La visita a Cuba del presidente Barack Obama

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Il Presidente USA, Barack Obama, realizzerà una visita ufficiale a Cuba dal 20 al 22 marzo prossimo.

Sarà la seconda volta che un presidente USA arriva nel nostro arcipelago. In precedenza solo lo fece Calvin Coolidge, che sbarcò all’Avana nel gennaio 1928. Arrivò a bordo di una nave da guerra per assistere alla VI Conferenza Pan Americana, che si effettuava in quei giorni sotto gli auspici di un personaggio locale d’infausta memoria, Gerardo Machado. Questa sarà la prima volta che un Presidente USA viene in una Cuba padrona della sua sovranità e con una Rivoluzione al potere, guidata dal suo leader storico.

Questo fatto si inserisce nel processo iniziato il 17 dicembre 2014, quando il presidente dei Consigli di Stato e dei Ministri di Cuba, Generale dell’Esercito Raúl Castro Ruz ed il presidente Barack Obama, annunciarono, simultaneamente, la decisione di ripristinare le relazioni diplomatiche, rotte dagli USA quasi 54 anni fa. Fa parte del complesso processo verso la normalizzazione dei rapporti bilaterali, che è solo all’inizio e che è avanzato sull’unico terreno possibile e giusto: il rispetto, l’uguaglianza, la reciprocità de il riconoscimento della legittimità del nostro governo.

Si è giunti a questo momento come risultato dell’eroica resistenza del popolo cubano e della sua lealtà ai principi, la difesa dell’indipendenza e della sovranità nazionale, in primissimo luogo. Tali valori, non negoziati su in più di 50 anni, hanno portato l’attuale governo USA ad ammettere i gravi danni che il blocco ha causato alla nostra popolazione e il riconoscimento del fallimento della politica di aperta ostilità verso la Rivoluzione. Né la forza né la coercizione economica, né l’isolamento ottennero imporre a Cuba una condizione contraria alle sue aspirazioni forgiate, in quasi un secolo e mezzo, di lotte eroiche.

Il processo in corso con gli USA è stato anche possibile grazie alla incrollabile solidarietà internazionale, in particolare, dei governi e popoli dell’America Latina e dei Caraibi, che collocarono gli USA in una situazione di insostenibile isolamento. “Come l’argento nelle radici delle Ande” -come espresse il nostro Eroe Nazionale José Martí nel suo saggio “Nuestra America”​​- America Latina e Caraibi, fortemente uniti, reclamarono il cambiamento della politica verso Cuba. Questa domanda regionale si evidenziò, in modo inequivocabile, nei Vertici delle Americhe di Puerto España, Trinidad e Tobago, nel 2009, e di Cartagena, Colombia, nel 2012, quando tutti i paesi della regione esigettero all’unanimità e categoricamente la revoca del blocco e la partecipazione del nostro paese alla VII riunione emisferica a Panama nel 2015, a cui, per la prima volta, assistette una delegazione cubana, guidata da Raul.

Dagli annunci di dicembre 2014, Cuba e USA, hanno compiuto passi verso il miglioramento del contesto bilaterale.

Il 20 luglio 2015, sono stati ufficialmente ripristinati i rapporti diplomatici con l’impegno a svilupparli sulla base del rispetto, cooperazione e osservanza dei principi del Diritto Internazionale.

Hanno avuto luogo due incontri tra i Presidenti dei due paesi, nonché scambio di visite di ministri e altri contatti di funzionari di alto livello. La cooperazione in diversi settori di reciproco beneficio avanza e si aprono spazi di discussione, che consentono un dialogo su temi di interesse bilaterale e multilaterale, compresi quelli in cui abbiamo diverse concezioni.

Il presidente USA sarà ilo benvenuto dal Governo di Cuba e dal suo popolo con l’ospitalità che lo contraddistingue e sarà trattato con tutta la considerazione e rispetto, come Capo di Stato.

Questa sarà l’opportunità perché il Presidente USA apprezzi direttamente una nazione impegnata nel suo sviluppo economico e sociale, e nel miglioramento del benessere dei suoi cittadini. Questo popolo gode di diritti e può esibire realizzazioni che costituiscono una chimera per molti paesi del mondo, nonostante i limiti derivanti dalla sua condizione di paese bloccato e sottosviluppato, che gli ha valso il riconoscimento ed il rispetto internazionale.

