USA e Cuba, il bastone e la carota (I parte)

Fabian Escalante Font https://lapupilainsomne.wordpress.com

escalanteSecondo il detto popolare, conoscere il passato è comprendere il presente e prevedere il futuro, quindi, tenendo conto delle prospettive che si avvicinano con una nuova amministrazione USA, è necessario rivedere i rapporti con il “vicino del nord” negli ultimi 60 anni al di là delle passioni esistenti, calibrare le azioni e proiezioni intraprese dalle diverse amministrazioni USA, in particolare quelle del governo Kennedy, che negli ultimi anni provò l’alternativa di una soluzione politica con Cuba. Sapere come furono i suoi passi, che perseguivano, quali erano i suoi obiettivi a medio e lungo termine può essere di interesse.

1 parteProbabilmente, nella sua amministrazione, più che in nessun’altra, si produssero drammatici cambi nelle sue posizioni verso Cuba, specialmente dopo la ben nota ed istruttiva “crisi dei missili” periodo in cui le sue proiezioni passarono da un’ aggressività superlativa ad una politica duale che si proponeva, senza abiurare le sue pretese, accedere per canali non ufficiali ed ufficiali al governo dell’isola per, con mezzi politici, ottenere i suoi obiettivi strategici. E’ interessante notare come in quel periodo il presidente USA passò da un discorso e azione aggressiva estreme, a posizione serene e riflessive in relazione alla pace mondiale ed alla coesistenza tra le due superpotenze. Nel ‘caso’ cubano, la sua politica a volte può dare l’impressione di essere “sequestrata” e soggetta ad altri disegni, il che spiegherebbe le sue contraddizioni e contromarce.

Nel 1961, John Fitzgerald Kennedy aveva raggiunto la presidenza USA con un ristretto margine di voti contro il candidato repubblicano, Richard Nixon. Un uomo giovane e preparato dall’establishment USA, portava nuove idee circa il ruolo degli USA nel mondo e le sue relazioni con il suo principale rivale, l’URSS. Gerarchizzare lo scontro ideologico sopra il tuono dei fucili fu uno dei suoi scopi, naturalmente, senza abbandonare le posizioni raggiunte.

Un nuovo rapporto con l’America Latina, attraverso l’ammodernamento delle sue strutture -in molti casi feudale- che assicurasse il capitale USA, ed internamente l’eliminazione della segregazione razziale, il controllo monopolistico dell’acciaio, la lotta alla criminalità organizzata e all’estrema destra, l’adattamento ai nuovi tempi della dottrina militare e la modernizzazione del ruolo egemonico USA, a livello mondiale, furono i suoi obiettivi.

Si trattava di rinnovare l’Impero, adattarlo ai cambi che lo sviluppo scientifico e tecnico avevano raggiunto, insomma, porre gli USA in una prospettiva preponderante di fronte al XXI secolo.

Nello scenario della guerra fredda, gli USA avevano privilegiato i paesi del cosiddetto “terzo mondo” e la strategia dell’Amministrazione consisteva nell’organizzare, a fianco dei tradizionali alleati, un consenso per affrontare questa realtà.

“Le guerre convenzionali e le guerre limitate o la lotta guerrigliera sono dal 1945, la più attiva e costante minaccia al il mondo libero (…). La sicurezza del mondo libero non solo può essere messa a repentaglio da un attacco nucleare, ma anche essere morsa lentamente nella sua periferia, non importa il nostro potere strategico, per le forze sovversive, infiltrazione, intimidazione, aggressione indiretta o segreta, rivoluzioni interne, ricatto diplomatico, guerra di guerriglia o una serie di guerre limitate. In quell’area delle guerre locali, dobbiamo contare, inevitabilmente, sul sostegno di altri popoli e nazioni che condividono la nostra preoccupazione”[1]

Kennedy aveva ereditato dall’amministrazione Eisenhower il progetto della “Baia dei Porci” e con alcune reticenze gli diede il via libera, che come si sa divenne la prima sconfitta imperiale, non solo in America, ma anche nel mondo.

