Brasile, e adesso cosa?

Angel Guerra Cabrera https://lapupilainsomne.wordpress.com

dilma lula no golpeAl momento in cui scrivo mancano solo ore perché il colpo di stato parlamentare-giudiziario-mediatico in Brasile si sia consumato sullo stile honduregno o paraguaiano. Non importa che la maggior parte degli intellettuali, artisti e movimenti sociali abbiano manifestato contro per settimane; che nessuna personalità di prestigio in Brasile o nel mondo, lo abbia sostenuto.

La maggioranza del Senato brasiliano approverà questa mattina, nonostante la mancanza di base legale, il giudizio politico o impeachment contro la presidentessa Dilma Rousseff. Ella, conviene insistere, non ha commesso “crimine di responsabilità”, requisito indicato dalla Costituzione per aprire il giudizio politico. La procedura è così evidente e scandalosamente grottesca che anche la fetida OSA e la sua pendula Commissione Interamericana dei Diritti Umani hanno sollevato obiezioni. Non, naturalmente, con la devozione e zelo del suo segretario generale per servire l’imperialismo contro il Venezuela.

Supponendo che la presidentessa avesse commesso il reato che le si imputa, non passerebbe dall’essere un piccolo illecito amministrativo che non merita una misura della grandezza di quella presa, secondo l’opinione di eminenti avvocati brasiliani. Protagonisti di questa atroce e decadente congiura: una Camera dei Deputati ed un Senato la cui maggioranza è formata da scrocconi ed ignoranti, rappresentanti non degli interessi dei propri elettori, ma del grande business. Siano quelli dell’agro-business, i sostenitori dell’industria degli armamenti e le società di sicurezza private, o la pittoresco e oscurantista fratellanza di pastori ed attivisti pentecostali.

Quasi tutti legati alle grandi transnazionali come la Monsanto e Syngenta o a giganteschi imperi finanziari come George Soros, Goldman Sachs e altri dello stesso genere, gestori – con la complicità di Washington- di colpi di stato, guerre civili e demolizione paesi.

È necessario aggiungere una serie di giudici venali e d un Tribunale Supremo Federale che servono, salvo eccezioni, chi meglio li paga. Un’altra forza decisiva, questa sì il vero stato maggiore del colpo di stato, è la composta a livello nazionale dalla rete multimediale Globo, la rivista Veja e i giornali O Estado de San Paolo e Folha de Sao Paulo. A livello internazionale, gran parte della mafia mediatica ha partecipato al linciaggio di Dilma, Lula e i governi del PT, ma meritano applausi i britannici Financial Times e The Economist, e gli statunitensi The Wall Street Journal. I loro nomi dicono tutto.

Conviene raccontare un po’ di storia. Il governo neoliberale di Fernando Enrique Cardoso lasciò a quello di Lula una profonda crisi economica, l’inflazione galoppante, il debito pubblico astronomico, laceramento del tessuto sociale, disarticolazione dello Stato e approfondimento delle disuguaglianze ed ingiustizie abissali che affligge il paese da secoli; uno di queste, l’ingiusta distribuzione delle terre. Un’ altra, una legge elettorale che impedisce la partecipazione popolare. Per il sindacalista e per Dilma è stato molto difficile governare.

Per far avanzare la loro agenda sociale hanno mantenuto un’alleanza e conciliato con settori e partiti borghesi e opportunisti ed in quelle condizioni affrontare un feroce attacco della destra e della grande stampa oligarchica che cercò di spodestare Lula nel 2005. Tuttavia, la gestione PT è stata rinnovata dagli elettori in tre elezioni presidenziali consecutive, incluso la molto tormentata rielezione di Dilma nel 2014, con un margine più stretto delle antecedenti, ma ascendente alla molto rispettabile cifra di 54 milioni di voti, più di tre milioni sul suo rivale Aécio Neves.

no al golpeDi fronte al fatto compiuto del colpo di stato, molto resta ancora da fare. Ci sarà lotta come ha detto Lula e Joao Pedro Stedile e tutti i referenti del Movimento dei Senza Terra, del Blocco Brasile Popolare, Brasile senza Paura, il sindacato CUT, la UNE e l’interessante Sollevamento della Gioventù. I golpisti mancano di consenso salvo nell’elite e nel settore fascista della classe media.

Dobbiamo fare buon uso dei 180 giorni che ha il Senato per completare il processo su Dilma. Persuadere con mobilitazioni di massa il numero di senatori necessari per imporre la sua assoluzione nella votazione finale. Aprire un dibattito nazionale sulla mostruosità in corso e il progetto di paese desiderato, capace di condurre alla sconfitta del colpo di stato, ma anche ad un’Assemblea Costituente, con riforma agraria, riforma politica e legge sui media, che consentano un grande allargamento della democrazia .