Personalità di livello mondiale come il Papa Francesco ed il Patriarca Kirill hanno descritto questa isola, nella loro dichiarazione congiunta emessa a L’Avana in febbraio, come “un simbolo di speranza del Nuovo Mondo”. Il presidente francese, Francois Hollande, ha recentemente dichiarato che “Cuba è rispettata e ascoltata in tutta l’America Latina” ed ha elogiato la sua capacità di resistenza alle prove più difficili. Il leader sudafricano Nelson Mandela ebbe, sempre, per Cuba parole di profonda gratitudine: “Noi in Africa -disse a Matanzas, il 26 luglio 1991- siamo abituati ad essere vittime di altri paesi che vogliono lacerare il nostro territorio o sovvertire la nostra sovranità. Nella storia dell’Africa non esiste altro caso di un popolo (come quello cubano) che si sia sollevato in difesa di uno di noi”.

Obama s’incontrerà con un paese che contribuisce attivamente alla pace e alla stabilità regionale e mondiale, e che condivide con altri popoli non ciò che gli avanza, ma le modeste risorse su cui conta, facendo della solidarietà un elemento essenziale della sua ragione di essere e del benessere dell’umanità, come ci lasciò Martí, uno degli obiettivi fondamentali della sua politica internazionale.

Inoltre avrà la possibilità di conoscere un popolo nobile, amicale e dignitoso con un alto senso del patriottismo e dell’unità nazionale, che sempre ha lottato per un futuro migliore nonostante le avversità che ha dovuto affrontare. Il presidente USA sarà accolto da un popolo rivoluzionario con una profonda cultura politica, che è il risultato di una lunga tradizione di lotta per la sua vera e definitiva indipendenza, prima contro il colonialismo spagnolo e poi contro il dominio imperialista USA; una lotta in cui i suoi figli migliori hanno versato il loro sangue e assunto tutti i rischi. Un popolo che mai vacillerà nella difesa dei suoi principi e della vasta opera della sua Rivoluzione, che continua senza esitazione l’esempio di Carlos Manuel de Céspedes, José Martí, Antonio Maceo, Julio Antonio Mella, Ruben Martinez Villena, Antonio Guiteras ed Ernesto Che Guevara, tra molti altri.

Questa è anche un popolo a cui lo uniscono legami storici, culturali ed emotivi con quello USA, la cui figura paradigmatica, lo scrittore Ernest Hemingway, ricevette il Nobel della Letteratura per un romanzo ambientato a Cuba. Un popolo che mostra gratitudine verso quei figli degli USA che, come Thomas Jordan [1] , Henry Reeve, Winchester Osgood [2] e Frederick Funston [3], combatterono con l’Esercito Libertador nelle nostre guerre per l’indipendenza dalla Spagna; e quelli, che più recentemente, si sono opposti all’aggressione contro Cuba, hanno sfidato il blocco, come il Reverendo Lucius Walker, per portare il loro aiuto solidario al nostro popolo, e sostenuto il ritorno in Patria del ragazzo Elián González e dei nostri Cinque Eroi. Da Marti abbiamo imparato ad ammirare la patria di Lincoln e a ripudiare Cutting [4].

Vale la pena ricordare le parole del leader storico della Rivoluzione cubana, Comandante in Capo Fidel Castro Ruz, l’11 settembre 2001, quando affermò: “Oggi è un giorno di tragedia per gli USA. Voi sapete bene che qui giammai si è seminato odio contro il popolo nordamericano. Forse, proprio per la sua cultura e per la sua mancanza di complessi, sentendosi completamente libero, con patria e senza padrone, Cuba è il paese dove si tratta con più rispetto i cittadini nordamericani. Non abbiamo mai predicato alcun genere di odio nazionale, o qualcosa di simile al fanatismo, perciò siamo così forti, perché basiamo la nostra condotta su principi ed idee, e trattiamo con grande rispetto -e loro si accorgono di ciò-ciascun cittadino nordamericano che visita il nostro paese”.

Questo è il poplo che riceverà il presidente Barack Obama, orgoglioso della sua storia, delle sue radici, della sua cultura nazionale e fiducioso che un futuro migliore è possibile. Una nazione che assume con serenità e determinazione l’attuale fase nelle relazioni con gli USA, che riconosce le opportunità e anche i problemi irrisolti tra i due paesi.

La visita del Presidente USA sarà un passo importante nel processo verso la normalizzazione delle relazioni bilaterali. Dobbiamo ricordare che Obama, come fece prima James Carter, si è proposto, dall’esercizio delle sue facoltà presidenziali, lavorare per normalizzare i vincoli con Cuba e, pertanto, ha realizzato azioni concrete in questa direzione.

Tuttavia, per raggiungere la normalizzazione rimane un lungo e complesso cammino da percorrere, che richiederà la soluzione di problemi chiave che si sono accumulati nel corso di cinque decenni e che approfondirono il carattere conflittuale dei legami tra i due paesi. Tali problemi non saranno risolti dalla notte alla mattina né con una visita presidenziale.

Per normalizzare le relazioni con gli USA sarà cruciale che si tolga il blocco economico, commerciale e finanziario, che provoca privazioni al popolo cubano ed è il principale ostacolo allo sviluppo dell’economia del nostro paese.