BaiaCosì, pochi giorni dopo la debacle della Baia dei Porci, Kennedy spiegava durante una manifestazione pubblica: “Qualsiasi intervento unilaterale USA, in assenza di un attacco esterno contro di noi o di un alleato, sarebbe contrario alle nostre tradizioni ed ai nostri obblighi internazionali. Ma che sia chiaro che la nostra moderazione, non è inesauribile. Potrebbe sembrare che la dottrina inter-americana di non intervento semplicemente permetta o scusi una politica attiva, se le nazioni di questo emisfero falliscono nel soddisfare i loro accordi contro la penetrazione esterna del comunismo, allora voglio affermare con chiarezza che questo governo non esiterà ad assumere il suo obbligo fondamentale , che è la sicurezza della nostra nazione”[2]

In un altro riferimento allo stesso tema, tornò a puntualizzare le sue idee a questo proposito: “E’ facile respingere come d’ispirazione comunista qualsiasi manifestazione antigovernativa o anti-americana, qualsiasi rovesciamento di un regime corrotto, o qualsiasi protesta di massa contro la miseria e la disuguaglianza. Queste non sono tutte ispirate dai comunisti. Il comunismo si muove per sfruttarle, per infiltrarsi nella loro leadership, cavalcarle verso la vittoria. Ma il comunismo non creò le condizioni che le causarono [3]

L’ Alleanza per il Progresso, un progetto politico, economico e sociale per l’America Latina, che prevedeva un investimento di $ 20 miliardi di $ nei successivi dieci anni, fu posto in marcia. Prevedeva importanti riforme politiche, economiche e sociali nel subcontinente e quindi neutralizzare gli effetti liberatori della Rivoluzione cubana.

Tuttavia, i governi locali, molti dei quali imposti con la forza dagli stessi USA, non seppero comprendere l’importanza delle misure che si prospettavano ed in un certo senso, qualificarono le stesse come un segno di debolezza contro la già potente influenza di Cuba nella regione. L’oligarchia nativa si spaventò e guardò tutto ciò che si diceva con con profonda sfiducia, mentre le multinazionali USA divennero i loro rappresentanti al Congresso, dove agirono per frenare le idee ed i progetti del nuovo governo USA.

La dottrina Kennedy era essenzialmente monroista, solo adattata ai nuovi tempi. Si trattava di liberalizzare il sistema esistente, dotarlo di una parvenza democratica per rafforzare il ruolo egemonico USA attraverso nuovi strumenti come i trattati economici e politici bilaterali, modernizzare le forze armate locali e indirizzarle verso questioni di polizia e repressivi, mentre gli eserciti USA di stanza nella regione sarebbero i garanti della sicurezza ed integrità latinoamericana.

“Dobbiamo respingere teorie semplicistiche della vita internazionale -affermava all’Università di Berkeley, California- la teoria che il potere americano è illimitato o che la missione USA è di rifare il mondo a propria immagine e somiglianza. Dobbiamo avere la visione di un mondo libero e diverso e progettare le nostre politiche per accelerare il progresso verso un ordine sociale più flessibile “[4]

Alcuni democratici continentali confusero il discorso e pensarono che la lezione della Baia dei Porci fosse stata assimilata. Nulla più lontano dalla realtà. Pochi mesi dopo, il 30 novembre 1961, Kennedy approvava un nuovo aggressivo programma contro Cuba, chiamato mangusta“Operazione Mangusta”, che secondo la stessa documentazione declassificata, in un giro di sei mesi – da marzo a ottobre 1962- pretendeva rovesciare il governo rivoluzionario. Trentatré compiti contemplavano l’operazione, che includeva dal blocco economico alla guerra batteriologica, attraverso il terrorismo, guerra psicologica, i complotti omicidi e l’allestimento del teatro di operazioni militari, per al momento, assestare il colpo finale. Solo nei primi otto mesi di quell’anno si realizzarono a Cuba 5870 atti di sabotaggio, assassinii e terrore generalizzato, mentre venti volte si tentò assassinare Fidel Castro, con tutti i mezzi, anche mediante l’utilizzo dei più sofisticati prodotti della scienza e della tecnologia provenienti dai laboratori della CIA.

Mongosta aveva tre scopi fondamentali: A.- sollevare i cubani e facilitare un intervento militare per rovesciare il loro governo. B.- localizzare il conflitto nel contesto della guerra fredda. C.- allineare i paesi del subcontinente a lato degli USA.

Tranne il primo, gli altri due furono ottenuti. La crisi dei missili nell’ottobre 1962, rese possibile agli USA dimostrare il pericolo comunista in America Latina, anche se dal punto di vista operativo, furono sconfitti nella loro pretesa di deporre il governo cubano.