Twitter: @aguerraguerra

Brasil, ¿y ahora qué?

Por Ángel Guerra Cabrera

En el momento que escribo solo faltan horas para que el golpe de Estado parlamentario-judicial-mediático en Brasil se haya consumado al estilo hondureño o paraguayo. No importa que la mayoría de los intelectuales, artistas y movimientos sociales se hayan manifestado en contra durante semanas, que ninguna personalidad prestigiosa en Brasil, o en el mundo, lo haya apoyado.

La mayoría del Senado de Brasil aprobaría esta madrugada, pese a carecer de fundamento jurídico, el juicio político, o impeachment, contra la presidenta Dilma Rousseff. Ella, conviene insistir, no ha cometido “delito de responsabilidad”, requisito fijado por la Constitución para abrir el juicio político. El procedimiento es tan obvia y escandalosamente grotesco que hasta la fétida OEA y su pendular Comisión Interamericana de Derechos Humanos han puesto reparos. No, claro, con el desvelo y afán de su secretario general por servir al imperialismo contra Venezuela.

Suponiendo que la presidenta hubiese incurrido en la falta que se le imputa, no pasaría de ser una pequeña infracción administrativa que no amerita una medida de la magnitud de la tomada, según opinan abogados eminentes de Brasil. Protagonistas de esta conjura atroz y decadente: una Cámara de Diputados y un Senado, cuya mayoría está formada por vividores e ignorantes, representantes no de los intereses de sus electores sino de los grandes negocios. Sean los del agribussines, los que abogan por la industria de armamentos y las empresas de seguridad privada, o la pintoresca y oscurantista cofradía de pastores y activistas pentecostales.

Casi todos ligados a grandes transnacionales como Monsanto y Syngenta o a gigantescos emporios financieros como el de George Soros, Goldman Sachs y otros de la misma calaña, gestores -con la complicidad o el auspicio de Washington- de golpes de Estado, guerras civiles y demolición de países.

Hay que añadir una hornada de jueces venales y un Tribunal Supremo Federal que sirven, salvo excepciones, a quien mejor les pague. Otra fuerza decisiva, esta sí verdadero estado mayor del golpe, es la integrada a escala nacional por la red multimedios Globo, la revista Veja y los diariosO Estado de Sao Paulo y Folha de Sao Paulo. A escala internacional, gran parte de la mafia mediática ha participado en el linchamiento de Dilma, Lula y los gobiernos del PT pero se llevan las palmas los británicos Financial Times y The Economist, y el estadounidense The Wall Street Journal. Sus nombres lo dicen todo.

Conviene hacer un poco de historia. El gobierno neoliberal de Fernando Enrique Cardoso dejó al de Lula una honda crisis económica, inflación desbocada, astronómica deuda pública, desgarramiento del tejido social, desarticulación del Estado y profundización de las desigualdades e injusticias abismales que padece el país hace siglos; una de ellas, la injusta distribución de la tierra. Otra, una ley electoral que impide la participación popular. Para el sindicalista y para Dilma ha sido muy difícil gobernar.

Para hacer avanzar su agenda social han mantenido una alianza y conciliado con sectores y partidos burgueses y convenencieros y en esas condiciones enfrentado una embestida feroz de la derecha y la gran prensa oligárquica que intentó desaforar a Lula en 2005. Así y todo, la gestión del PT ha sido revalidada por los electores en tres comicios presidenciales consecutivos, incluyendo la muy hostigada reelección de Dilma en 2014, con un margen más ajustado que los anteriores pero ascendente a la muy respetable cifra de 54 millones de votos, más de tres millones sobre su rival Aécio Neves.

Ante el hecho consumado del golpe, queda mucho por hacer. Habrá lucha como han dicho Lula y Joao Pedro Stedile y todos los referentes del Movimiento Sin Tierra, del Bloque Brasil Popular, Brasil sin Miedo la central obrera CUT, la UNE y el interesante Levantamiento de la Juventud. Los golpistas carecen de consenso salvo en la elite y el sector fascista de la clase media.

Hay que aprovechar muy bien los 180 días que tiene el Senado para concluir el juicio sobre Dilma. Persuadir con masivas movilizaciones al número de senadores necesario para imponer su absolución en la votación final. Abrir un debate nacional sobre la monstruosidad en curso y el proyecto de país deseado, capaz de conducir a la derrota del golpe pero también a una Asamblea Constituyente, con reforma agraria, reforma política y ley de medios, que permitan un gran ensanchamiento de la democracia.

Twitter:@aguerraguerra

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