Deve riconoscersi la ripetuta posizione del presidente Barack Obama che il blocco deve essere eliminato de i suoi appelli al Congresso perché lo elimini. Questo è anche un reclamo, maggioritario e crescente, dell’opinione pubblica USA, e quasi unanime della comunità internazionale, che per 24 volte consecutive ha approvato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite la risoluzione cubana “Necessità di porre fine al blocco economico, commerciale e finanziario imposto dagli USA contro Cuba”.

Il presidente USA ha adottato misure per modificare l’applicazione di alcuni aspetti del blocco, che sono positivi. Alti funzionari della sua amministrazione hanno detto che sono in studio altri. Tuttavia, non è stato possibile realizzare una buona parte delle misure per la loro portata limitata, per la persistenza di altri regolamenti e per gli effetti intimidatori del blocco nel suo complesso, che è stato duramente applicato per oltre cinquanta anni.

Risulta paradossale che, da un lato, il governo prenda misure e che, dall’altro, incrementi le sanzioni contro Cuba, che colpiscono la vita quotidiana della nostra gente.

La realtà continua a dimostrare che il blocco si mantiene e si applica con rigore e con una marcata portata extraterritoriale, che ha un effetto deterrente per le imprese e le banche USA e di altri paesi. Esempi di questo sono le multe multimilionarie che si continuano ad infliggere alle imprese de istituzioni bancarie USA e di altre nazionalità per relazionarsi con Cuba; il rifiuto di servizi e la chiusura di operazioni finanziarie di banche internazionali col nostro paese; ed il congelamento dei legittimi trasferimenti di fondi da e verso Cuba, anche in valute diverse dal dollaro USA.

Il popolo di Cuba si augura che la visita del presidente USA consolidi la sua volontà ad impegnarsi attivamente in un dibattito, approfondito, con il Congresso per l’eliminazione del blocco e che, nel frattempo, continui facendo uso delle sue prerogative esecutive per modificare, quanto sia possibile, la sua applicazione, senza necessità di un’azione legislativa.

Altre questioni che sono lesive della sovranità cubana dovranno anche essere risolte al fine di raggiungere le normali relazioni tra i due paesi. Il territorio occupato dalla Base Navale USA a Guantanamo, contro la volontà del nostro governo e popolo, deve essere restituita a Cuba, compiendo il desiderio unanime dei cubani da più di cento anni. Devono essere eliminati i programmi d’ingerenza finalizzati a provocare situazioni di destabilizzazione e cambiamenti nell’ordine politico, economico e sociale del nostro paese. La politica del “cambio di regime” deve essere definitivamente sepolta.

Inoltre si deve abbandonare la pretesa di fabbricare un’ opposizione politica interna, pagata con denaro dei contribuenti USA. Si dovrà porre fine alle aggressioni radiotelevisive contro Cuba in chiara violazione del Diritto Internazionale e all’uso illegittimo delle telecomunicazioni con obiettivi politici, riconoscendo che il fine non è esercitare una determinata influenza sulla società cubana, ma porre le tecnologie in funzione dello sviluppo e conoscenza.

Il trattamento migratorio preferenziale che ricevono i nostri cittadini, in virtù della Legge di Aggiustamento Cubano e della politica dei piedi asciutti-piedi bagnati, causa perdite di vite umane ed incoraggia l’emigrazione illegale e la tratta di persone oltre a generare problemi in paesi terzi. Questa situazione deve essere modificata, come si dovrà cancellare il programma “parole” per i professionisti medici cubani, che priva il paese di risorse umane vitali per soddisfare la salute del nostro polo e colpisce i beneficiari della cooperazione di Cuba con nazioni che la necessitano. Inoltre, deve cambiarsi la politica che pone come condizione agli atleti cubani rompere con il loro paese per giocare nei campionati USA.

Queste politiche del passato sono incongruenti con la nuova fase che il governo USA ha iniziato con il nostro paese. Tutte sono anteriori al presidente Obama, ma lui potrebbe modificare alcune di loro con decisione esecutiva ed altre eliminarle del tutto.

Cuba si è coinvolta nella costruzione di una nuova relazione con gli USA nel pieno esercizio della sua sovranità ed impegnata con i suoi ideali di giustizia sociale e di solidarietà. Nessuno può pretendere che per questo, dobbiamo rinunciare a uno solo dei suoi principi, cedere un apice nella sua difesa, né abbandonare quello proclamato nella Costituzione: “Le relazioni economiche, diplomatiche con ogni altro Stato non potrà mai essere negoziate sotto aggressione, minaccia o coercizione di una potenza straniera”.