L’infrastruttura creata per il progetto divenne la più grande unità sovversiva creata, in tempo di pace, all’interno del territorio USA, qualcosa che di certo contravveniva alla legge di fondazione della CIA che le proibisce, esplicitamente, agire dal territorio nazionale. La denominata JM/Wave contava su una forza di 400 ufficiali in materia e 4000 agenti di origine cubana addestrati in sovversione e terrorismo; una rete di 55 imprese di copertura, tra cui: immobiliari, trasporto, navali, cantieristiche, magazzini, aziende di trasporti aerei e marittimi, officine di riparazione, noleggio auto, banche, responsabili per i pagamenti ed altre operazioni finanziarie, inoltre, una potente armata aerea e navale, uffici di reclutamento nella maggior parte degli stati, ecc in cui avevano investito quasi 1 miliardo di dollari, in breve, un esercito terrorista che d’ora in avanti dovrebbe scatenare la guerra “sporca” a Cuba.

Anche così, armati fino ai denti, le centinaia o forse migliaia di operazioni eseguite quell’anno, che ebbero un elevato costo in vite umane e danni alle infrastrutture socio-economico, fallirono, ed alla fine della cosiddetta “crisi di ottobre” Mangusta fu disattivata per la sua inutilità.

160841-aeofiweLe crepe politiche causate dalla decisione sovietica di negoziare la soluzione della crisi separatamente con gli USA, lasciando fuori Cuba divennero pubbliche. Da allora, l’amministrazione si sentiva recuperata dal fiasco di Giron e anche se non poté raggiungere il suo obiettivo fondamentale mediante “Mangusta” attraverso la negoziazione politica con l’URSS aveva raggiunto un importante e significativa vittoria. Per queste ragioni, nel 1963 l’amministrazione sciolse le strutture aggressive formate e progettò un nuovo gruppo di lavoro nel Consiglio di Sicurezza Nazionale (NSC) per la “questione cubana”, sotto il comando del procuratore generale Robert Kennedy.

Mac George Bundy, consigliere per la sicurezza nazionale, propose e fu approvato dal CSN, un nuovo progetto per “risolvere” il problema cubano, che fu chiamato “doppio binario” poiché, flessibilizzando le loro strategie, pretendeva utilizzare non solo i meccanismi esistenti: blocco, isolamento, il terrorismo, guerra psicologica, ecc, ma anche misure politiche destinate a dividere il movimento rivoluzionario a Cuba e approfondire le differenze tra questa e l’URSS, cercando di costruire una nuova dissidenza da posizioni “rivoluzionarie” che potesse erodere la Rivoluzione dall’interno e che prevedeva anche, sotto le sue condizioni chiaramente, iniziare negoziati con l’isola, che non solo approfondisse le contraddizioni interne, ma anche “offrisse la possibilità di venire a qualche accordo con Castro”. [5]

Tale era lo stato d’animo nell’amministrazione, a seguito della vittoria ottenuta nella soluzione della crisi dei missili che in un discorso, di allora, il presidente Kennedy dichiarò: “I futuri storici, guardando indietro, al 1962, potrebbe benissimo segnalare quest’anno come il momento in cui la corrente della politica internazionale cominciò, infine, a fluire verso il mondo della diversità e della libertà. Dopo il lancio dello Sputnik, nel 1957, l’Unione Sovietica ha cominciato ad intensificare le sue pressioni contro il mondo non comunista … I popoli di molti paesi hanno iniziato ad accettare la nozione che il comunismo era l’inevitabile destino dell’essere umano … 1962 frenò questo processo …. E nulla fu più importante, per sgonfiare la nozione dell’invincibilità del comunismo, che la risposta americana alle provocazioni sovietiche a Cuba”. [6]

All’unisono, mentre si parlava, pubblicamente, di pace, flessibilizzazione, accordi, diversità, ecc, il 7 aprile 1963 – in base alle informazioni declassificate – il Consiglio di Sicurezza Nazionale analizzò e concordò il seguente piano di azione riguardo a Cuba:

– accumulazione di intelligence,

– aumentare le azioni di guerra psicologica

– rafforzamento del blocco economico e politico

– individuare e stabilire contatti con gli elementi potenziali dissidenti a Cuba.

– stimolare il sabotaggio economico indiretto interno,

– potenziare le operazioni dei gruppi di missioni speciali della CIA missioni speciali nella distruzione del potenziale industriale ed energetico del paese.

