Cuba profonda

René Vázquez Díaz https://lapupilainsomne.wordpress.com

96461_1Un gruppo di esperti USA al servizio del Foreign Policy Association furono convocati, nel 1934, dall’allora presidente di Cuba, Carlos Mendieta, affinché formassero quello che venne chiamata Commissione per gli Affari Cubani. Dopo aver studiato a fondo la situazione politica, economica e sociale di Cuba dopo la fallita rivoluzione del 1933, quegli esperti di politica estera avvertirono il Governo di Roosevelt sulla “necessità di un cambiamento nell’atmosfera delle relazioni tra L’Avana e Washington”.

Ci vollero ottantadue anni -cinquantasette di loro con una rivoluzione indistruttibile al potere – affinché questi cambiamenti iniziassero a prodursi lentamente. Se l’attuale visita di Obama è importante, ancor più decisivo è quello che succederà dopo. Perché non appena il signor Presidente lascerà Cuba e l’eco dei discorsi si spegnerà, il governo di Washington e la sua ambasciata all’Avana dovranno continuare a combattere con la profonda Cuba, che è la sua storia.

Con sorpresa di tutti, la prima cosa che fece quella Commissione per gli Affari Cubani (nella quale non fece parte neppure un solo cubano) fu constatare che il presidente che l’aveva convocata non era altro che “una mostruosità della diplomazia USA”. Cuba aveva attraversato momenti rivoluzionari ed il presidente Roosevelt inviò il “mediatore” Summer Welles come pacificatore e officiante dell’ingerenza straniera, con la missione di fabbricare un governo artificiale con Medieta come figura decorativa e Fulgencio Batista come padrone nell’ombra.

Quella mostruosità fu immediatamente riconosciuto dagli USA con l’obiettivo di mantenere Cuba “quieta e rassegnata”. La storia ha dimostrato qual è stato il risultato finale dell’accordo: Cuba né rimase quieta e né si rassegnò. Ma la tendenza USA non cambiò di caleb mccarryuna virgola. Non molti anni fa, un presidente di quel paese, ancora
ospitava il sogno che due “mediatori” plenipotenziari imperiali raggiungessero, finalmente, la quiete e la rassegnazione dei cubani: remember Caleb Mc Carry e il molto umiliato e furioso James Cason.

Se metto in luce le analisi e le conclusioni della Commissione per gli Affari Cubani del 1934 è perché, oggi come oggi, sono una lettura rivelatrice, per un motivo principale: fu un documento scritto dagli USA, e la prima cosa che salta agli occhi non è tanto che squalifichino rigorosamente i mal/governi dei dittatori e politicanti cubani supportati dagli USA, ma che arrivino a consigliare Washington di rinunciare “ai suoi diritti a Guantanamo” poiché, credevano, “molti cubani trovano difficile conciliare la base USA con la sovranità della repubblica cubana”.

Di Gerardo Machado, una volta sostenuto dagli USA, la Commissione dice che l’appena deposto dittatore aveva sponsorizzato “le peggiori forme di corruzione e di criminalità” e affermano: “Il popolo cubano si è ribellato contro un sistema politico caratterizzato dall’irresponsabilità , la sterilità e la corruzione”. Più avanti, gli studiosi della Commissione degli Affari Cubani lanciarono una salva che il presidente Obama dovrebbe conoscere prima di dare il suo discorso a L’Avana: “L’ostacolo fondamentale per l’esistenza di buone relazioni tra USA e Cuba, è che il Dipartimento di Stato intende fare e disfare i governi cubani”.

Cioè, gli inviati del Foreign Policy Association segnalano “l’ingerenza degli USA”, come una delle cause della terribile situazione in cui era rimasta Cuba dopo la fallita rivoluzione del 1933. E già è storia che quell’ingerenza ha dato luogo a numerosi crimini contro il popolo cubano, di cui il blocco è forse il più gangsteristico di tutti.

Allora uno si chiede se Obama, durante la sua visita, o poi qualcuno dei suoi successori, cadranno nella tentazione di persistere nell’abitudine di fare e disfare i governi cubani. Cuba lasciò alle spalle quel sistema politico tanto difeso dagli USA, in cui i propri esperti videro l’irresponsabilità, la sterilità e corruzione.

Secondo gli esperti del Foreign Policy Association, il popolo cubano aveva, nel 1934, (anche se c’erano diverse corazzate USA in acque cubane) molte probabilità di creare un futuro migliore e “diventare un luogo privilegiato nell’emisfero occidentale”, giacché aveva “imparato a soffrire, combattere l’oppressione e a resistere alla miseria”. L’indagine della Commissione per gli Affari Cubani si pubblicò, in forma di libro, in spagnolo ed inglese, con il titolo ‘Problemi della nuova Cuba’. Nessuno gli fece caso a Washington.

La tendenza all’intromissione continua ad esiste ancora e si manifesta nel fronte mediatico che si nutre delle cloache della NED e dell’USAID, Diario de Cuba, Cubaencuentro e una serie di dissidenti-governativi finanziati da Washington. Se questa politica retrograda prevale, gli USA non solo dovranno affrontare la maggior parte del popolo cubano. Dovranno inoltre combattere quell’avversario imbattibile che è la Storia di Cuba.

La visita a Cuba di un presidente USA è uno dei miracoli della Rivoluzione cubana e apre la strada verso un futuro redditizio per i due vicini. Ora, alla luce di queste nuove relazioni, si vede più chiaramente e crudezza la perversione del blocco. Una volta per tutte, gli USA dovrebbero far propria la conclusione di quella Commissione del Foreign Policy Association: “Cuba vuole stare in piedi da sé”.