No si può nutrire il minimo dubbio circa la stretta aderenza di Cuba ai suoi ideali rivoluzionari e anti-imperialisti, e la sua politica estera impegnata con le cause giuste del mondo, la difesa dell’autodeterminazione dei popoli ed il tradizionale sostegno ai nostri paesi fratelli.

Come ha espresso l’ultima Dichiarazione del Governo Rivoluzionario, è e sarà incrollabile la nostra solidarietà con la Repubblica Bolivariana del Venezuela, il governo guidato dal presidente Nicolas Maduro ed il poplo bolivariano e chavista che lottano per seguire la propria strada e affronta sistematici tentativi di destabilizzazione e unilaterali sanzioni stabilite dall’ Ordine Esecutivo infondato ed ingiusto del marzo 2015 che è stato condannato dall’America Latina e dai Caraibi. La notifica emessa il 3 marzo scorso, estendendo la cosiddetta “Emergenza Nazionale” e le sanzioni è un’intromisione, diretta ed inaccettabile, negli affari interni del Venezuela e nella sua sovranità. Quell’Ordine deve essere abolito e questa sarà una richiesta, permanente e ferma, di Cuba.

Come segnalato dal Generale d’Esercito Raúl Castro, “non rinuncerem ai nostri ideali di indipendenza e di giustizia sociale, né vacilleremo in uno solo dei nostri principi, né cederemo un millimetro nella difesa della sovranità nazionale. Non ci lasceremo far pressione nei nostri affari interni. Abbiamo guadagnato questo diritto sovrano con grandi sacrifici ed al prezzo dei più grandi rischi”.

Siamo arrivati sin ​​qui, ribadiamo ancora una volta, per la difesa delle nostre convinzioni e perché ci assiste la ragione e la giustizia.

Cuba conferma la sua volontà di progredire nelle relazioni con gli USA, sulla base dell’osservanza dei principi e propositi della Carta delle Nazioni Unite e dei principi del Proclama dell’America Latina e dei Caraibi come Zona di Pace, firmato dai Capi di Stato e di Governo della regione, che includono l’aasoluto rispetto della sua indipendenza e sovranità, il diritto inalienabile di ogni Stato di scegliere il sistema politico, economico, sociale e culturale, senza ingerenze di qualsiasi forma; uguaglianza e reciprocità.

Cuba ribadisce, a sua volta, la piena disposizione a mantenere un dialogo rispettoso con il governo USA e a sviluppare relazioni di civile convivenza. Convivere non significa dover rinunciare alle idee in cui crediamo e che ci hanno portato sin qui, al nostro socialismo, alla nostra storia, alla nostra cultura.

Le profonde differenze di concezioni tra Cuba e gli USA sui modelli politici, la democrazia, l’esercizio dei diritti umani, la giustizia sociale, le relazioni internazionali, la pace e la stabilità mondiale, tra altri, persisteranno.

Cuba difende l’indivisibilità, l’interdipendenza e l’universalità dei diritti umani civili, politici, economici, sociali e culturali. Siamo convinti che sia obbligazione dei governi difendere e garantire il diritto alla salute, all’istruzione, alla sicurezza sociale, allaa parità di retribuzione a parità di lavoro, il diritto dei bambini così come il diritto all’alimentazione e allo sviluppo. Rifiutiamo la manipolazione politica e il doppio standard in materia di diritti umani, che devono cessare. Cuba, che ha aderito a 44 strumenti internazionali in questo campo, mentre gli USA en hanno solo sottoscritto 18, ha molto da dire, da difendere e da mostrare.

Di ciò che si tratti nei nostri legami con gli USA, è che entrambi i paesi rispettino le loro differenze e creino un rapporto basato sul beneficio di entrambi i popoli.

Indipendentemente dai progressi che si possano raggiungere nei legami con gli USA, il popolo cubano andrà avanti. Con i nostri stessi sforzi e comprovata capacità e creatività, continueremo a lavorare per lo sviluppo del paese ed il benessere dei cubani. Non cederemo nella domanda per la revoca del blocco che tanto danno ci ha fatto e ci fa. Persisteremo a portare avanti il ​​processo di aggiornamento del modello economico e sociale che abbiamo scelto, e di costruzione di un socialismo prospero e sostenibile per consolidare le conquiste della Rivoluzione.

Un cammino sovranamente scelto e che sarà sicuramente ratificato nel VII Congresso del Partito Comunista, con Fidel e Raul nella vittoria.

Questa è la Cuba che darà rispettoso benvenuto al Presidente Obama.

[1] Maggiore Generale, Capo di Stato Maggiore dell’Esercito Libertador (1869).

[2] Comandante. Cadde in combattimento nel sito Guáimaro, il 28 ottobre 1896.

[3] Colonnello d’artiglieria, agli ordini di Calixto Garcia.

[4] Personaggio che, nel 1886, attizzò l’odio e l’aggressione contro il Messico.