– incrementare le operazioni autonome.

Giorni dopo il 3 giugno, Il Gruppo Speciale convenne che sarebbe stato uno sforzo utile esplorare “le varie possibilità per stabilire canali di comunicazione con Castro” in due parole Bundy espresse: “Kennedy stava considerando la possibilità d’inclinarsi ad aprire una breccia con Cuba, togliere Castro dall’abbraccio sovietico e forse dimenticarsi della Baia dei Porci e far ritornare tutto alla normalità” [7]

Sette giorni dopo, Kennedy, presso l’American University pronunciò un importante discorso sulla pace e la guerra su scala mondiale, ponendo in evidenza tra altri argomenti i seguenti:

“In poche parole, sia gli USA come i suoi alleati, come l’Unione Sovietica ed i suoi alleati, hanno un interesse profondo e mutuo a che esista una pace giusta e vera e nel fermare la corsa agli armamenti. Gli accordi in tal senso risultano nell’interesse dell’Unione Sovietica come nel nostro. Possiamo essere sicuri che anche le nazioni più ostili accetteranno e rispetteranno tali obbligazioni dei trattati, e solo quelle obbligazioni dei trattati, che risultano nel loro stesso interesse.

“Così quindi, non siamo ciechi davanti alle nostre differenze, ma dirigiamo anche l’attenzione ai nostri interessi comuni ed ai mezzi che ci possono permettere di risolvere tali differenze. E benché non possiamo porre fine, ora, alle nostre differenze, almeno potremo contribuire a che il mondo sia sicuro per la diversità. Poiché l’ultima analisi è la seguente: il nostro legame comune più fondamentale è che tutti noi abitiamo questo piccolo pianeta. Respiriamo la stessa aria. Tutti apprezziamo il futuro dei nostri figli. E siamo tutti mortali…”

Probabilmente quelle dichiarazioni divennero la sua sentenza di morte, sia per l’establishment sia per il complesso militare industriale finanziario e congressuale quei concetti e nuove strategie erano inaccettabili per i loro interessi guerrafondai finanziari ed egemonici.

link II parte

Estados Unidos y Cuba, el garrote y la zanahoria

Por Fabián Escalante Font

Según el refrán popular, conocer el pasado es comprender el presente y prever el futuro, por ello, teniendo en cuenta las perspectivas que se avecinan con una nueva administración norteamericana, se hace necesario revisar las relaciones con el “vecino del norte” en los últimos 60 años y más allá de las pasiones existentes, calibrar las acciones y proyecciones emprendidas por las distintas administraciones norteamericanas, particularmente las del gobierno de Kennedy, que en sus postrimerías tanteó la alternativa de un arreglo político con Cuba. Conocer cómo fueron sus pasos, qué perseguían, cuáles eran sus objetivos a mediano y largo plazo puede resultar de interés.

Probablemente en su administración, más que en ninguna otra, se produjeron cambios dramáticos en sus posiciones hacia Cuba, especialmente después de la conocida y aleccionadora “crisis de los misiles” periodo donde sus proyecciones transitaron de una agresividad superlativa a una política dual que se proponía, sin abjurar de sus pretensiones, acceder por canales no oficiales y oficiosos al gobierno de la Isla para por vías políticas obtener sus objetivos estratégicos.

Es interesante apuntar cómo en ese periodo el presidente norteamericano transitó de un discurso y acción agresiva en extremo, a posiciones serenas y reflexivas con relación a la paz mundial y a la coexistencia entre las dos superpotencias. En el “caso” cubano, su política por momentos puede dar la impresión de estar “secuestrada” y sujeta a otros designios, lo que explicaría sus contradicciones y contramarchas.

En 1961, John Fitzgerald Kennedy había alcanzado la presidencia de Estados Unidos, por un estrecho margen de votos, frente al candidato republicano, Richard Nixon. Un hombre joven y formado por el establishment norteamericano, traía nuevas ideas sobre el papel de Estados Unidos en el mundo y sus relaciones con su contendiente principal, la URSS. Jerarquizar el enfrentamiento ideológico sobre el tronar de los fusiles fue uno de sus propósitos, por supuesto, sin abandonar las posiciones alcanzadas.