Cuba profunda

Renè Vázquez Díaz

Un grupo de expertos estadounidenses al servicio de la Foreign Policy Association fueron convocados en 1934 por el entonces presidente de Cuba, Carlos Mendieta, para que formaran lo que se llamó Comisión de Asuntos Cubanos. Después de estudiar a fondo la situación política, económica y social de Cuba a raíz de la revolución frustrada de 1933, aquellos expertos de política exterior alertaron al Gobierno de Roosevelt acerca de “la necesidad de un cambio en la atmósfera de las relaciones entre La Habana y Washington”.

Hubo que esperar ochenta y dos años –cincuenta y siete de ellos con una revolución indestructible en el poder–, para que esos cambios empezaran a producirse lentamente. Si la actual visita de Obama es importante, más decisivo aún es lo que pase después. Porque en cuanto el señor Presidente se haya ido de Cuba y el eco de los discursos se apague, el gobierno de Washington y su embajada en La Habana tendrán que seguir lidiando con la Cuba profunda, que es su historia.

Para sorpresa de todos, lo primero que hizo aquella Comisión de Asuntos Cubanos (en la que no formó parte ni un solo cubano) fue constatar que el presidente que la había convocado no era más que “un engendro de la diplomacia norteamericana”. Cuba había pasado por momentos revolucionarios y el presidente Roosevelt envió al “mediador” Summer Welles como apaciguador y oficiante de la injerencia extranjera, con la misión de fabricar un gobierno artificial con Medieta como figura decorativa y Fulgencio Batista como mandamás en la sombra.

Aquel engendro fue instantáneamente reconocido por Estados Unidos con el objetivo de mantener a Cuba “quieta y resignada”. La Historia ha mostrado cuál fue el resultado final del arreglo: Cuba ni se quedó quieta ni se resignó. Pero la tendencia estadounidense no cambió un ápice. No hace tantos años que un presidente de ese país aún abrigaba el sueño de que dos “mediadores” imperiales plenipotenciarios lograsen, al fin, la quietud y la resignación de los cubanos: remember Caleb McCarry y al muy humillado y furioso James Cason.

Si saco a relucir los análisis y las conclusiones de la Comisión de Asuntos Cubanos de 1934 es porque hoy en día son una lectura reveladora, por una razón principal: fue un documento redactado por norteamericanos, y lo primero que salta a la vista no es tanto que descalifiquen a rajatabla a los desgobiernos de dictadores y politiqueros cubanos apoyados por Estados Unidos, sino que lleguen a aconsejar a Washington que renuncie “a sus derechos en Guantánamo” ya que, opinaban, “numerosos cubanos encuentran difícil reconciliar la base norteamericana con la soberanía de la república cubana”.

De Gerardo Machado, otrora sostenido por EE UU, dice la Comisión que el recién destronado dictador había auspiciado “las peores formas de la corrupción y del crimen”, y constatan: “El pueblo cubano se ha rebelado contra un sistema político caracterizado por la irresponsabilidad, la esterilidad y la corrupción”. Más adelante, los estudiosos de la Comisión de Asuntos Cubanos lanzaron una salva que el Presidente Obama debería conocer antes de dar su discurso en La Habana: “El obstáculo fundamental para la existencia de buenas relaciones entre Estados Unidos y Cuba, es que el Departamento de Estado pretende hacer y deshacer gobiernos cubanos”.

Es decir, los enviados de la Foreign Policy Association señalan “el entrometimiento de los Estados Unidos” como una de las causas de la terrible situación en la que había quedado Cuba después de la revolución frustrada de 1933. Y ya es historia que ese entrometimiento ha dado pie a numerosos crímenes contra el pueblo cubano, de los cuales el bloqueo es tal vez el más gansteril de todos.

Entonces uno se pregunta si Obama, durante su visita, o luego alguno de sus sucesores, caerán en la tentación de persistir en la maña de hacer y deshacer gobiernos cubanos. Cuba dejó atrás aquel sistema político tan defendido por Estados Unidos, en el que sus propios expertos vieron irresponsabilidad, esterilidad y corrupción.

Según los expertos de la Foreign Policy Association, el pueblo cubano tenía en 1934 (a pesar de que había varios acorazados norteamericanos en aguas cubanas) grandes probabilidades de crear un futuro mejor y “llegar a ser un lugar privilagiado del hemisferio occidental”, ya que había “aprendido a sufrir, a combatir la opresión y a resistir la miseria”. La investigación de la Comisión de Asuntos Cubanos se publicó en forma de libro en español y en inglés, bajo el título de Problemas de la nueva Cuba. Nadie le hizo caso en Washington.

La tendencia al entrometimiento sigue existiendo y se manifiesta en el frente mediático que se nutre de las cloacas de la NED y la USAID, Diario de Cuba, Cubaencuentro y una retahíla de disidentes oficialistas becados de Washington. Si esa política retrógrada prevalece, Estados Unidos no sólo tendrá que enfrentarse a la mayoría del pueblo cubano. También tendrá que combatir a ese adversario imbatible que es la Historia de Cuba.

La visita a Cuba de un presidente estadounidense es uno de los milagros de la Revolución cubana y abre el camino hacia un futuro provechoso para los dos vecinos. Ahora, bajo la luz de esas nuevas relaciones, es cuando se ve con más claridad y crudeza lo perverso del bloqueo. De una vez por todas, Estados Unidos debería hacer suya la conclusión de aquella Comisión de la Foreign Policy Association: “Cuba quiere mantenerse en pie por sí misma”.

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