La visita a Cuba del presidente Barack Obama

El presidente de los Estados Unidos de América, Barack Obama, realizará una visita oficial a Cuba entre el 20 y el 22 de marzo próximos.

Será la segunda ocasión que un mandatario estadounidense llega a nuestro archipiélago. Antes solo lo hizo Calvin Coolidge, quien desembarcó en La Ha­bana en enero de 1928. Arribó a bordo de un buque de guerra para asistir a la VI Conferencia Panamericana, que se efectuaba por aquellos días bajo los auspicios de un personaje local de infausta memoria, Gerardo Machado. Esta será la primera vez que un Presidente de los Estados Unidos viene a una Cuba dueña de su soberanía y con una Revolución en el poder, encabezada por su liderazgo histórico.

Este hecho se inserta en el proceso iniciado el 17 de diciembre de 2014, cuando el presidente de los Consejos de Estado y de Mi­nis­tros de Cuba, General de Ejército Raúl Cas­tro Ruz y el presidente Barack Obama, anunciaron simultáneamente la decisión de restablecer las relaciones di­plomáticas, rotas por los Estados Unidos casi 54 años antes. Forma parte del complejo proceso hacia la normalización de los vínculos bilaterales, que apenas se inicia y que ha avanzado sobre el único terreno posible y justo: el respeto, la igualdad, la reciprocidad y el reconocimiento de la legitimidad de nuestro gobierno.

Se ha llegado a este momento como resultado de la heroica resistencia del pueblo cubano y su lealtad a los principios, la defensa de la independencia y la soberanía nacionales, en primerísimo lugar. Tales valores, no negociados en más de 50 años, condujeron al actual gobierno de los Estados Unidos a admitir los daños severos que el bloqueo ha causado a nuestra población y al reconocimiento del fracaso de la política de abierta hostilidad hacia la Revolución. Ni la fuerza, ni la coerción económica, ni el aislamiento lograron imponer a Cuba una condición contraria a sus aspiraciones forjadas en casi siglo y medio de heroicas luchas.

El actual proceso con los Estados Unidos ha sido posible también gracias a la inquebrantable solidaridad internacional, en particular, de los gobiernos y pueblos latinoamericanos y caribeños, que colocaron a los Es­ta­dos Unidos en una situación de aislamiento in­sos­tenible. “Como la plata en las raíces de Los Andes” —tal como expresara nuestro Hé­roe Nacional José Martí en su ensayo “Nues­tra América”—, América Latina y el Caribe, fuertemente unidos, reclamaron el cambio de la política hacia Cuba. Esta demanda regional se patentizó de manera inequívoca en las Cum­bres de las Américas de Puerto España, Trinidad y Tobago, en 2009, y de Car­tagena, Co­lombia, en 2012, cuando to­dos los países de la región exigieron unánime y categóricamente el levantamiento del bloqueo y la participación de nuestro país en la VII cita hemisférica de Panamá, en 2015, a la que por primera vez asistió una delegación cubana, encabezada por Raúl.

Desde los anuncios de diciembre de 2014, Cuba y los Estados Unidos han da­do pasos hacia la mejoría del contexto bilateral.

El 20 de julio de 2015, quedaron oficialmente restablecidas las relaciones diplomáticas, con el compromiso de desarrollarlas sobre la base del respeto, la cooperación y la observancia de los principios del Derecho Internacional.

Han tenido lugar dos encuentros entre los Presidentes de ambos países, además de intercambios de visitas de ministros y otros contactos de funcionarios de alto nivel. La cooperación en disímiles áreas de beneficio mutuo avanza y se abren espacios de discusión, que permiten un diálogo sobre temas de interés bilateral y multilateral, incluyendo aquellos en los que tenemos diferentes concepciones.

El mandatario estadounidense será bienvenido por el Gobierno de Cuba y su pueblo con la hospitalidad que los distingue y será tratado con toda consideración y respeto, como Jefe de Estado.

Esta será una oportunidad para que el Presidente de los Estados Unidos aprecie directamente una nación enfrascada en su desarrollo económico y social, y en el mejoramiento del bienestar de sus ciudadanos. Este pueblo disfruta derechos y puede exhibir logros que constituyen una quimera para muchos países del mundo, a pesar de las limitaciones que se derivan de su condición de país bloqueado y subdesarrollado, lo cual le ha merecido el reconocimiento y el respeto internacionales.