Una nueva relación con América Latina, por medio de la modernización de sus estructuras –en muchos casos feudales- que afianzara el capital norteamericano, e internamente la eliminación de la segregación racial, el control del monopolio del acero, la lucha contra el crimen organizado y la ultraderecha, la adecuación a los nuevos tiempos de la doctrina militar y la modernización del papel hegemónico norteamericano a escala mundial, fueron sus objetivos.

Se trataba de remozar al Imperio, adecuarlo a los cambios que el desarrollo científico técnico había alcanzado, en suma, colocar a Estados Unidos en una perspectiva preponderante de cara al siglo XXI.

En el escenario de la guerra fría, Estados Unidos había priorizado a los países del denominado “tercer mundo” y la estrategia de la Administración consistía en organizar junto a los aliados tradicionales, un consenso para enfrentar esa realidad.

“Las guerras convencionales y las guerras limitadas o la lucha guerrillera son desde 1945, la más activa y constante amenaza al mundo libre (….) La seguridad del mundo libre no solo puede peligrar por un ataque nuclear, sino también ser mordida lentamente en su periferia, no importa nuestro poder estratégico, por fuerzas subversivas, infiltración, intimidación, agresiones indirectas o encubiertas, revoluciones internas, chantaje diplomático, guerra de guerrillas o una serie de guerras limitadas. En esa área de las guerras locales, debemos contar inevitablemente con el apoyo de otros pueblos y naciones que comparten nuestra preocupación”[1]

Kennedy había heredado de la administración Eisenhower el proyecto de “Bahía de Cochinos” y con algunas reticencias dio luz verde al mismo, que como se conoce devino en la primera derrota imperial no solo en América, sino también en el mundo.

Así, pocos días después de la debacle de Girón, en acto público Kennedy explicaba:

“Cualquier intervención unilateral norteamericana, en ausencia de un ataque externo contra nosotros o un aliado, sería contrario a nuestras tradiciones y a nuestras obligaciones internacionales. Pero que quede claro que nuestra restricción no es inagotable. Pudiera parecer que la doctrina interamericana de no intervención simplemente permite o excusa una política inactiva, si las naciones de este hemisferio fallan en cumplir sus acuerdos contra una penetración externa del comunismo, entonces quiero establecer claramente, que este gobierno no dudará en asumir su obligación fundamental, que es la seguridad de nuestra nación”[2]

En otra referencia al mismo asunto, volvió a puntualizar sus ideas al respecto: “Es fácil rechazar como de inspiración comunista cualquier manifestación antigubernamental o antiamericana, cualquier derrocamiento de un régimen corrupto, o cualquier protesta masiva contra la miseria y la desigualdad. Estas no son todas inspiradas por los comunistas. El comunismo se mueve para explotarlas, para infiltrar su liderazgo, subir en sus crestas hacia la victoria. Pero el comunismo no creo las condiciones que la causaron”[3]

La Alianza para el Progreso, un proyecto político, económico y social para América Latina que contemplaba una inversión de Estados Unidos por 20 mil millones de dólares en los siguientes diez años, fue puesta en marcha. Preveía importantes reformas políticas, económicas y sociales en el subcontinente y así neutralizar los efectos liberadores de la Revolución cubana.

Sin embargo, los gobiernos locales, muchos de ellos impuestos a la fuerza por los propios Estados Unidos, no supieron comprender la importancia de las medidas que se planteaban y en algún sentido, calificaron las mismas como un signo de debilidad frente a la ya potente influencia de Cuba en la región. La oligarquía nativa se asustó y miró todo lo que se decía con profunda desconfianza, a la vez que las transnacionales norteamericanas devinieron en sus representantes en el Congreso, donde actuaron para frenar las ideas y proyectos del nuevo gobierno norteamericano.

La doctrina de Kennedy era esencialmente monroísta, solo que adecuada a los nuevos tiempos. Se trataba de liberalizar el sistema imperante, dotarlo de un barniz democrático, para reforzar el papel hegemónico de Estados Unidos por medio de nuevos instrumentos tales como tratados económicos y políticos bilaterales, modernizar las fuerzas armadas locales y dirigirlas hacia temas policiales y represivos, en tanto, los ejércitos norteamericanos destacados en la región serían los garantes de la seguridad e integridad latinoamericana.

