cifre,  sono pronti a vendere la loro stessa progenie se qualcuno gli promettesse  applausi nelle fogne della stupidità. E con quella morale di  servi  come non andare a collaborare  per finanziare colpi di stato, campagne di calunnie, dispetti,  insulti e quant’altro sia  necessario per appropriarsi di tutti i mercati possibili?

Questo è un modo di spiegare perché, prima o poi, dal vivo o a distanza, tutti finiscono a Miami, con le stesse aziende etichette, televisive, radio ed editoriali. Ciò  spiega il motivo per cui sono tutti arrampicati  sullo stesso tipo di spettacolo (ripetitivi  fino alla nausea) lo stesso tipo di musica, canzoni, titoli e marketing. Questo spiega perché tutti distribuiscono allo stesso modo, pensano allo stesso modo, vestono allo stesso modo e condividono la stessa, millimetrica mediocrità servile. Sono diventati una crosta tossica dell’industria culturale di masse colpita  da parassiti che urlano,  dalla propria uniformità commerciale, che ognuno di loro è originale, diversi e unici esseri toccati dalla mano di Dio. E prendono in giro i popoli in mille modi.

Non importa come si chiamino, come se travestano ne quale sotterfugi inventino … perfino il loro lato umano migliore è intossicato dalla morale d’imbonitori, tra cui la missione pubblicitaria di dare l’elemosina, far finta d’essere delle brave persone o accarezzare i bambini orfani. E evadere le tasse. A Miami radica lo spettacolo più denigrante,  che è antologia dell’ horror borghese, e che è diventata,  ogni giorno,  più cinica mentre si esibisce in nome dell’arte,  la cultura e l’ “intrattenimento”. Una vera aberrazione che nelle sue bordature delinquenziali,   riempie anche lunghe pagine,  delle pagine dei tabloid, per continuare a fatturare a destra e sinistra.

Come siamo arrivati ​​a questo horror di teatranti? Arriviamo portati via dalla degradazione del capitalismo che produce, senza sosta, i militanti servili dell’inganno, dell’illusione e del furto sempre più specializzati nel commercio con i gusti,  sentimenti, gioie e tristezze  della classe lavoratrice. Siamo arrivati qui non per rimanere con le braccia incrociate. E ciò comprende tutti coloro che, ancora ingenui, sono costretti a lasciarsi ricattare e manomettere nella schifezza del circo mediatico golpista. E’ tempo di dare,  approfondire,  la battaglia economica socialista, la battaglia politica per organizzarci e mobilitarci dalle basi e dalla Battaglia delle Idee.

MANA, Willie Colón… y La farándula de Miami

Por Fernando Buen Abad Domínguez/ Resumen Latinoamericano

 Lo que menos importa es cómo se llaman (o se hacen llamar) mientras cumplan su servil cometido de ser títeres de un proyecto en el que los egos más mediocres sirven para recaudar poder y dinero oligarca. Son un ejército de individualismos dañados severamente, por la ideología de la clase dominante, que los ha llevado al Everest de las más infames lujurias anti-democráticas y alienantes. Y se creen “talentosos”. Atengámonos, por ahora, a: farándula. (Del prov. farandoulo). 1. f. Profesión y ambiente de los actores. 2. f. Antigua compañía ambulante de teatro, especialmente de comedias. 3. f. despect. Arg., Cuba, El Salv., Ur. y Ven. Mundillo de la vida nocturna formado por figuras de los negocios, el deporte, la política y el espectáculo.

A diferencia de otras farándulas, la de Miami es tributaria de una tradición golpista cultivada a la sombra de los peores intereses comerciales y criminales, de las peores mafias que la historia yanqui ha hospedado y prohijado. Su Alma Mater monetaria sostiene maridajes ideológicos con la moral burguesa de la hipocresía, de la doble moral, de la traición, del el crimen organizado, de la prostitución y de todo lo que el capitalismo es capaz de infectar en su carrera demencial por acumular riquezas y humillar a la mayoría de los seres humanos. Y se exhiben sin pudor en los medios que la burguesía les presta.

No pocos de los muchachos y muchachas incubados en la farándula de Miami, aunque tengan actas de nacimiento variopintas, son colaboradores voluntaristas y aportan, con alegría de “raiting”, sus diezmos para financiar operaciones golpistas. Su fama y cualidades histriónicas no alcanzan para ocultar su mentalidad sumisa y reaccionaria. Son mercenarios que lo mismo cantan para el Papa que para la Casa Blanca, que protagonizan narco-novelas igual que pastorelas. A sabiendas son el mismo muladar todos -y cada uno- bajo el destino manifiesto de la fama y el glamour de pacotilla con que se celebran ellos mismos. Y tienen seguidores, compradores, adoradores y promotores.

La lógica del negocio tiene, siempre la tiene, una explicación muy clara: “La industria del entretenimiento más grande del mundo está, cómo no, en EEUU, y según cifras de PricewaterhouseCoopers, generará un beneficio de unos 726.000 millones de dólares este año”.2 Y cuanto más se acerquen a esa cifra los “famosos” de Miami, más poder acumulan para ponerlo a los pies del imperio que les provee casa, nacionalidad e identidad en el reino de los mercachifles. Para acercarse, lo más que puedan a las cifras mayores, son capaces de vender a su mismísima progenie si alguien les prometiera aplausos en las cloacas de la estulticia. ¿Y con esa moral de siervos cómo no van a colaborar para financiar golpes de estado, campañas de calumnias, burlas, ofensas y todo lo que sea necesario para adueñarse de todos los mercados posibles?

Esta es una forma de explicar por qué, tarde o temprano, en vivo o a distancia, todos van a parar a Miami, con las mismas empresas disqueras, televisivas, radiofónicas y editoriales. Eso explica por qué todos están montados en el mismo tipo de espectáculos (repetitivos hasta la náusea) el mismo tipo de música, canciones, temas y mercadotecnia. Eso explica por qué todos distribuyen igual, piensan igual, se visten igual y comparten la misma, milimétrica mediocridad servil. Se han convertido en una costra tóxica de la industria cultural de masas plagada por parásitos que gritan, desde su uniformidad mercantil, que son cada uno originales, distintos y únicos seres tocados por la mano de dios. Y chantajean a los pueblos de mil maneras.

No importa cómo se llamen, cómo se disfracen ni qué argucias inventen… hasta su mejor faceta humana esta intoxicada por la moral de mercachifles, incluida la misión publicitaria de dar limosnas, hacerse pasar por buenas personas o acariciar a los niños huérfanos. Y evadir impuestos. En Miami tiene asiento la farándula más denigrante que es antología del horror burgués y que se ha vuelto, cada día, más cínica mientras se exhibe en nombre del arte, la cultura y el “entretenimiento”. Una verdadera aberración que en sus ribetes delincuenciales, también llena páginas largas, de las páginas más amarillistas, para seguir facturando a diestra y siniestra.

¿Cómo llegamos a este horror farandulero? Llegamos arrastrados por la degradación del capitalismo que fabrica, sin descanso, militantes serviles del engaño, del espejismo y del hurto cada vez más especializados en comerciar con los gustos, los sentimientos, las alegrías y las tristezas de la clase trabajadora. Llegamos hasta aquí no para quedarnos con los brazos cruzados. Y eso incluye a todos los pocos que, aun ingenuos, son forzados a dejarse extorsionar y manosear en la meca del circo mediático golpista. Es hora de dar, profundizara, la batalla económica socialista, la batalla política para organizarnos y movilizarnos desde las bases y la Batalla de las Ideas.

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