Personalidades de talla mundial como el Papa Francisco y el Patriarca Kirill describieron a esta isla, en su declaración conjunta emitida en La Habana en febrero, como “un símbolo de esperanza del Nuevo Mundo”. El presidente francés, François Hollande afirmó recientemente que “Cuba es respetada y escuchada en toda América Latina” y elogió su capacidad de resistencia ante las más difíciles pruebas. El líder sudafricano Nelson Man­dela tuvo siempre para Cuba palabras de profundo agradecimiento: “Noso­tros en África —dijo en Matanzas, el 26 de julio de 1991— estamos acostumbrados a ser víctimas de otros países que quieren desgajar nuestro territorio o subvertir nues­tra soberanía. En la historia de África no existe otro caso de un pueblo (como el cubano) que se haya alzado en defensa de uno de nosotros”.

Obama se encontrará con un país que contribuye activamente a la paz y la estabilidad regional y mundial, y que comparte con otros pueblos no lo que le sobra, sino los modestos recursos con que cuenta, haciendo de la solidaridad un elemento esencial de su razón de ser y del bienestar de la humanidad, como nos legara Martí, uno de los objetivos fundamentales de su política internacional.

También tendrá la ocasión de conocer a un pueblo noble, amistoso y digno, con un alto sentido del patriotismo y la unidad nacional, que siempre ha luchado por un futuro mejor a pesar de las adversidades que ha tenido que enfrentar. El presidente de los Estados Unidos será recibido por un pueblo revolucionario, con una profunda cultura política, que es resultado de una larga tradición de lucha por su verdadera y definitiva independencia, primero contra el colonialismo español y después contra la dominación imperialista de los Estados Unidos; una lucha en la que sus mejores hijos han derramado su sangre y han asumido todos los riesgos. Un pueblo que nunca claudicará en la defensa de sus principios y de la vasta obra de su Re­volución, que sigue sin vacilación el ejemplo de Carlos Manuel de Céspedes, José Martí, Antonio Maceo, Julio Antonio Me­lla, Rubén Martínez Villena, An­tonio Guiteras y Ernesto Che Guevara, entre muchos otros.

Este también es un pueblo al que lo unen lazos históricos, culturales y afectivos con el estadounidense, cuya figura paradigmática, el escritor Ernest He­ming­way, recibió el Nobel de Literatura por una novela ambientada en Cuba. Un pueblo que muestra gratitud hacia aquellos hijos de los Estados Uni­dos que, como Thomas Jordan[1], Hen­ry Ree­ve, Win­chester Osgood[2] y Fre­derick Funs­ton[3], combatieron junto al Ejército Libertador en nuestras guerras por la independencia de España; y a los que en época más reciente se opusieron a las agresiones contra Cuba, desafiaron el bloqueo, como el Reverendo Lucius Walker, para traer su ayuda solidaria a nuestro pueblo, y apoyaron el regreso a la Patria del niño Elián González y de nuestros Cinco Héroes. De Martí aprendimos a admirar a la patria de Lincoln y a repudiar a Cutting[4].

Vale recordar las palabras del Líder histórico de la Revolución Cubana, el Co­mandante en Jefe Fidel Castro Ruz, el 11 de septiembre de 2001, cuando afirmó: “Hoy es un día de tragedia para Estados Unidos. Ustedes saben bien que aquí jamás se ha sembrado odio contra el pueblo norteamericano. Quizás, precisamente por su cultura y por su falta de complejos, al sentirse plenamente libre, con patria y sin amo, Cuba sea el país donde se trate con más respeto a los ciudadanos norteamericanos. Nunca hemos predicado ningún género de odios nacionales, ni cosas parecidas al fanatismo, por eso somos tan fuertes, porque basamos nuestra conducta en principios y en ideas, y tratamos con gran respeto —y ellos se percatan de eso— a cada ciudadano norteamericano que visita a nuestro país”.

Este es el pueblo que recibirá al presidente Barack Obama, orgulloso de su historia, sus raíces, su cultura nacional y confiado en que un futuro mejor es posible. Una nación que asume con serenidad y determinación la eta­pa actual en las relaciones con los Estados Uni­dos, que reconoce las oportunidades y tam­bién los problemas no resueltos entre am­bos países.

La visita del Presidente de los Estados Uni­dos será un paso importante en el proceso hacia la normalización de las relaciones bilaterales. Hay que recordar que Obama, como lo hizo antes James Carter, se ha propuesto, desde el ejercicio de sus facultades presidenciales, trabajar para normalizar los vínculos con Cuba y, en consecuencia, ha realizado acciones concretas en esta dirección.

Sin embargo, para llegar a la normalización queda un largo y complejo camino por recorrer, que requerirá de la solución de asuntos claves que se han acumulado por más de cinco décadas y que profundizaron el carácter confrontacional de los vínculos entre los dos países. Tales problemas no se resolverán de la noche a la ma­ñana, ni con una visita presidencial.

Para normalizar las relaciones con los Estados Unidos será determinante que se levante el bloqueo económico, comercial y financiero, que provoca privaciones al pueblo cubano y es el principal obstáculo para el desarrollo de la economía de nuestro país.