“Debemos rechazar teorías simplistas de la vida internacional –afirmaba en la Universidad de Berkeley, California- la teoría de que el poder americano es ilimitado o que la misión norteamericana es rehacer el mundo a su imagen y semejanza. Debemos tener la visión de un mundo libre y diverso y diseñar nuestras políticas para acelerar el progreso hacia un orden social más flexible”[4]

Algunos demócratas continentales confundieron el discurso y pensaron que la lección de Bahía de Cochinos había sido asimilada. Nada más lejos de la realidad. Pocos meses más tarde, el 30 de noviembre de 1961 Kennedy aprobaba un nuevo programa agresivo contra Cuba denominado “Operación Mangosta”, que según la propia documentación desclasificada, en un plazo de seis meses –marzo a octubre de 1962- pretendía derrocar al gobierno revolucionario. Treinta y tres tareas contemplaban el operativo, que incluía desde el bloqueo económico hasta la guerra bacteriológica, pasando por el terrorismo, la guerra sicológica, los complots de asesinatos y el alistamiento del teatro de operaciones militares, para en su momento, propinar el golpe final. Solo en los primeros ocho meses de aquel año, se realizaron en Cuba 5,870 actos de sabotaje, asesinatos, y terror generalizado, mientras que en veinte ocasiones se intentó asesinar a Fidel Castro, por todos los medios, incluso mediante la utilización de los más sofisticados productos de la ciencia y la tecnología provenientes de los laboratorios de la CIA.

Mangosta tuvo tres propósitos esenciales: a.- sublevar a los cubanos y facilitar una intervención militar, para derrocar a su gobierno. b.- ubicar el conflicto dentro del contexto de la guerra fría. c.- alinear a los países del subcontinente al lado de USA.

Menos el primero, los dos restantes fueron logrados. La crisis de los misiles en octubre de 1962, posibilitó a Estados Unidos demostrar el peligro comunista en Latinoamérica, a pesar de que desde el punto de vista operativo, fueron derrotados en su pretensión de deponer al gobierno cubano.

La infraestructura creada para el proyecto devino en la unidad subversiva más grande creada en tiempos de paz dentro del territorio estadounidense, algo por cierto que contravenía la ley fundacional de la CIA que le prohibía explícitamente actuar desde el territorio nacional. La denominada JM/Wave contaba con una fuerza compuesta por 400 oficiales de caso y 4,000 agentes de origen cubano, entrenados en subversión y terrorismo; una red de 55 empresas de cobertura, entre ellas: inmobiliarias, navieras, astilleros, almacenes, empresas de transportes aéreos y marítimos, talleres de reparaciones, rentadoras de autos, bancos, encargados de pagos y otras operaciones financieras, además, una poderosa armada aérea y naval, oficinas de reclutamientos en la mayoría de los estados, etc. en los que habían invertido casi 1000 millones de dólares, en fin, un ejército terrorista que en lo adelante debía desatar la guerra “sucia” en Cuba.

Aun así, armados hasta los dientes, los cientos o quizás miles de operativos ejecutados ese año, que tuvieron un alto costo en vidas humanas y daños a la infraestructura socio económico, fracasaron, y al final de la denominada “crisis de octubre” Mangosta fue desactivada por su inoperancia.

Las fisuras políticas provocadas por la decisión soviética de negociar la solución de la crisis por separado con Estados Unidos, dejando fuera a Cuba, alcanzaron la luz pública. Ya para entonces, la administración se sentía recuperada del fiasco de Girón y aunque no pudo conseguir su objetivo fundamental por medio de “Mangosta”, a través de la negociación política con la URSS había alcanzado un importante y trascendente triunfo. Por tales razones, en 1963 la administración disolvió las estructuras agresivas formadas y diseñó un nuevo grupo de trabajo en el Consejo de Seguridad Nacional (CSN) a cargo del “asunto cubano”, al mando del fiscal general Robert Kennedy.

Mac George Bundy, asesor de seguridad nacional, propuso y fue aprobado por el CSN un nuevo proyecto para “resolver” el problema cubano, que fue denominado: “la doble vía”, pues, flexibilizando sus estrategias, pretendía utilizar no solo los mecanismos existentes: bloqueo, aislamiento, terrorismo, guerra sicológica etc, sino también medidas políticas destinadas a dividir al movimiento revolucionario en Cuba y  profundizar las divergencias de ésta con la URSS, intentando construir una nueva disidencia desde posiciones “revolucionarias”· que pudiera erosionar a la Revolución, desde dentro, y que  preveía incluso, bajo sus condiciones claro está, iniciar negociaciones con la Isla, que no solo profundizara las contradicciones internas, sino también “brindara la posibilidad de llegar a algún arreglo con Castro”.[5]