Debe reconocerse la posición reiterada del presidente Barack Obama de que el bloqueo tiene que ser eliminado y sus llamados al Congreso para que lo levante. Este es también un reclamo mayoritario y creciente de la opinión pública estadounidense, y casi unánime de la comunidad internacional, que en 24 ocasiones consecutivas ha aprobado en la Asam­blea General de las Naciones Unidas la resolución cubana “Necesidad de poner fin al bloqueo económico, comercial y financiero im­puesto por los Estados Unidos de América con­tra Cuba”.

El mandatario estadounidense ha adop­tado medidas para modificar la aplicación de algunos aspectos del bloqueo, que son positivas. Altos funcionarios de su gobierno han dicho que están en estudio otras. Sin embargo, no ha sido posible implementar una bue­na parte de las medidas, por su alcance limitado, por la persistencia de otras regulaciones y por los efectos intimidatorios del bloqueo en su conjunto, que ha sido aplicado duramente por más de cincuenta años.

Resulta paradójico que, por una parte, el gobierno tome medidas y que, por otra, arrecie las sanciones contra Cuba, que afectan la vida cotidiana de nuestro pueblo.

La realidad sigue mostrando que el bloqueo se mantiene y se aplica con rigor y con un marcado alcance extraterritorial, lo cual tiene efectos disuasivos para las empresas y los bancos de los Estados Unidos y de otros países. Ejemplo de ello son las multas multimillonarias que se continúan imponiendo a compañías y entidades bancarias estadounidenses y de otras nacionalidades por relacionarse con Cuba; la denegación de servicios y el cierre de operaciones financieras de bancos internacionales con nuestro país; y la congelación de transferencias legítimas de fondos hacia y desde Cuba, incluso en monedas distintas al dólar estadounidense.

El pueblo de Cuba espera que la visita del mandatario estadounidense consolide su vo­luntad de involucrarse activamente en un de­bate a fondo con el Congreso para el levantamiento del bloqueo y que entretanto, continúe haciendo uso de sus prerrogativas ejecutivas para modificar tanto como sea posible su aplicación, sin necesidad de una acción legislativa.

Otros asuntos que son lesivos a la soberanía cubana también tendrán que ser resueltos para poder alcanzar relaciones normales en­tre los dos países. El territorio ocupado por la Base Naval de los Estados Unidos en Guan­tá­namo, en contra de la voluntad de nuestro go­bierno y pueblo, tiene que ser devuelto a Cu­ba, cumpliendo el deseo unánime de los cu­ba­nos desde hace más de cien años. De­ben ser eliminados los programas injerencistas di­rigidos a provocar situaciones de desestabilización y cambios en el or­den político, económico y social de nues­tro país. La política de “cambio de ré­gimen” tiene que ser definitivamente sepultada.

Asimismo, debe abandonarse la pretensión de fabricar una oposición política interna, sufragada con dinero de los contribuyentes estadounidenses. Tendrá que ponérsele término a las agresiones radiales y televisivas contra Cuba en franca violación del Derecho Internacional y al uso ilegítimo de las telecomunicaciones con objetivos políticos, reconociendo que el fin no es ejercer una determinada influencia sobre la sociedad cubana, sino poner las tecnologías en función del desarrollo y el conocimiento.

El trato migratorio preferencial que reciben nuestros ciudadanos, en virtud de la Ley de Ajuste Cubano y de la política de pies secos-pies mojados, causa pérdidas de vidas humanas y alienta la emigración ilegal y el tráfico de personas, además de generar problemas a terceros países. Esta situación debe ser modificada, como habría que cancelar el programa de “parole” para profesionales médicos cubanos, que priva al país de recursos humanos vitales para atender la salud de nuestro pueblo y afecta a los beneficiarios de la cooperación de Cuba con naciones que la necesitan. Asi­mismo, debe cambiarse la política que pone como condición a los atletas cubanos romper con su país para poder jugar en las Ligas de los Estados Unidos.

Estas políticas del pasado son incongruentes con la nueva etapa que el gobierno de los Estados Unidos ha iniciado con nuestro país. Todas son anteriores al presidente Obama, pero él podría modificar algunas de ellas por decisión ejecutiva y otras eliminarlas totalmente.

Cuba se ha involucrado en la construcción de una nueva relación con los Estados Unidos en pleno ejercicio de su soberanía y comprometida con sus ideales de justicia social y solidaridad. Nadie puede pretender que para ello, tengamos que renunciar a uno solo de sus principios, ceder un ápice en su defensa, ni abandonar lo proclamado en la Cons­titución: “Las relaciones económicas, di­plomáticas con cualquier otro Estado no podrán jamás ser negociadas bajo agresión, amenaza o coerción de una potencia extranjera”.

No se puede albergar tampoco la me­nor du­da respecto al apego irrestricto de Cuba a sus ideales revolucionarios y an­timperialistas, y a su política exterior com­prometida con las causas justas del mundo, la defensa de la autodeterminación de los pueblos y el tradicional apoyo a nuestros países hermanos.

Como expresó la última Declaración del Gobierno Revolucionario, es y será inamovible nuestra solidaridad con la República Bo­livariana de Venezuela, el gobierno encabezado por el presidente Nicolás Maduro y el pueblo bolivariano y chavista, que lucha por seguir su propio camino y enfrenta sistemáticos intentos de desestabilización y sanciones unilaterales establecidas por la Orden Eje­cu­tiva infundada e injusta de marzo de 2015 que fue condenada por América Latina y el Caribe. La notificación emitida el pasado 3 de marzo prorrogando la llamada “Emer­gencia Na­cio­nal” y las sanciones, es una intromisión directa e inaceptable en los asuntos internos de Venezuela y en su soberanía. Aquella Orden debe ser abolida y esto será un reclamo permanente y firme de Cuba.

Como señalara el General de Ejército Raúl Castro, “no renunciaremos a nuestros ideales de independencia y justicia social, ni claudicaremos en uno solo de nuestros principios, ni cederemos un milímetro en la defensa de la soberanía nacional. No nos dejaremos presionar en nuestros asuntos internos. Nos hemos ganado este derecho soberano con grandes sacrificios y al precio de los mayores riesgos”.

Llegamos hasta aquí, reiteramos una vez más, por la defensa de nuestras convicciones y porque nos asiste la razón y la justicia.

Cuba ratifica su voluntad de avanzar en las relaciones con los Estados Unidos, sobre la base de la observancia de los principios y propósitos de la Carta de las Naciones Unidas y de los principios de la Proclama de América Latina y el Caribe como Zona de Paz, firmada por los Jefes de Estado y Gobierno de la región, que incluyen el respeto absoluto a su independencia y soberanía, el derecho inalienable de todo Estado a elegir el sistema político, económico, social y cultural sin injerencias de ninguna forma; la igualdad y la reciprocidad.

Cuba reitera a su vez, plena disposición a mantener un diálogo respetuoso con el Go­bierno de los Estados Unidos y a desarrollar relaciones de convivencia civilizada. Convivir no significa tener que renunciar a las ideas en las cuales creemos y que nos han traído hasta aquí, a nuestro socialismo, a nuestra historia, a nuestra cultura.

Las profundas diferencias de concepciones entre Cuba y los Estados Unidos sobre los modelos políticos, la democracia, el ejercicio de los derechos humanos, la justicia social, las relaciones internacionales, la paz y la estabilidad mundial, entre otros, persistirán.

Cuba defiende la indivisibilidad, interdependencia y universalidad de los derechos hu­manos civiles, políticos, económicos, so­ciales y culturales. Estamos convencidos que es obligación de los gobiernos defender y ga­rantizar el derecho a la salud, la educación, la seguridad social, el salario igual por trabajo igual, el derecho de los niños, así como el derecho a la alimentación y al desarrollo. Re­cha­za­mos la manipulación política y el doble rasero sobre los derechos humanos, que deben ce­sar. Cuba, que se ha adherido a 44 instrumentos internacionales en esta materia, mientras que los Estados Unidos solo han suscrito 18, tiene mucho que opinar, que defender y que mostrar.

De lo que se trata en nuestros vínculos con los Estados Unidos, es que ambos países respeten sus diferencias y creen una relación ba­sada en el beneficio de ambos pueblos.

Independientemente de los avances que se puedan alcanzar en los vínculos con los Es­tados Unidos, el pueblo cubano seguirá adelante. Con nuestros propios esfuerzos y probada capacidad y creatividad, continuaremos trabajando por el de­sarrollo del país y el bienestar de los cubanos. No cejaremos en la de­manda por el levantamiento del bloqueo que tan­to daño nos ha hecho y hace. Per­sis­ti­re­mos en llevar adelante el proceso de ac­tualización del modelo económico y so­cial que hemos elegido, y de construcción de un socialismo prós­pero y sostenible para consolidar los lo­gros de la Re­volución.

Un camino soberanamente escogido y que seguramente será ratificado en el VII Congreso del Partido Co­mu­nis­ta, con Fidel y Raúl en la victoria.

Esta es la Cuba que dará respetuosa bienvenida al presidente Obama.

[1] Mayor General, Jefe del Estado Mayor del Ejército Libertador (1869).

[2] Comandante. Cayó en combate en el sitio a Guáimaro, el 28 de octubre de 1896.

[3] Coronel artillero, a las órdenes de Calixto García.

[4] Personaje que en 1886 atizó el odio y la agresión contra México.

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