Tales eran los ánimos en la administración, como resultado de la victoria obtenida en la solución de la crisis de los misiles, que en un discurso de entonces, el presiente Kennedy expuso: “Los futuros historiadores, mirando atrás, a 1962, muy bien pudieran  señalar este año como el momento en que la corriente de la política internacional, comenzó por fin a fluir,  hacia el mundo de la diversidad y la libertad. A continuación del lanzamiento del sputnik, en 1957, la Unión soviética comenzó  a intensificar sus presiones contra el mundo no comunista…..Los pueblos de muchos países comenzaron a aceptar la noción de que el comunismo era el inevitable destino del ser humano….. 1962 frenó este proceso…. Y nada fue más importante para desinflar la noción de la invencibilidad del comunismo que la respuesta americana a las provocaciones soviéticas en Cuba”.[6]

Al unísono, mientras se hablaba públicamente de paz, flexibilización, arreglos, diversidad, etc., el 7 de abril de 1963 -según la información desclasificada- el Consejo de Seguridad Nacional analizó y acordó el siguiente plan de acción con respecto a Cuba:

  • acumulación de inteligencia,
  • incrementar las acciones de guerra sicológica
  • fortalecimiento del bloqueo económico y político
  • identificar y establecer contactos con los elementos disidentes potenciales dentro de Cuba.
  • estimular el sabotaje económico indirecto interno,
  • potenciar las operaciones de los grupos de misiones especiales de la CIA, en el aniquilamiento del potencial industrial y energético del país.
  • incrementar las operaciones autónomas.

Días después el 3 de junio, El Grupo Especial acordó que sería un esfuerzo útil explorar “las variadas posibilidades para establecer canales de comunicación con Castro”, en dos palabras, expresaría Bundy: “Kennedy estaba examinando la posibilidad de inclinarse a abrir una brecha con Cuba, sacar a Castro  del abrazo soviético y quizás olvidarse de Bahía de Cochinos y hacer volver todo a su estado normal”[7]

Siete días más tarde, Kennedy, en la Universidad Americana pronunció un trascendente discurso sobre la paz y la guerra a escala mundial, destacando entre otros argumentos los siguientes:

“En pocas palabras, tanto los Estados Unidos como sus aliados, como la Unión Soviética y sus aliados, tienen un interés profundo y mutuo en que exista una paz justa y genuina y en detener la carrera armamentística. Los acuerdos en este sentido redundan en interés de la Unión Soviética igual que en el nuestro. Podemos confiar en que incluso las naciones más hostiles aceptarán y respetarán aquellas obligaciones de los tratados, y únicamente aquellas obligaciones de los tratados, que redunden en su propio interés.

“Así pues, no seamos ciegos a nuestras diferencias, pero dirijamos también la atención a nuestros intereses comunes y a los medios que nos pueden permitir resolver esas diferencias. Y aunque no podamos poner fin ahora mismo a nuestras diferencias, al menos podremos ayudar a que el mundo sea seguro para la diversidad. Porque el análisis final es el siguiente: nuestro vínculo común más básico es que todos vivimos en este pequeño planeta. Todos respiramos el mismo aire. Todos apreciamos el futuro de nuestros hijos. Y todos somos mortales…….”

Probablemente aquellas declaraciones devinieron en su sentencia de muerte, en tanto para el establishment como para el complejo militar industrial financiero y congresional aquellos conceptos y novedosas estrategias eran inaceptables a sus intereses guerreristas financieros y hegemónicos.

[1] “special message to the congress on the defense budget, march 28 1961, en public papers of de Presidents of the Unite Stated, ed. Cit. pp 229-240

[2] Address before the American Society of Newspaper Editors, april 20 1961, Puplic Papers of the President of the United State, ed pag. 304.

[3] Radio al TV Report to the American People on Returning from Europe, jun 6 1961, en Public Papers of The President of the United State, ed. Cit, p, 445.

[4] Address in Berkeley at the Univerisity of California, march 23 1962, Public Papers of de Presindent of de United States, pag. 266

[5] Proyecto de la doble vía.

[6] Foreword en Public Papers of President of the United States, United States Government Printing Office, Washington Enero 1963 pp V y VI

[7] William Atwood, embajador alterno de Estados Unidos en la ONU.

Share Button

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.